i SEGRETI dei VICOLI della GRANDE GENOVA

La creazione della "Grande Genova" avviene in due fasi. Il 1° gennaio 1874 vengono assorbiti sei comuni del Levante (Marassi, San Francesco d'Albaro, San Fruttuoso, Staglieno, Foce e San Martino d'Albaro). Nel 1926 poi vengono accorpati 19 comuni del "Genovesato" e i confini della città di Genova si ampliano fino a ricomprendere un territorio che si estende a levante fino a Sant'Ilario ed a ponente fino a Voltri e una popolazione di oltre mezzo milione di abitanti.
Ho deciso di chiamare così questa pagina proprio per il fatto che qui Vi racconterò "i segreti dei vicoli" dei vari quartieri della Grande Genova; insomma, due passi fuori dal centro storico ma sempre nel territorio cittadino.
Non è qui mia intenzione creare una guida completa della città di Genova nella sua interezza ma piuttosto, come nel resto del sito, troverete in questa pagina ciò che più mi ha colpito passeggiando fuori dal centro storico propriamente definito in un territorio che, tuttavia, con i vicoli ha uno stretto rapporto poichè sua naturale appendice.


INDICE
1. Centro 
2. Granarolo 
3. Sampierdarena
4. Cornigliano
5. Sestri Ponente 
6. San Giovanni Battista
7. Multedo
8. Pegli
9. Prà
10. Voltri
11. Val Polcevera
12. Val Bisagno 
13. Foce
14. Albaro
15. Sturla
16. Quarto
17. Quinto
18. Nervi


1. Centro


1.1 Villa Gropallo  "dello Zerbino"

Edificata tra il 1599 ed il 1603 come residenza estiva per i nobili Stefano e Giovanni Battista Balbi, è detta anche "dello Zerbino" perchè all'epoca della sua costruzione sorgeva in una zona incolta ("zerbo" in genovese) fuori dalle mura. La proprietà passa ai Durazzo nel Settecento, quindi alla famiglia Gropallo e per vie ereditarie ai Castelbarco Albani che ancora oggi ne sono i proprietari.
L'architettura del palazzo riprende nei suoi volume l'usuale tipologia delle ville alessiane sia esternamente nella tripartizione delle facciate che nella distribuzione interna degli spazi.
Gli interni conservano al primo piano nobile affreschi di Gregorio de Ferrari nel salone centrale ("Il Tempo e le allegorie delle Stagioni") e di Domenico Piola nella contigua sala detta "delle rovine" (tema, quest'ultimo, quanto mai attuale in quegli anni di guerra), che qui lavorarone intorno al 1684. Il Ratti racconta che il bombardamento della flotta francese che avvenne proprio in quell'anno, fu occasione per i Balbi per chiamare a sé i migliori frescanti del tempo.
Il piano terreno è invece di gusto neoclassico: Marcello Durazzo, divenuto proprietario della villa, chiama a decorare questi spazi Andrea Tagliafichi, coadiuvato in quest'operazione di rinnovamento da Giovanni Barabino e Michele Canzio.
Sempre in quest'epoca, agli inizi del XIX secolo, trova definitiva sistemazione il giardino, ad opera del sopracitato Tagliafichi,  con una grande ninfeo, fontane e giardini a che degradano verso valle con piante ed essenze mediteranee e non che ancora oggi fanno di questo parco uno dei belli del centro città, oltre che uno dei più estesi. 
Da una scala laterale si accede ad una grotta artificiale (vi rimando alla pagina de la GENOVA sotterranea per approfondire la storia di questa e delle altre grotte artificiali ancora presenti a Genova).

Un'immagine della grotta dello Zerbino
(foto di Antonio Figari)


1.2 Villa di Tobia Pallavicino detta "delle Peschiere"

Costruita intorno al 1560 per volere di Tobia Pallavicino, essa sorge sulla collina di San Bartolomeo degli Armeni.
Il progetto fu affidato a Galeazzo Alessi, famoso architetto perugino, che in quegli anni progettava le più belle dimore genovesi,  coadiuvato nel suo lavoro da Giovanni Battista Castello detto "il Bergamasco".
Gli interni conservano ancora splendidi affreschi opera dei fratelli Semino, del Cambiaso, del già citato Bergamasco, mentre gli stucchi nelle logge un tempo aperte sono opera di Marcello Sparzo.
Particolare e unico rimasto in tutta Genova è il famoso bagno esagonale del piano terreno, progettato dall'Alessi e eseguito materialmente dallo Sparzo, una meraviglia che ci fa capire come dovevano essere i bagni delle dimore cinquecenteche della Superba. 
Il giardino conserva una grande peschiera con al centro un satiro opera di Giovanni Paracca e al piano sottostante una grotta artificiale (di cui trovate descrizione e immagini nella pagina dedicata a la GENOVA sotterranea).
Alizeri così descrive questa Villa: "(...) e con su gli occhi si splendide viste godean distrarsi gli antichi signori, non so se da faticosi negozi, ma certo dagli svaghi cittadini. I costumi del secolo avean sostituito ai gentili e modesti ornamenti ed agli emblemi della pietà le bizzarre favole che trastullan lo spirito e le lascivie che snervan l'ingegno. Ma in quelli errori non può negarsi magnificenza; e il Palazzo delle Peschiere i cui dipinti corsevan la primitiva freschezza, vorrà contarsi tra gli esempi più illustri".









1.3 Villetta di Negro

Il luogo sopraelevato ove sorge questa villetta, a pochi passi da Piazza Corvetto, aveva originariamente una funzione difensiva e faceva parte delle mura cinquecentesche. Venuta meno la sua funzione militare, il terreno nel 1780 fu ceduto in concessione ad Ippolito Durazzo che ne fece il primo orto botanico a Genova. Durazzo fonderà poi nel 1802 un secondo orto botanico sulle Mura dello Zerbino (l'anno seguente poi nascerà l'Orto Botanico che ancora oggi si estende alle spalle di via Balbi).
Ed è proprio nel 1802 che il terreno viene ceduto al marchese Gian Carlo di Negro  che si impegna a fondare qui la scuola di botanica che sarebbe stata diretta da Domenico Viviani (la scuola tuttavia sarà trasferita già l'anno successivo accanto a dove Viviani fonderà l'orto botanico  sopra via Balbi).
Di Negro chiama l'architetto Carlo Barabino per la progettazione della sua residenza. L'edificio, che viene costruito in stile neoclassico, diviene da una parte luogo di conservazione della collezione di reperti dell'antichità classica di Di Negro e dall'altro salotto letterario, dove il mecenate e letterato marchese accoglie scrittori ed artisti che tale rimarrà fino alla sua morte avvenuta nel 1857. Tra i tanti ospiti anche Stendhal che così racconta il suo incontro con il marchese "mi ha ricevuto con estrema gentilezza e mi ha fatto assaggiare dell'uva della Villetta!".

La residenza del Marchese di Negro progettata da Carlo Barabino (foto Centro DOCSAI)

Tutto intorno viene creato un giardino all'inglese ornato da busti dei genovesi illustri, quasi tutti purtroppo oggi scomparsi (le cronache dei primi decenni del Noveceento ci raccontano di ragazzini che con le loro fionde giocavano a colpire i nasi di questi busti, non certo un gioco educativo!). Successivamente alla morte del marchese il Comune acquista il sito e lo destina a parco pubblico. Tra il 1863 ed il 1892 vengono realizzate le grotte, la cascata artificiale e la casa del giardiniere a questa adiacente. Tra le tantissime specie arboree qui presenti, da segnalare in particolare due platani monumentali (platanus x hispanica) risalenti alla nascita del parco e tre esemplari di sequoiasempervirens, questi ultimi messi a dimora invece intorno a 1870.
La villa diviene dapprima sede del Museo di Storia Naturale con sezione zoologica dal 1873 al 1912 (anno in cui le collezioni saranno trasferite nel nuovo museo costruito sulla spianata del Bisagno e ancora oggi esistente), poi sede del Museo Geologico tra il 1912 ed il 1928 e dal 1929 Museo Archeologico, al quale si aggiungono poi le collezioni di etnografia e del costume.
I pesanti bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale distruggono completamente la villa. Nel 1948 il Comune, per far sì che questo luogo conservasse la sua funzione di luogo di cultura, dispone la costruzione di un nuovo edificio che sorge sulle rovine dell'antica villa e che diviene la nuova sede del Museo Chiossone che precedentemente alla Seconda Guerra Mondiale aveva sede all'Accademia Ligustica alla quale Chiossone aveva legato tutta la sua collezione. L'edificio, sede del museo che vine rinominato "Museo  d'Arte Orientale Edoardo Chiossone", progettato da Mario Labò e costruito tra il 1953 ed il 1967, viene inaugurato nel 1971: straordinario esempio di architettura razionalista, è formato da un avancorpo dove trovano spazio l'atrio e la biglietteria, sovrastati da una terrazza, ed il corpo principale, di pianta rettangolare, con un salone a piano terreno e cinque gallerie a sbalzo sulle due lunghe pareti, collegate tra loro da rampe di scale in ferro e legno formanti un percorso continuo (una sorta di moderno pozzo di San Patrizio).
Il parco è ancora oggi uno dei polmoni verdi più importanti e suggestivi del centro cittadino e conserva molte specie vegetali tra le quali non posso non citare il monumentale platano e una sequoia sempervirens. La cascata monumentale e i viali dai quali si gode da una parte una bella vista su Piazza Corvetto e dall'altra sul centro storico ne fanno uno dei luoghi dove mi piace di più ritirarmi per leggere o pensare. 
A proposito di acqua, vi rimando al paragrafo 5.4 della pagina di questo sito dedicata a l'ACQUA pubblica per approfondire la curiosa storia della fontana che vedete in primo piano nell'antica immagine sopra mostrata e che andò quasi del tutto distrutta dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Sotto la villa si trova uno dei luoghi più misteriosi e poco conosciuti di Genova: si tratta di un rifugio in galleria costruito prima dello scoppio della seconda guerra mondiale (vi rimando alla pagina de la GENOVA sotterranea per approfondire la sua storia e vedere qualche immagine).


1.4 Villetta Serra

Sita a pochi passi dall'Acquasola, questa villa apparteneva nel XV Secolo a Bartolomeo Bosco che la donò all'Ospedale di Pammatone unitamente al Bosco Sacro dell'Acquasola che svolgeva funzione sepolcrale.
L'attuale aspetto è dovuto all'intervento ottocentesco dell'architetto Michele Canzio.
Divenuto proprietà Balbi e poi Serra, viene acquistato dal Comune di Genova nel 1888.
Tra le sua tante funzioni, lo ricordiamo quale sede del Genoa, del Club Alpini Italiani e infine del Museo dell'Attore fino a pochi anni fa.
Oggi l'edificio è vuoto e in attesa di nuova destinazione. 



 

1.5 Villa Grimaldi in Bisagno

Progettata da Galeazzo Alessi tra il 1552 e il 1554 e tra gli esempi meglio riusciti di villa suburbana genovese, essa si trovava fuori dalla cinta muraria cittadina e i suoi giardini si estendevano tra le attuali Via Carcassi e Piazza Verdi.
Un vasto cortile loggiato di due ali conduceva l'ospite al palazzo vero e proprio, che conservava al piano nobile splendidi affreschi di Luca Cambiaso e Andrea Semino.
Nel palazzo era presente uno splendido bagno lodato dal Vasari, che doveva essere del tutto simile agli altri bagni progettati nelle ville cinquecentesche genovesi dall'Alessi e di cui oggi il solo esempio perfettamente conservato si trova nelle Villa delle Peschiere di cui vi parlo in questa pagina al paragrafo precedente.
Nell'Ottocento, dopo esser passata di mano prima dai Grimaldi ai Cybo ed infine ai Sauli, essa fu dapprima trasformata in fabbrica di veli e successivamente divisa in appartamenti, il tutto mentre intorno ad essa l'architetto ed urbanista Bararabino progettava la nuova Genova ottocentesca strappando ad essa il suo giardino.
Nel 1897 la Villa, dopo aver rischiato di essere abbattuta per far posto ad otto caseggiati, fu acquistata dal Comune di Genova.
Oggi, dopo un recente restauro, essa è divenuto un condominio; dell'antica bellezza conserva però ben poco dopo le trasformazioni ottocentesche: senza più lo spendido cortile loggiato che dava verso Via San Vincenzo, con la loggia al piano nobile tamponata e sopraelevata di alcuni piani, essa rimane solo un triste palazzo che pochi riconoscerebbero in quello splendore raccontato da chi la visitò nella sua epoca d'oro.


 


 

Gli affreschi del Cambiaso che ornavano il piano nobile del Palazzo, staccati dalla Villa nell'epoca del suo massimo declino, sono oggi conservati nel Museo di Sant'Agostino, splendida testimonianza dell'antica maestosità di questa tipica villa suburbana genovese.




L'Alessi progettò anche una splendida grotta che si trovava in mezzo ai giardini, gli "Orti" (da qui il nome della vicina strada, Via le Orti Sauli"), una meraviglia per gli ospiti che avevano la fortuna di poterla visitare. Essa è ancora esistente, sebbene nascosta e non visibile al pubblico (trovate la sua storia e alcune immagini al paragrafo 8 della pagina de la GENOVA sotterranea).






1.6 Villa del Principe

1.6.1 La villa







1.6.2 La Grotta

Per la storia e la descrizione della stessa Vi rimando alla pagina de la GENOVA sotterranea.
 





1.6.3 Il Gigante

Nel 1586 Giovanni Andrea Doria fa erigere nei giardini a monte del palazzo una statua raffigurante Giove. Il compito viene affidato a Marcello Sparzo, plasticatore urbinate che tanto lavorò a Genova sia a Palazzo del Principe che in altri edifici civili e religiosi (ricordiamo ad esempio la splendida facciata di Palazzo Imperiale a Campetto o la Chiesa di San Rocco, quest'ultima sul colle che dominava i giardini settentrionali di Villa del Principe).
In stucco, alta più di otto metri e collocata entro una nicchia, questa imponente statua (da tutti ribattezzata "Il Gigante"), con ai piedi un'aquila, simbolo della casata dei Doria, si inseriva nel filone dei cosiddetti "colossi" che tanto andavano di moda in quel periodo storico caratterizzato da campagne di scavo e ritrovamenti di molti pezzi appartenenti al periodo classico.
Una possibile fonte di ispirazione per questo colosso che,  come Vi dicevo, si rifaceva a modelli classici, è il Commodo a mo' di Ercole ritrovato in Campo de' Fiori a Roma nel 1507.
Nel 1939, oramai in stato di forte degrado, la statua, che nel frattempo aveva perso il contesto nel quale si inseriva  (non esistevano più i giardini a monte di Palazzo del Principe e davanti al Gigante era stato eretto, una trentina di anni prima, l'Hotel Miramare) venne abbattuta.
Leggende metropolitane vogliono che la testa ed i piedi del Gigante non siano andati perduti ma questa circostanze, almeno per ora, non è conformata da alcuna prova.







1.6.4 Il Gran Roldano

Nel 1605, ai piedi del "Gigante", fu sepolto "il Gran Roldano", uno splendido cane bianco molosso donato dal Re Filippo II di Spagna a Giovanni Andrea Doria, nipote del grande ammiraglio Andrea che aveva ospitato a palazzo il padre di Filippo II, Carlo V.
Due belle raffigurazioni del Gran Roldano sono tuttora ammirabili in due dipinti conservati a Palazzo del Principe: nel primo il molosso posa con un paggio che si prende cura di lui, nel secondo invece è insieme a Giovanni Andrea Doria.
La lapide che chiudeva il sepolcro del fedele Roldano è ancora oggi presente. Le parole in essa incise sono le seguenti: 


QUI GIACE IL GRAN ROLDANO CANE DEL
PRINCIPE GIO. ANDREA DORIA IL QUALE
PER LA SUA MOLTA FEDE E BENEVOLENTIA
FU MERITEVOLE DI QUESTA MEMORIA ET
PERCHE' SERVO IN VITA SI' GRANDEMENTE
D'AMBIDUA LE LEGGI FU ANCO GIUDICATO
IN MORTE DOVERSI COLLOCARE IL SUO CENERE
APPRESSO DEL SOMMO GIOVE COME VERAMENTE
DEGNO DE LA REAL CUSTODIA
VISSE XI ANNI ET X MESI MORSE IN SETTEMBRE DI 1605
GIORNO 8 HORA 8 DE LA NOTTE


1.7 Villa di Negro-Rosazza detta "dello Scoglietto"




"Andavo errando nel verde rifugio dello Scoglietto, su ogni ramo le arance ardevano come lampade lucenti di oro a vergogna del giorno" (Oscar Wilde)



Essa è una villa suburbana costruita nel 1565 per volere del Doge Ambrogio Di Negro (che in città possedeva il palazzo sito in Via San Luca al civico 2).
All'epoca si trovava in una zona fuori dalle mura, oggi invece è soffocata dal quartiere di San Teodoro e affaccia su Piazza Dinegro e dalla linea ferroviaria che oggi passa quasi sotto le finestre della villa lato mare.
Passata in proprietà ai Durazzo, a fine del Settecento viene rimaneggiata in stile neoclassico ad opera dell'architetto Tagliafichi.
Il soprannome "Scoglietto" è dovuto al fatto che la villa venne eretta su uno scoglio in una zona extraurbana.
Gli interni conservano begli affreschi nell'altro e nel piano nobile dove sono affescati, nella volta del salone principale, le imprese del Doge Ambrogio di Negro contro i Corsi.
La cosa che più amo di questa villa è lo splendido ninfeo, retrostante la villa, risalente al XVI secolo: una meraviglia fatta di conchiglie, piccole pietre colorate e addirittura stalattiti naturali trasportate qui da grotte nell'entroterra di Lavagna, come potete notare dalle foto qui di seguito.
La villa conserva ancora il giardino verso monte, progettato dal Tagliafichi, mentre è andato perduto il lato mare.
Villa Rosazza ospitò nell'Ottocento, tra gli altri, Oscar Wilde, Honoré de Balzac e la regina Carolina di Brunswick, moglie di Giorgio IV d'Inghilterra.



Il ninfeo di Villa Rosazza
(foto di Antonio Figari)


Particolare dell'esterno del ninfeo di Villa Rosazza
(foto di Antonio Figari)


Le stalattiti del ninfeo di Villa Rosazza
(foto di Antonio Figari)



Interno del ninfeo di Villa Rosazza
(foto di Antonio Figari)


Il soffitto del ninfeo di Villa Rosazza
(foto di Antonio Figari)

Conchiglie nel ninfeo di Villa Rosazza
(foto di Antonio Figari)

Altre conchiglie nel ninfeo di Villa Rosazza
(foto di Antonio Figari)


 ***

2. Granarolo

La collina di Granarolo è da sempre descritta come una zona di boschi, zone coltivate, giardini e ville patrizie dove poter trascorrere  nella bella stagione un periodo di villeggiatura fuori dalle mura cittadine.
Non si conosce con certezza l'origine del toponimo "granarolo": alcuni lo farebbero derivare dalla parola "granaio".  Documenti antichi indicano con il nome di "Airolo" la zona sopra la chiesa di San Rocco. Il termine parrebbe derivare dalla parola greca "aieu" che significa "ciò che si eleva". La zona sopra Airolo avrebbe poi assunto il nome di "Gran Airolo" da cui sarebbe infine derivato "Granarolo".
La ripida salita che un tempo conduceva dalla chiesa di San Rocco alla chiesa di Santa Maria a Granarolo faceva sì che questa località fosse raggiungibile solo a piedi o a cavallo.
Verso la fine del XIX secolo, quando si inizia a dare alla città vie di comunicazioni più rapide si pensa ad un impianto che colleghi questa zona al centro città: nasce così la cremagliera che verrà costruita nel 1901 (vi rimando alla pagina dedicata a gli EDIFICI pubblici per approfondire la storia di questo particolare mezzo di trasporto genovese).
Oggi Granarolo è un quartiere della grande Genova, collegato con moderne strade al resto della città.


2.1 Villa Airolo Lomellini

Sita in Salita Granarolo al civico 24, questa villa fu edificata nel XVI secolo dagli Airolo, per passare poi in proprietà ai Lomellini nel 1665 ed infine al Comune di Genova nel 1895 che la adibisce a sede scolastica. Oggi è sede della scuola media Nino Bixio

Il portale di villa Airolo Lomellini
(foto di Antonio Figari)


2.2 Villa Colonna Cambiaso

Sita in Salita Granarolo al civico 15, questa villa, la più maestosa della zona per dimensione e fattezze, edificata per volontà della famiglia Colonna nel XVI secolo, passa poi in proprietà ai Cambiaso che la utilizzano come residenza suburbana (come sapete, con il termine "villa" non si intendeva il solo edificio padronale ma anche tutti i terreni agricoli e i fabbricati rurali di servizio che facevano parte della proprietà). 
Diventa in seguito ospizio per le fanciulle povere gestito dalle suore Bonariensi prima di essere abbandonata e poi quasi completamente distrutta dai bombardamenti dell'ultima guerra.
Nonostante i danni subiti che l'hanno ridotta a rudere, conserva ancora il monumentale portale che insiste su Salita Granarolo, un ninfeo con retrostante cisterna per la racconta d'acqua in quello che fu il giardino, e lungo il muro di cinta l'antica tubazione in terracotta.


2.3 Casa natale di Aldo Gastaldi

In Salita Granarolo al civico 110 nasce il 17 settembre 1921 Aldo Gastaldi "Bisagno", il "primo partigiano d'Italia".
Il 19 settembre 2021, nell'abito delle celebrazioni per il centenario della sua nascita, è stata posta una lapide  in facciata della sua casa natale alla presenza di Mons. Marco Tasca, arcivescovo di Genova, e del sindaco di Genova Marco Bucci. Ecco le parole incise al centro della lapide marmorea:

Questa è la casa ove nacque il
Servo di Dio Aldo Galstaldi - Bisagno
Comandante divisione Cichero
17 settembre 1921 - 21 maggio 1945


2.4 La pietra di Taviani

Se Vi capita di passare sulle alture di Genova, a Granarolo, in Via Bartolomeo Bianco al civico 46, su un muro di pietra alla sinistra di un anonimo cancello, vedrete una lapide marmorea sulla quale sono incise le seguenti parole:
"Popolo genovese esulta. L’insurrezione, la tua insurrezione, è vinta. Per la prima volta nel corso di questa guerra, un corpo d’esercito agguerrito e ancora bene armato si è arreso dinanzi a un popolo. Genova è libera. Viva il popolo genovese, viva l’Italia."
Sono le parole, come specificato sulla lapide, che pronunciò Paolo Emilio Taviani, nome di battaglia "Pittaluga" (futuro membro dell'Assemblea Costituente, parlamentare tra le file della Democrazia Cristina e più volte ministro della Repubblica), il 26 aprile 1945 da qui, ove sorgeva la stazione radio di Granarolo.
La lapide vennè inaugurata il 6 novembre (giorno di nascita di Taviani) del 2013.






2.5 La Cremagliera di Granarolo

Lunga 1.136 metri, con un dislivello di 194 metri e una pendenza media del 16%, questa cremagliera in 11 minuti circa collega Principe a Granarolo.
Costruita nel 1901 da una società privata, essa è una linea ferroviaria a cremagliera e questo la rende unica nel panorama genovese.
Vi rimando alla pagina dedicata a gli EDIFICI pubblici per approfonfdire la storia del trasporto pubblico genovese.




***

 
3. Sampierdarena




3.a Le Ville di Sampierdarena

La passeggiata alla scoperta delle Ville di Sampierdarena inizierà da Villa Pallavicino (ora Gardino), la prima Villa in cui ci si imbatte superata la Lanterna, per poi proseguire su un ipotetico asse lungo il quale si affacciano la maggior parte delle Ville ed infine sulla collina verso i forti che sovrastano Sampierdarena.


3.a.1 Villa Pallavicino (Gardino)


Villa Pallavicino (Gardino)
(foto di Antonio Figari)


Sita nell'odierna Via Pietro Chiesa, questa villa, edificata nella seconda metà XVI Secolo, in origine si affacciava sul mare.
Il volume cubico è di chiara derivazione alessiana.
Verso monte si apre una triplice loggia che anticamente affacciava sui giardini.
Gli interni, ordinati secondo l'asse visuale mare-palazzo-giardino, si mantengono inalterati al piano terreno, mentre soppalcature e tramezzi del piano nobile nascondono l'antico splendore.
Attualmente la villa è in fase di restauro dopo un lungo  abbandono come evidenziato nella foto che vedete.



3.a.2 Villa Negrone (Moro)

Sita in Via Luigi Dottesio all'angolo con Via G.B. Carpaneto, essa è la prima villa che incontriamo lungo quell'antico asse su cui affacciano la maggior parte delle Ville di Sampierdarena.
Il periodo di edificazione non si discosta da quello di Villa Pallavicino (Gardino) con la quale condivide evidenti caratteristiche stilistiche sia esterne che interne con i due ingressi, uno lato mare e l'altro verso il giardino a monte.
Conserva all'interno una bella loggia angolare al piano nobile.
In quelli che furono gli antichi giardini, oggi lottizzati, è ancora presente l'antica torre di questa villa, oggi inglobata in un edificio ottocentesco: interessante la sua forma, ottagonale, un "unicum" nel panorama genovese, e le scale realizzate con il legno di antichi alberi di navi (questi legni, temprati dal mare, avevano una seconda vita nei palazzi genovesi ed in particolare venivano utilizzaati come travi nei tetti: ancora  oggi non è difficile trovare queste possenti  travi, ex alberi di navi, in tanti palazzi dei vicoli e non solo).


  

3.a.3 Villa Pallavino (Moro)

Edificata lungo l'attuale Via Dottesio, a poca distanza da Villa Negroni (Moro), è stata demolita nel XX Secolo e al suo posto sorge oggi, leggermente arretrato rispetto all'antico edificio, un anonimo palazzo di edilizia popolare.
Rimane, a testimonianza dell'antico splendore, miracolosamente sopravvissuta alle demolizioni, la parte bassa della facciata ed il portale.








3.a.4 Villa Pallavicino

Sita in Via Sampierdarena al civico 71, questa villa era una delle tante costruite lungo il litorale di Sampierdarena e circondate da splendidi giardini.
Edificata con tutta probabilità tra il XVI e il XVII secolo per volere di un ramo della famiglia Pallavicino, essa si presenta con una pianta quadrata sormontata da un tetto a quattro falde.
Gli ingressi erano due: il principale verso sud e quello che dava sui giardini a nord.
L'interno, dopo un attento restauro, ha riacquistato l'originaria conformazione dello scalone che si conclude nella loggia del piano nobile che si apre sul grande salone.
Dell'originaria decorazione pittorica rimane traccia solo nella scala di servizio che dalla loggia conduce al sottotetto: motivi a grottesche con medaglioni che racchiudono figure allegoriche di qualità esecutiva elevata, piccola traccia superstite di quella meraviglia che dovevano essere gli altri affreschi che adornavano questa villa.



3.a.5 Villa Spinola di San Pietro

Particolare della volta del salone al piano nobile di Villa Spinola di San Pietro
(foto di Antonio Figari)















3.a.6 Villa Grimaldi detta "La Fortezza"

Il volume di Villa Grimaldi vista da Villa Imperiale Scassi 
(foto di Antonio Figari)

Questa villa venne edificata negli anni sessanta del XVI Secolo per volere di Giovanni Battista Grimaldi, ricco banchiere, il quale affidò il progetto a Bernardo Spazio, attivo a Genova in quegli anni e già stretto collaboratore di Galeazzo Alessi. I lavori vennero poi affidati a G.B. Castello ed infine terminati da Giovanni Ponzello (che in quegli stessi anni stava occupandosi anche della splendida Villa Imperiale, descritta al paragrafo successivo).
Di forma cubica, all'origine aveva una facciata ornata da un affresco in chiaroscuro opera di Battista Perolli, oggi andato perduto ed un giardino che correva fino al mare.
Superata il loggiato al piano terra che immette all'ampio vestibolo, si giunge allo scalone che sale alla magnifica loggia del piano nobile, la cosa che più mi affascina di questa villa, decorata da Battista da Carona con cassettoni in stucco nella volta e ai lati altorilievi raffiguranti divinità marine, questi ultimi realizzati su disegni di Luca Cambiaso. 
La loggia immette nell'ampio salone dal quale si ripartono sei sale collegate allo stesso da bei portali in pietra nera di Promontorio, tre delle quali presentano ancora i soffitti affrescati con scene tratte dall'Iliade e dall'Eneide e con personaggi dell'antica Roma, opera di G.B. Castello e del Perolli.
Al piano terreno, sotto lo scalone, era presente uno splendido bagno di forma ottagonale, che doveva essere del tutto simile agli altri bagni progettati nelle ville cinquecentesche genovesi e di cui oggi il solo esempio perfettamente conservato si trova nelle Villa delle Peschiere (un altro splendido esempio di bagno ottagonale era presente in Villa Grimaldi in Bisagno, come ci ricorda il Vasari).
Alla morte di Giovanni Battista Grimaldi la villa passò al secondogenito Pasquale (al primogenito andò in eredità il palazzo della Meridiana, di cui vi parlo nella pagina de i PALAZZI privati (seconda parte). Nel XIX secolo la villa passò ad Agostino Scassi, figlio di Onofrio Scassi il quale aveva acquistato la vicina Villa Imperiale, ed infine allo Stato che la destinò a scuola. Attualmente è in stato di abbandono.
Una curiosità: nel 1607 qui fu ospitato da Pasquale Grimaldi il Duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga che era accompagnato da Pieter Paul Rubens, il quale, affascinato dai palazzi di Genova, approfittò di questo soggiorno in città per disegnare le facciate dei più bei palazzi della superba ai quali dedicherà il volume "Palazzi di Genova" che sarà pubblicato ad Anversa nel 1622.


La splendida loggia al piano nobile di Villa Grimaldi
(foto di Antonio Figari)


Particolare della loggia al piano nobile di Villa Grimaldi
(foto di Antonio Figari)


Il soffitto della loggia al piano nobile di Villa Grimaldi
(foto di Antonio Figari)


Particolare di uno degli affreschi del piano nobile di Villa Grimaldi
(foto di Antonio Figari)



Affreschi del piano nobile di Villa Grimaldi
(foto di Antonio Figari)




3.a.7 Villa Imperiale Scassi detta "La Bellezza"


Villa Imperiale Scassi vista da Villa Grimaldi
(foto di Antonio Figari)


Questa villa fu edificata tra il 1560 ed il 1563 per volere di Vincenzo Imperiale il quale affidò il progetto ai fratelli Domenico e Giovanni Ponzello che si ispirarono alle ville genovesi progettate da Galeazzo Alessi, come si nota già nella facciata, molto simile a Villa Cambiaso di Albaro progettata dall'Alessi (e di cui vi parlo in questa pagina nella sezione dedicata ad Albaro).
L'atrio è affrescato nella volta da Giovanni Carlone con scene mitologiche e decorato con statue nelle nicchie opera di Marcello Sparzo, stuccatore urbinate che tanto lavorò a Genova, del quale sono anche le statue che si trovano lungo lo scalone.
Bernardo Castello è l'autore degli affreschi della loggia del piano nobile con episodi della Gerusalemme Liberata. 
Nel 1821 Onofrio Scassi decise di ridare alla villa l'antico splendore affidando il progetto all'architetto Nicolò Barabino. A questo periodo risalgono anche gli interventi decorativi in stile neoclassico ad opera di Michele Canzio e Gaetano Centenaro.

La volta della loggia del primo piano
(foto di Antonio Figari)



Particolare della loggia del primo piano
(foto di Antonio Figari)


Accanto alla loggia vi era una piccola cappella, oggi spogliata dei suoi arredi, che conserva ancora gli originali stucchi.
A monte della villa vi era uno splendido giardino a terrazze dove vi erano ninfei, fontane e un lago artificiale con una grande voliera (oggi, dove sorgeva il lago, vi è l'ospedale).
Il giardino, ancora oggi in parte conservato, venne privato del collegamento con la villa prima con la costruzione di uno stadio dove giocava la Sampierdarenese, in seguito sostituito da Via Cantore che ancora oggi divide il parco dalla villa.















3.a.8 Villa Lercari detta "La Semplicità"

Villa Lercari detta "La Semplicità"
(foto di Antonio Figari)


Edificata tra il 1558 e il 1563 per volere della famiglia Lercari su progetto di Bernardino Cantone in collaborazione con Bernardo Spazio, essa è nota con l'appellativo de "La Semplicità" per la linearità delle sue forme che danno armonia a tutto l'edificio.
Di forma cubica, aveva un portale di ingresso rivolto verso ponente, speculare e simmetrico rispetto alla Fortezza, e uno scalone che conduceva al piano nobile dove due logge sui prospetti laterali davano luce al grande salone.
La villa subì gravi danni durante la Seconda Guerra Mondiale. Negli anni sessanta radicali interventi e la suddivisione in appartamenti ne hanno alterato le forme originarie.
   

3.a.9 Villa Doria delle Madri Franzoniane


Parte della facciata su Via Cantore e la torre di Doria delle Madri Franzoniane
(foto di Antonio Figari)




3.a.10 Villa Crosa Diana




Il salone di ingresso al piano nobile di Palazzo Crosa Diana
(foto di Antonio Figari)



Particolari degli affreschi del salone di ingresso al piano nobile di Palazzo Crosa Diana
(foto di Antonio Figari)





3.a.11 Villa Serra Doria Monticelli








Particolare della volta affrescata del salone al piano nobile di Villa Doria Monticelli
(foto di Antonio Figari)


3.a.12 Villa Cambiaso

(...continua)



3.a.13 Villa Pallavicino Credito Italiano

(...continua) 
 


3.a.14 Villa Centurione detta "del Monastero"










3.a.13 Villa Serra Doria Masnata


antica immagine di Villa Serra Doria Masnata

Villa Serra Doria Masnata all'epoca della costruzione di Via Cantore



Villa Serra Doria Masnata come appare oggi
(foto di Antonio Figari)



3.a.14 Villa Centurione Carpaneto

Villa Centurione Carpaneto
(foto di Antonio Figari)


Sito nell'odierna Piazza Montano, questa villa fu edificata per volere di Cristoforo Centurione. Non si conosce con esattezza la data di costruzione. 
La struttura è quella di una tipica villa prealessiana con struttura ad "L", scalone posto ad un lato dell'edificio e torre quadrata rivolta sul lato nord.
Il lato sud della villa si affacciava sul giardino che correva verso mare.
Il primo piano dell'edificio conserva tre sale decorate da Bernardo Strozzi con episodi di storia romana che potete vedere nelle immagine qui di seguito.
Lo Strozzi fu chiamato da Luigi Centurione a decorare la sua villa nel 1623: si tratta degli affreschi meglio conservati del Cappuccino che ancora possiamo ammirare a Genova.
Nella seconda metà dell'Ottocento diviene proprietà dapprima dei Tubino e poi dei Carpaneto.


Bernardo Strozzi"Orazio Coclite sul ponte"
(foto di Antonio Figari)



Bernardo Strozzi"Didone con Enea nell'antro"
(foto di Antonio Figari)



Bernardo Strozzi"Curzio che precipita nella voragine"
(foto di Antonio Figari)




3.a.15 Villa Doria De Mari, Istituto Don D'Aste


Villa Doria De Mari
(foto di Antonio Figari)


Particolare della volta affrescata di una delle sale al piano terreno di Villa Doria De Mari
(foto di Antonio Figari)




3.a.16 Villa De Ferrari

Sita in Via Bersezio con ingresso al civico 43, non distante dalla strada che porta al Forte Crocetta,   essa mantiene ancora intatte le caratteristiche di villa di inizio cinquecento nel volume e nella grande loggia angolare a due fornici per lato, originariamente aperta, oggi chiusa da vetrate.



3.b. I palazzi di Sampierdarena

In questo paragrafo Vi descriverò alcuni palazzi di Sampierdarena che hanno attirato la mia attenzione.


3.b.1 Palazzina del club "Fratellanza e Progresso fra Carbonai"

Sita in Via Pietro Chiesa al civico 14, questa palazzina fu progettata, in stile liberty, nel 1911 dall'Ing. Ettore Geri per divenire sede dei carbonai che all'epoca erano più di 3.000: il carbone, fonte di energia primaria all'epoca, rappresentava il 70% del volume del traffico portuale.
Nel novantesimo anniversario dalla sua costruzione, il pittore sampierdarenese Carlo Clerici affescò il salone principale con scene della vita degli scaricatori di carbone.



3.b.2 Palazzina Bertorello (già sede della Lega Navale)

Posta tra Lungomare Canepa e Via Sampierdarena, quasi all'incrocio di quest'ultima con Via Chiesa, sopravvive una singolare palazzina detta "Bertorello" dal nome di uno dei suoi antichi proprietari.
Costruita negli anni subito antecedenti la Prima Guerra Mondiale, in stile liberty, fu destinata a sede della Lega Navale (quando il mare ancora era a pochi passi da Via Sampierdarena, nonostante, con l'arrivo della ferrovia, si fosse già dato inizio all'irrecuperabile allontanamento graduale del borgo  dal mare).
Non a caso il tema "navale" viene ripreso nelle decorazioni esterne, con ancore e gomene sulla facciata al primo piano, ed interne, con rappresentazioni di cantieri navali e piroscafi sulla volta dello scalone e tanti piccoli particolari "navali" sulle balaustre interne e perfino nelle maniglie delle porte.
Perduta la vicinanza al mare e la sua funzione di sede della Lega Navale, divenne, nel secondo dopoguerra, prima sede della Cassa Mutua Portuali, poi sede della USL.
Oggi, in parte coperta da impalcature e con i piani superiori non agibili a causa del cedimento di alcuni solai, è in attesa di una nuova rinascita.


3.b.3 Edificio sede del Club Nautico Sampierdarenese

In Via Sampierdarena al civico 16, esiste ancora uno degli edifici che insistevano sull'antico "Lungomare Sampierdarenese": si tratta della sede di quello che fu il Club Nautico Sampierdarenese.
Dagli ultimi anni dell'ottocento e per il primi vent'anni del Novecento infatti Sampierdarena era un rinomato centro balneare. Tra i vari edifici sul mare vi era questo circolo che svolgeva attività sportive e dove vi era anche un rimessaggio per le barche.
L'immobile in oggetto, realizzato presumibilmente nel primo decennio del XX secolo, rappresenta un pregevole esempio di architettura liberty, muto testimone di una Sampierdarena dalla vocazione turistica prima che negli anni '20 del XX secolo si iniziasse a distruggere questi luoghi a favore di uno sviluppo portuale ed industriale che comprometterà per sempre questa parte della costa genovese.


3.b.4 Ex Magazzini del Sale

L'edificio viene costruito nel XIX secolo in una zona compresa tra l'abitato e il porto merci che nel mentre iniziava a svilupparsi.
I magazzini del sale, lunghi 110 metri e alti circa 10, si presentano come un "bastione" con contrafforti molto robusti per sostenere le poderose spinte laterali causate dal progressivo asciugamento del sale e allo stesso tempo areato per conservare all'asciutto il sale che, qui immagazzinato, veniva poi commercializzato nel nord Italia. Curioso il fatto che Genova non abbia mai avuto una propria produzione di sale che, già dal Medioevo, veniva importato da Spagna e Francia.
Questi magazzini non sono i primi magazzini del sale genovesi: i più antichi si trovano nel quartiere del Molo (vi rimando alla pagina de gli EDIFICI pubblici per conoscere la storia di questi edifici).
La struttura ha subito, in questi due secoli di storia, numerose modifiche come abbattimenti di volumi, chiusure di varchi e finestre o diverse suddivisione degli spazi interni. Nonostante ciò, essi conservano ancora molto dell'antico fascino.
I magazzini del sale continuarono la loro attività fino all'inzio del secondo conflitto mondiale.
Oggi, dopo un lungo restauro, i magazzini del sale sono divenuti spazi affidati a varie realtà sociali cittadine.


3.b.5 Palazzo dei Pagliacci


Sito in Corso Martinetti al civico 55, questo edificio fu edificato nei primi anni del Novecento.
Particolarmente interessante la facciata e il corpo scale realizzati secondo i dettami dell'architettura "liberty" e caratterizzati da eleganti linee architettoniche e motivi ornamentali.
E' detto "dei pagliacci" perchè un tempo vi era affrescata in facciata la figura di un clown, oggi purtroppo scomparsa.
Negli anni '60 del XX Secolo ha rischiato di essere demolito per lasciare spazio ad un autosilo ma per fortuna, grazie all'impegno dei cittadini e delle istituzioni, venne salvato e sottoposto a vincolo con la motivazione che esso rappresenta a Genova l'unico palazzo nel quale si vede chiaramente la transizione dallo stile liberty floreale a quello invece caratterizzato da disegni geometrici.


3.c Le Chiese di Sampierdarena

3.c.1 Chiesa di Santa Maria della Cella e San Martino


Ingresso laterale della Chiesa di Santa Maria della Cella e San Martino
(foto di Antonio Figari)



3.c.2 Chiesa della Natività di Maria Santissima (conosciuta anche  come Santuario di Nostra Signora di Belvedere)

Il Chiostro del Santuario di Belvedere
(foto di Antonio Figari)


3.d Le Torri di Sampierdarena

Le torri di Sampierdarena si possono dividere in due categorie: le torri che potremmo definire "pubbliche", erette lungo il litorale per proteggere l'antico borgo, e le torri "private", costruite adiacenti alle ville a protezione delle stesse (e di cui troverete le foto nel precedente paragafo dedicato alle ville di Sampierdarena).
La tradizione popolare parla di sette torri "pubbliche", ubicate lungo la costa, poste a protezione del piccolo borgo: oggi ne rimangono ancora in piedi tre: la Torre del Labirinto, la Torre dei Frati e la Torre del Canto.


3.d.1 Torre del Labirinto

Sita nel quartiere della Coscia, all'interno di un cortile, essa mantiene ancora la sua struttura originaria e l'antica bellezza, nonostante il degrado e l'abbandono a cui è sottoposta.


La torre del Labirinto nella zona della "Coscia" a Sampierdarena
(foto di Antonio Figari)


3.d.2 Torre dei Frati

Sita nei pressi dell'attuale Vico Raffetto, vi è la Torre dei Frati, così chiamata perchè posta nei possedimenti dei monaci del romitorio della Chiesa di Sant'Antonio (oggi scomparsa).
Nonostante sia parziamente inglobata in un palazzo, essa mantiene ancora la sua forma originaria e l'antico fascino.

La torre dei Frati "sbuca" tra i palazzi di Sampierdarena
(foto di Antonio Figari)



3.d.3 Torre del Canto

Sita nell'attuale Via Bombrini a Sampierdarena, essa prende il nome dal quartiere ove è ubicata, il Canto appunto, detto così perchè probabilmente la sua forma ricordava un angolo.
Completamente svuotata al suo interno perchè trasformata nel secolo scorso in un montacarichi di uno stabilimento industriale (una raffineria di zucchero di proietà Dufour), rimangono di originale solo alcune mensole di sostegno della parte terminale.

La torre del Camto tra i palazzi di Sampierdarena
(foto di Antonio Figari)
 
Particolare della torre del Canto
(foto di Antonio Figari)



* * *  


4. Cornigliano

Gustavo Dufour, Cornigliano nel 1870


La passeggiata "virtuale" a Cornigliano ha inizio da Villa Durazzo Bombrini e si conclude a Castello Raggio.
Per il momento troverete le immagini dei palazzi e delle ville di Cornigliano e alcune descrizioni degli stessi.


4.1 Villa Durazzo Bombrini

Questa è la prima villa che si incontra superato il Ponte di Cornigliano.
Edificata per volere di Giacomo Filippo II Durazzo su progetto del francese Pierre Paul de Cotte, essa si presenta come una tipica dimora aristocratica d'oltralpe, unica nel suo genere nel panorama genovese, caratterizzata da un'unico  grande corpo di fabbrica con due ali laterali simmetriche.
Entrando si nota subito il grande scalone marmoreo, primo esempio di scalone a sbalzo a Genova, che conduce al secondo piano.
Nel salone del piano terreno che si apre sui giardini sono conservate due grandi tele a soggetto biblico, opera di Francesco Solimena.
La villa viene ristrutturata ad opera dell'architetto Andrea Tagliafichi nel 1778: tra le aggiunte apportate da ricordare una splendida "coffe-house" che troneggiava nei giardini che oggi possiamo solo immaginare vedendo i rilievi eseguiti dal Gauthier.
I giardini si estendevano fino a mare: oggi purtroppo ne è rimasta solo una piccola porzione. 
La proprietà passò ai Savoia e divenne residenza estiva dello sfortunato Principe Oddone, che qui soggiornava nella speranza che il clima e la vicinanza al mare gli fossero di giovamento per le sue malattie.
La villa passa successivamente in mano ai Bombrini, all'Ansaldo (di cui Carlo Bombrini è uno dei fondatori), ed infine allo Stato che ancora oggi ne è proprietario.






Salone al piano terreno di Villa Durazzo Bombrini
(foto di Antonio Figari)



4.2 Villa Domenico Serra a Cornigliano

Sito lungo Via Cornigliano, questa villa fu edificata nel 1787 per volere di Domenico Serra, che affidò il progetto all'architetto Emanuele Andrea Tagliafichi: essa si presenta come un edificio neoclassico abbellito sulla facciata principale da due scalinate simmetriche ai lati e un ninfeo e una fontana centrali.
La villa viene comprata dal Comune di Cornigliano nel 1916 e diviene sede del Municipio; ancora oggi è di proprietà comunale e conserva intorno a sè parte dell'antico parco e all'interno i saloni con decorazioni neoclassiche.
 
Una delle logge di Villa Domenico Serra a Cornigliano
(foto di Antonio Figari)


Altra immagine di Villa Domenico Serra a Cornigliano
(foto di Antonio Figari)


 
4.3 Palazzo Spinola Canepa

Sito in Via Cornigliano al civico 17a, isolato nel verde e raggiungibile con una breve salita, questo edificio conserva ancora molti elementi originari:  all'ingresso troviamo un grande atrio con una bella volta ad ombrello terminante su peducci in pietra nera di Promontorio, presumibilmente del quindicesimo secolo; al piano superiore due vani conservano affreschi cinquecenteschi a grottesche e scene mitologiche e una serie di lunette con paesaggi e ville genovesi.  
La torre del palazzo, situata a monte dell'edificio, a seguito di eventi bellici, è solo in parte conservata.

La volta ad ombrello nell'atrio di Palazzo Spinola Canepa
(foto di Antonio Figari)

La volta di uno dei vani affrescati al primo piano di Palazzo Spinola Canepa
(foto di Antonio Figari)



 4.4 Palazzo Gentile Bickley 

Sita in Via Cervetto al civico 35, questa villa, nonostante gli intenventi ottocenteschi che ne hanno variato il volume e le proporzioni, conserva l'antica torre di avvistamento, edificata, insieme all'edificio oggi inglobato nelle più moderne strutture, per volere di Ambrogio Gentile 1549. 
All'interno troviamo splendidi affreschi di Andrea Alsaldo, databili 1625/30 con soggetto Orazio Coclite, la cui figura di eroe romano che respinge gli etruschi ha un chiaro significato celebrativo della famiglia Gentile.
Al settecento risalgono molte decorazioni nelle sale.
L'esterno, come si presenta oggi, è frutto di un intervento ottocentesco.
La villa rimane di proprietà dei Gentile fino al XX Secolo, passa quindi ad Olga Delfina Bickley e alla sua morte al Comune di Genova.
Oggi è sede della Biblioteca Civica Francesco Domenico Guerrazzi.
Una curiosità: al mezzanino è ancora conservata la splendida cucina ottocentesca, che insieme a quella di Palazzo Spinola di Pellicceria e quella di Palazzo Montanaro, è uno dei pochi esempi rimasti di tipica cucina genovese.

Palazzo Gentile Bickley
(foto di Antonio Figari)


La cucina di Palazzo Gentile Bickley
(foto di Antonio Figari)



4.5 Palazzo Spinola Narisano 

Sito in Viale Narisano al civico 4, questo edificio presenta ancora i tipici tratti di villa rinascimentale genovese con l'originario volume cubico e il grande tetto piramidale.
Il grande giardino che circondava il palazzo è oggi assai ridotto.
Superato il bel portale marmoreo cinquecentesco, l'atrio e lo scalone, si giunge al piano nobile dove due sale sono affrescate al centro con scene mitologiche raffiguranti "Il ratto di Europa" e "Apollo e Dafne" e ornate con motivi a grottesche.
Ancora presente è altresì la grande torre che svetta sopra il palazzo.     
La torre di Palazzo Spinola Narisano
(foto di Antonio Figari)



4.6 Palazzo Spinola Muratori

Sito tra Via Rizzolio, Via Cervetto e Via Grillone, questo palazzo fu edificato per volere di Paolo Spinola tra il 1559 e il 1563.
Lo Spinola affidò il progetto a Giovanni Ponzello, architetto che a Genova in quegli anni seguiva i progetti di Palazzo Baldassare Lomellini, sito in Via Garibaldi n.12 e di Palazzo Nicolò Grimaldi (Palazzo Tursi), di cui vi parlo nella pagina de i PALAZZI privati.
Non più presente purtroppo è lo scalone monumentale affescato da Andrea Ansaldo con storie di Alessandro Magno che portava al piano nobile e alla loggia che invece, anche se murata, è ancora leggibile nel lato nord del palazzo.
In facciata sono ancora presenti tracce di affreschi attribuiti ad Ottavio Semino.
Ancora esistente è la torre del palazzo che a questo era collegata tramite un lungo muro oggi non più presente.
  

La torre di  Palazzo Spinola Muratori
(foto di Antonio Figari)




4.7 Villa Pallavicini Raggi

Sito in Via dei Domenicani, questo palazzo di villa conserva tratti cinquecenteschi nell'atrio con la scala loggiata, ora tamponata, con una bella colonna a bulbo, e all'esterno nei due pilastri che immmettevano nel grande giardino ora andato perduto.
A ponente dell'edificio vi erano le scuderie e il deposito delle carrozze oggi trasformati in appartamenti.  


Scalone di Palazzo Pallavicini Riaggi
(fotodi Antonio Figari)


4.8 Villa Adorno Carbone  

In Via Nino Cervetto al civico 14 un arco chiuso da un cancello delimita la proprietà di quella che un tempo era la villa degli Adorno, a cui subentrarono i Carbone. La villa, che dall'alto domina Cornigliano, è oggi suddivisa in appartamenti.


L'ingresso di Villa Carbone
(foto di Antonio Figari)




4.9 Villa Doria Cevasco e Villa Doria Dufour

Questi due palazzi di villa, siti rispettivamente ai civici 1 e 3 di Via San San Giacomo, l'antica "creuza" che dal mare portava a Coronata, furono entrambi edificati tra la fine del XV e la prima del XVI secolo per i Doria.
Il palazzo inferiore, di volume cubico, presentava una loggia angolare aggettante, crollata insieme al salone a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Il Palazzo superiore è invece a pianta rettangolare, tipico esempio di villa rinascimentale pre-alessiana, e rivolto a valle al culmine di quello che un tempo era un viale scenografico. Conserva tracce di affreschi in facciata e decorazioni a raffaellesche nell'atrio.
I terreni a valle dei due palazzi furono occuparti nell'ottocento dalle fabbriche Dufour.
Oggi entrambi i palazzi sono abbandonati ed in attesa di un urgente restauro.



4.10 Villa Marchese

Sita in Via San Giacomo al civico 4, questo edificio conserva ancora l'originaria struttura cinquecentesca con loggia sul lato di levante probabilmente aggiunta successivamente.

Particolare della loggia al primo piano di Villa Marchese
(foto di Antonio Figari)

  

4.11 Villa Serra Richini

Edificata dalla famiglia Serra a fine Settecento, questa villa, sita in Via Nino Cervetto al civico 2, era circondata da uno splendido giardino all'italiana su più livelli con fontane e grottesche.
Passata in proprietà ad Alberto Richini nel XIX Secolo, il parco della villa viene ancora ampliato fin sulla sommità della collina.
Oggi, nonostante la lottizzazione che ha ridotto molto il giardino, la villa conserva ancora la struttura centrale del parco con scale scenografiche a rampe e al centro dello stesso una bel ninfeo decorato all'interno con materiali polimaterici.
La villa, in cima al giardino, è suddivisa in appartamenti che conservano sale affrescate.

Il giardino di Villa Serra Richini
(foto di Antonio Figari)



Il ninfeo nel giardino di Villa Serra Richini
(foto di Antonio Figari)


4.12 Villa Spinola Dufour di Levante


Sita in Via Tonale al civico 47, questa villa fu edificata nel Medioevo per gli Spinola e ad essi appartenne fino al 1853 quando fu acquistata dai Dufour: esempio di palazzo di villa genovese  (edificio nobiliare di villeggiatura circondato da terreni coltivati) conserva interni monumentali tra i quali l'atrio e il grande salone al piano nobile.
Da segnalare al piano terreno una sala con una volta a stella  molto ribassata e un'altra con affreschi di fine ottocento.
A fianco del palazzo ma da esso distaccata, vi è ancora la grande torre di difesa la cui imponenza suggerisce la sua funzione anche  di rifugio in caso di pericolo.
Nella zona a valle della villa vi è ancora il giardino ottocentesco con grandi alberature. 


Particolare della facciata affrescata di Villa Spinola Dufour di levante
(foto di Antonio Figari)


La bella volta a stella in una delle sale di Villa Spinola Dufour di Levante
(foto di Antonio Figari)


Gli affreschi ottocenteschi in una sala del piano terra di Villa Spinola Dufour di Levante
(foto di Antonio Figari)



4.13 Villa Spinola Dufour di Ponente

Sita in Via Tonale a civici 43-45, accanto a Villa Spinola Dufour di Levante,  questa villa risale al XVI secolo.
Gli interni conservano un vano affrescato molto interessante, chiamato "galleria": sottili colonne con capitelli protorinascimentali a foglie d'acanto sostengono volte a crociera con chiavi di volta in pietra nera di promontorio.
Dell'antico giardino all'italiana, che un tempo correva fino a mare, nel quale un tempo vi erano marmi, statue e una collezione di camelie, rimangono mute testimoni due grandi nicchie, desolatamente vuote, e una loggia a serliana detta "del gufo".
Svetta sulla villa l'antica torre  che l'ha difesa nei secoli.

La galleria di Villa Spinola Dufour di Ponente
(foto di Antonio Figari)


Il piccolo ninfeo di Villa Spinola Dufour di Ponente
(foto di Antonio Figari)


La torre di Villa Spinola Dufour di Ponente
(foto di Antonio Figari)




4.14 Villa Pavese Dufour

Edificata nel XVIII secolo su preesistenti edifici, conserva ancora un lungo porticato con volte a botte aperto sul giardino e una bella cappella barocca inglobata nella struttura e preesistente alla stessa.



4.15 Castello Raggio


La mole di Castello Raggio visto da ponente

 








 






4.16 Chiesa di San Giacomo Apostolo


I campanili della Chiesa di San Giacomo Apostolo
(foto di Antonio Figari)



* * *

5. Sestri Ponente  

5.1 Villa De Mari Spinola detta Villa Maria







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6. San Giovanni Battista

(...continua)


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7. Multedo

Multedo negli anni 50 del '900: in alto sulla collina fa ancora bella mostra di sè Villa Pignone - Chiesa che verrà demolita qualche anno dopo.


7.1 Villa Lomellini, Rostan

La villa fu edificata per volere di Angelo Lomellini  tra il 1564 ed il 1568 su un terreno già di proprietà della sua famiglia, acquistato  tra il 1343 ed il 1346 da Ansaldo Lomellini.
La villa diviene in seguito proprietà dei Pallavicini per passare poi per vie ereditarie alla famiglia Rostan e in seguito, tramite la discendenza di Elisa Reggio Rostan, ai Reggio che ancora oggi ne sono i proprietari.
L'edificio, seguendo lo schema tipico delle ville genovesi, si presenta con due piani e un ammezzato e due logge lateriali al primo piano nobile, una delle quali, quella di levante, successivamente tamponata. Sul volume della villa svetta una torretta che nasce con funzioni difensive, anch'essa tipico elemento delle ville suburbane genovesi.
Il salone e le logge conservano affeschi di Bernardo Castello.
Sul lato orientale sorge la cappella, edificata, per volontà dei Rostan, nelle forme neoclassiche a metà del diciannovesimo secolo dall'architetto Carlo Sada da Bellagio: essa fu inizialmente dedicata all'Immacolata e in seguito a San Filippo Neri. La stessa si presenta a croce greca e con quattro grandi colonne di granito con capitelli ionici che sorreggono la cupola decorata da Costantino Serena. La bella balaustra dell'altare proviene dalla Cattedrale di San Lorenzo.
Risale al 1760-62 la realizzazione del giardino all'inglese  per il quale Agostino Pallavicini affida il progetto all'architetto Emanuele Andrea Tagliafichi. Quello che nascerà sarà uno dei giardini più ammirati  di tutta Europa e  diventerà modello a cui ispirarsi  per gli architetti che progetteranno il parco di Villa Pallavicini a Pegli. Tra le tante meraviglie di questo parco una grotta con il mito di Atteone e Diana, non più esistente, e un ninfeo che ancora oggi si staglia nel parco.
Il giardino subirà  profonde modifiche  tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento  quando la proprietà è della famiglia Reggio. 
Una lapide commemorativa, posta all'ingresso della villa, ci ricorda la visita dei duchi d'Aosta nel 1896. Non fu questa l'unica vista di personalità italiane e non solo che si susseguirono nella villa soprattutto nel diciannovesimo secolo: tra i tanti ricordiamo i Savoia, i duchi del Monferrato ed i regnanti di Portogallo.
La villa oggi ospita la sede del Genoa che si allena sul retro della stessa dove nel secolo scorso fu realizzato un campo da calcio intitolato a Pio XII, dal 2005 trasformato nel campo "Gianluca Signorini".

L'antico viale, oggi non più esistente, che dal mare conduceva a Villa Lomellini Rostan


Un'antica immagine di Villa Lomellini Rostan



La loggia di Villa Lomellini Rostan
(fotodi Antonio Figari)


7.2 Villa Lomellini, Bixio

Era questa una antica villa sorta lungo la litoranea che assume nell'ottocento la fisionomia che possiamo vedere nelle foto che la ritraggono prima della demolizione avvenuta nel dopoguerra.
Oggi al suo posto sorge un anonimo caseggiato.


7.3 Villa Gavotti, Persico

Si trattava di una grandiosa villa edificata agli inizi del XIX Secolo e demolita dopo l'ultima conflitto mondiale per lasciare spazio ad impianti industriali e oggi ad una anonima via lungo la quale si ergono numerosi condomini. Dell'antica villa rimane solo il nome della strada e qualche antica immagine.


7.4 Villa Pignone - Chiesa

Edificata negli anni '80 del XIX Secolo per volontà di Tito Pignone, commerciante di cereali, la villa venne progettata dall'Architetto Luigi Rovelli, molto attivo in quegli anni a Genova e da tutti ricordato soprattutto per essere stato il progettista di Castello Raggio di Cornigliano (tutti conosciamo la triste storia del "suo" Castello Raggio, pochi quella di questa villa, anch'essa  figlia del gusto eclettico di fine ottocento, seconda età dell'oro a Genova e anch'essa demolita per volontà della scelleratezza delle scelte del Secondo Dopoguerra).
Intorno agli anni '10 del '900 Pignone si gioca la villa a carte e la proprietà passa all'industriale milanese Chiesa il quale negli anni '40 la venderà all'Ansaldo che destinerà il complesso a Colonia Marina per i figli dei propri dipendenti.
Negli anni '60 la villa passa ad una nuova proprietà che decide di radere al suolo il tutto per costruirvi depositi petrolchimici che non verranno mai realizzati.
I successivi cambi di proprietà e progetti di ricostruzione rimangono finora lettera morta.
Se vi capita di passare di qui potrete ancora trovare il monumentale cancello con i leoni che vi introdurrà nel viale di accesso della villa e salendo lungo la collina ciò che resta delle strutture intono alla villa propriamente detta che, invece venne demolita negli anni '60: un desolato prato incolto e sterpaglie sostituiscono l'imponente bellezza di questo edificio di cui oggi possiamo ammirare la bellezza solo nelle antiche immagini.





7.5 Oratorio dei SS. Nazario e Celso



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8. Pegli

Antico volantino dell'ENIT (Ente Nazionale Italiano per il Turismo) che reclamizzava le bellezze di Pegli, stazione climatica e balneare 



8.1 Villa Durazzo Pallavicini

Foto del Parco di Villa Durazzo Pallavicini  scattata da Giorgio Sommer (1834-1914) nel 1880 circa




8.2 Villa Doria Centurione

La volta affrescata del primo piano nobile di Villa Doria Centurione



8.3 Castello Chiozza

Sito in Via Pegli al civico 2, questo villino neogotico, che riprende nelle forme l'aspetto di un castello con torre lato mare, venne edificato intorno al al 1880 per volere della famiglia Chiozza.
Esso sorge sui resti un antico fortilizio di proprietà dei Lomellini.
Oggi l'edificio, che si presenta pressoché inalterato nelle sue forme originali, ospita un hotel. 

Antica immagina della spiaggia di Pegli con il Castello Chiozza e l'antica strada litoranea




8.4 Oratorio di San Martino

Ingresso dell'Oratorio di San Martino
(foto di Antonio Figari)

La sua fondazione risale al XIII Secolo. Una prima struttura quattrocentesca fu sostituita dall'attuale del XVIII secolo. 
Sopra la porta di ingresso vi è la statua di San Martino ed ai lati lo stemma della Repubblica di Genova da un lato e quello dei Padri del Comune dall'altro.
Al settecento risalgono gli affreschi della volta e delle pareti ad opera di Giovanni Agostino Ratti, a cui si deve anche la pala dell'altar maggiore con San Martino, San Giovanni Battista e San Benedetto.
Da segnalare un crocifisso ligneo del Maragliano, collocato sull'altare delle anime, le casse processionali di San Martino, opera della scuola del Maragliano, e di Santa Rosalia, e la statua dell'Immacolata, opera del Maragliano.
Sopra gli scranni lignei in noce, ove sedeva il Consiglio, sulla parete opposta all'altar maggiore, troviamo una grande tela di ignoto del 1718 raffigurante "Gesù che pranza a casa di Simone il Fariseo".
Negli armadi dell'oratorio sono ancora conservati gli abiti dei disciplinanti, alcuni dei quali risalenti al XVIII Secolo, momento di massimo splendore di questa casaccia.

La cassa processionale di San Martino
(foto di Antonio Figari)


Particolare di bastone da processione con San Martino che dona il suo mantello al povero
(foto di Antonio Figari)


*** 


9. Prà

9.1 Il Castelluccio

(...continua)


9.2 Torre Cambiaso Villa Negrone

(...continua)


9.3 Villa Negrone detta "di San Pietro"

(...continua)


9.4 Villa Negrone

(...continua)


9.5 Villa Cav. Felice Ratto






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10. Voltri

10.1 Villa Duchessa di Galliera

la facciata della villa


Sita alle spalle di Voltri sui colli Castellaro e Givi, ed inserita in un parco che oggi si estende per 32 ettari, questa antica villa fu edificata sul finire del '600 dai marchesi Brignole Sale.

Al corpo centrale vennero aggiunti in un secondo momento i due corpi laterali.

Gli interni conservano affreschi settecenteschi e decorazioni in stile rococò. Spicca in particolare la sala da pranzo detta “Sala delle conchiglie” per via della sua decorazione con ciottoli di tufo, corallo, marmo, serpentino, conchiglie in porcellana e vetri tagliati. Completa il tutto un piccolo ninfeo al centro della parete nord della stanza (un tempo qui scorreva l’acqua creando un effetto molto particolare). Questa stanza, progettata da Gaetano Cantone, fu realizzata nel 1785 dall’abile artigiano Giuseppe Canepa. Il 21 novembre 1832 qui vi fu il pranzo di nozze di Federico II di Borbone, Re delle Due Sicilie, e la principessa Maria Cristina di Savoia (le nozze erano state celebrate al Santuario dell’Acquasanta).

Oggi la Sala delle Conchiglie è utilizzata, come il resto del palazzo, da una scuola di infanzia che in questo palazzo ha sede.



la Sala delle Conchiglie



particolare delle decorazioni della Sala delle Conchiglie



particolare delle decorazioni della Sala delle Conchiglie in cui si notano le conchiglie in porcellana


Altro luogo all’interno del palazzo che merita di essere ricordato, anch’esso aperto al pubblico come la Sala delle Conchiglie per particolari occasioni, è il teatro: progettato nel 1786 da Gaetano Cantone, e realizzato da Giuseppe Canepa, con l’aiuto nella realizzazione delle decorazioni  dal pittore e scenografo Carlo Alberto Baratta, questa sala fu voluta da Anna Pieri, moglie di Anton Giulio III Brignole Sale, che ebbe l’idea ispirandosi ad un modellino acquistato da Tommasina Balbi.

Nei peducci della volta centrale sono rappresentate quattro figure allegoriche rappresentanti le arti liberi: Musica, Poesia, Pittura e Architettura (quest’ultima mostra la piantina del teatro). Il lanternino nel mezzo della volta con rosoni in legno traforati era stato così pensato per migliorare l’acustica del teatro. Sempre nella volta sono dipinte piante di prugne o meglio di “brigne” chiamandole con il loro nome ligure (come avrete capito, il motivo della loro presenza è proprio l’assonanza con il cognome dei proprietari del palazzo).

Opera di G.B. Tagliafichi, capo-macchinista del Teatro di Sant’Agostino, sono i meccanismi di scena, alcuni dei quali ancora conservati.

Una curiosità: alzando lo sguardo nella parte terminale della volta opposta al palcoscenico, decorata con un affresco a mò di balcone, potrete notare due piccole aperture. Al di sopra di queste aperture vi era un tempo un soppalco dove sostava l’orchestra: il suono dei loro strumenti entrava nel teatro attraverso queste piccole aperture e grazie alla perfetta acustica si diffondeva la musica in tutta la sala. 


L'interno del teatro 
(foto di Antonio Figari)



Le pareti e la volta del teatro interamente affrescati
(foto di Antonio Figari)


Nel parco, in mezzo al bosco romantico, vi è un castello neoromanico con grotte e cascate artificiali. 






Salendo ancora, dopo esser usciti dal bosco, vi ritroverete in mezzo agli ulivi e di lì a poco alla vista dei daini e delle caprette tibetane che qui abitano, attrazione per i bimbi che visitano il parco.

Sulla sommità dei terreni di pertinenza di Villa Duchessa di Galliera, vi è il Santuario delle Grazie. Qui nel 1886 fu realizzata una cripta funebre voluta dalla Duchessa Maria Brignole Sale De Ferrari: vi sono sepolti la Duchessa, il marito Raffaele De Ferrari, il loro figlio Andrea, il padre della Duchessa Antonio e altri parenti. Merita una citazione il presepe storico di scuola del Maragliano qui conservato (frutto di un lascito della Duchessa Maria).

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Villa fu occupata dalle truppe tedesche (qui aveva sede il Comando di Ponente). Nel 1943 nel parco fu realizzato dalla Wermacht un vero e proprio reticolo di fortificazioni (se ne contano 32): si tratta di postazioni antiaeree, bunker interrati, garitte e camminamenti. Questo complesso sistema è per la maggior parte sviluppato nelle viscere della collina, lontano quindi dagli occhi del distratto passante (tuttavia, se fate attenzione, nel bosco potete notare alcune di queste fortificazioni ben mimetizzate). 


Bunker tedesco mimetizzato nel parco di Villa Duchessa di Galliera
(foto di Antonio Figari)



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11. Val Polcevera

La Val Polcevera, nonostante gli sconvolgimenti che l'hanno trasformata da zona di ville, giardini e piccoli borghi ad area a prevalentemente vocazione industriale, conserva l'antica bellezza in molti luoghi che meritano di essere conosciuti e che Vi descriverò in questa passeggiata che, partendo da Cornigliano, ci porterà lungo tutta la valle.


11.1 Villa Imperiale, Casanova

Sita in Corso Perrone 15, questa villa fu edificata tra gli anni '60 e '80 del XVI Secolo.
Anticamente era circondata da un giardino che la villa dominava dall'alto. Prima di giungere all'ingresso ci si trovava davanti ad una grande peschiera conclusa da un vasto ninfeo, oggi scomparsi come del resto anche il secondo ninfeo, che si trovava dietro la villa e che era visibile già dopo aver superato il bel portale d'ingresso.
L'originaria scala conduceva alla loggia del piano nobile dove, con un ponte sospeso, si usciva e si raggiungeva un terzo ninfeo.
Primo proprietario fu, con tutta probabilità, Giovanni Spinola. La villa passò poi agli Imperiale e poco prima del 1830 ad un ricco mercante, il Casanova, il quale decise di tagliare tutti gli alberi del parco per sostituirli con una vigna.
Qui, nell'ottobre del 1799, ad una festa per lo sbarco di Napoleone al Frejus, Ugo Foscolo incontra Luigia Pallavicino, che, già sfigurata da un incidente a cavallo, diverrà la protagonista di una sua famosissima ode.
Oggi la villa, scomparsi gli affreschi e perso il parco che la circondava, conserva ancora tracce dell'antica bellezza nel suo originario volume dove ancora si leggono le logge del piano nobile, benché tamponate, negli ampi spazi interni e nei portali in pietra nera.

Villa Imperiale, Casanova
(foto di Antonio Figari)



11.2. Abbazia di San Nicolò del Boschetto (la "Badia del Boschetto") 

In fronte all'antico borgo di Rivarolo ed ai piedi della collina di Coronata, immerso nel verde di un antico bosco, sorge la splendida Abbazia del Boschetto.
Un epigrafe conservata in chiesa ricorda che la fondazione del complesso risale al 1311 quando Magnone Grimaldi fece edificare una piccola cappella dedicata a San Nicolò, in onore di suo padre che portava proprio quel nome.
Nel 1410 qui si insediarono i benedettini ai quali i Grimaldi avevano donato la piccola cappella.
Furono loro a dare impulso all'edificazione del complesso monastico come oggi lo conosciamo.
Superato il cancello si entra in un piccolo cortile con il caratteristico risseu bianco e blu, entrati nel portone si giunge nel primo chiostro, il chiostro piccolo, edificato tra il 1468 e il 1483 sul quale si affacciavano l'infermeria e i dormitori riservati ai pellegrini qui di passaggio.
Si passa quindi nel chiostro grande, edificato successivamente rispetto al primo chiostro (tra il 1492 e il 1519): quadrato, con al centro un piccolo pozzo (alimentato da una sorgente sotterranea), ha i lati che misurano ventidue metri ciascuno; su questo chiostro affacciavano le celle dei monaci, l'appartamento dell'Abate, la sala capitolare e la Chiesa.
Quest'ultima è il vero gioiello dell'intero complesso.
In essa troviamo meravigliose tombe del quattrocento e cinquecento di vari esponenti delle famiglie Grimaldi, Doria e Lercari: tra di esse da ricordare alcune splendide sculture sepolcrali come quella di Pellegrina Doria che vedete nella foto qui di seguito.
In testa alla navata destra troviamo la cappella mausoleo del Doge Giovanni Battista Lercari detta anche cappella della Madonna poichè la volta è affrescata con storie della vita della Vergine.
In testa alla navata sinistra, quella che fu la primaria cappella dedicata a San Nicolò che diede vita all'intero complesso, è divenuta nei secoli luogo di sepoltura della famiglia Doria come testimonia la tomba di Paolo Doria attribuita alla bottega di Giovanni Gaggini e data 1474.
Quello che pochi sanno è che provengono da questa abbazia gli splendidi "Blu di Genova", oggi esposti al Museo Diocesano: uno splendido "apparato effimero" in tessuto blu, antenato del nostro jeans, composto da più teli che veniva esposto in occasione del rito pasquale delle Quarant'ore.


Chiostro piccolo dell'Abbazia di San Nicolò del Boschetto
(foto di Antonio Figari)


Chiostro grande dell'Abbazia di San Nicolò del Boschetto
(foto di Antonio Figari)






L'interno della Chiesa dell'Abbazia di San Nicolò del Boschetto
(foto di Antonio Figari)














11.3 Villa Cattaneo dell'Olmo

Edificata nel XV Secolo dalla famiglia Grimaldi nel pressi dell'Abbazia del Boschetto, questa villa, dopo alcuni passaggi di proprietà, divenne di proprietà della famiglia Cattaneo che nel XVIII secolo la fece riedificare eliminando quasi completamente ciò che era sopravvisuto nei secoli.
La struttura dell'edificio richiama lo stile compositivo dell'Alessi, tipico delle ville genovesi.
Gli affreschi dell'atrio sono opera di Jacopo boni e della sua bottega e rappresentano figure araldiche e mitologiche.
Il bello scalone conduce la piano nobile dove gli affreschi del salone e della cappella risalgono alla fine del XVIII Secolo.
Oggi l'edificio è sede della Fondazione Ansaldo ed è visitabile su appuntamento.

lo scalone di Villa Cattaneo dell'Olmo
(foto di Antonio Figari)


Uno dei saloni del primo piano
(foto di Antonio Figari)




11.4 Chiesa di San Bartolomeo della Certosa (la "Certosa di Rivarolo")

Al 1297, su terreni donati da Bartolomeo di Negro, risalirebbe la prima edificazione di questa Chiesa la cui attuale struttura è invece frutto delle modifiche apportate nel XVI Secolo.

Oltre ad essa, la struttura è formata da due chiostri e una piccola chiesetta preesistente alla grande chiamata Cappella di San Bartolomeo o "Cappella delle Donne".
Il primo chiostro, che si trova dietro l'abside, è il più antico e fu adibito a cimitero: a pianta quadrata con arcate poggianti su pilastri, fu oggetto di un intervento successivo, nel XVI Secolo, che portò all'aggiunta di una seconda loggia superiore con sedici colonne di marmo con cornici in pietra di promontorio.
Il secondo chiostro risale invece al XVI Secolo: a pianta quadrata con influssi di derivazione toscana, esso è famoso per lo splendido risseu che corre lungo tutto il suo perimetro.
La Chiesa conserva affreschi di Giovanni Carlone nella cupola con al centro Dio Padre e negli spicchi del Tiburio gli angeli che recano gli strumenti della Passione. In controfacciata lo scultore Taddeo Carlone, padre di Giovanni, eseguì due splendide acquasantiere. 
Alle pareti dell'altare maggiore Vi sono le meravigliose arche sepolcrali di Orazio e Ambrogio di Negro.
Da segnalare, infine, nella Cappella di San Bartolomeo detta anche "Cappella delle Donne" (la cui struttura bassa e massiccia risale al periodo gotico), gli affreschi della volta dell'altare raffiguranti scene della vita di San Bartolomeo, opera di Giovanni Carlone.


 


















11.5 Chiesa di Santa Maria del Garbo

Sita su una collina nel quartiere di Rivarolo, in una piccola frazione denominata Garbo, questa antica chiesa è con tutta probabilità il più antico santuario della Val Polcevera. 
La tradizione racconta che nel XIV secolo un bambino trovò nella cavita ("garbu" in dialetto genovese) di un castagno una piccola immagine della Madonna. Portata a casa, l'immagine scomparve  per comparire di nuovo nell'incavo dell'albero ove era stata trovata.
L'evento venne interpretato come miracoloso dalle autorità religiose e fu allora deciso di collocare l'immagine nella piccola cappella di San Matteo che si trovava in zona. Secondo un'altra versione della storia, fu invece costruita un'apposita cappella per la sacra immagine.
Grazie ad un lascito testamentario del 1614, nel 1631 venne costruita la chiesa, ad un'unica navata, che inglobava al suo interno la cappella sopramenzionata.
La sacra icona, recante la scritta "Sancta Maria de lo Garbo AMEN", le cui dimensioni sono di appena 7,5 x 4,4 cm, è una tavoletta in steatite, un minerale di colore bianco (per questo all'inizio si pensava fosse di avorio), risalente al XII secolo, entro una cornice gotica di argento del XIV secolo sormontata da un frontone triangolare con due pinnacoli gemelli ai lati. Si tratta di un raro esempio di arte devozionale medievale ligure che si rifà ai canoni dell'arte bizantina. In essa è rappresentata la Madonna con in braccio Gesù con la mano destra benedicente.
L'icona, insieme ai resti del vecchio castagno, fu collocata in un altare laterale entro un tabernacolo cinquecentesco in marmo con ai lati scolpiti figure di santi e sopra la Madonna con il Bambino in braccio, il tutto sormontato dalla figura di Dio benedicente sopra il quale vi è una corona di teste di angeli. Si notano anche due piccoli stemmi nobiliari sopra le paraste abrasi probabilmente durante i moti giacobini.
Sull'altare maggiore è collocata una statua della Madonna opera di Francesco Maria Ravaschio scolpita nel 1791. Le statue lignee dei dodici apostoli, poste nel presbiterio entro nicchie, sono opera dello scultore tedesco G.B. Pitscheider e risalgono al XIX secolo.
Il campanile fu eretto una prima volta nel 1774 e poi rifatto nel 1881, anno a cui risale la risistemazione delle due sagrestie che vengono affrescate da Giovani Battista Traverso.
La Madonna del Garbo è pregata per ottenere protezione contro la peste (e contro il colera nel XIX secolo) e per scongiurare le violenze in caso di invasioni straniere, tutt'altro che caso raro nella valle che vide passare tanti eserciti pronti ad assediare la Superba. 
Quando arriva il giorno della festa, la piccola immagine della Madonna viene collocata nel tronco di un castagno e portata in processione su un carro trainato da cavalli bardati a festa.
Un curiosità: la chiesa del Garbo non ha facciata e per entrare in chiesa si passa da un porticato laterale che affaccia sulla piazza antistante la chiesa.
Negli anni '80 del XX secolo la sacra icona fu rubata ed è notizia del 15 gennaio 2023 del suo fortuito ritrovamento e soprattutto del suo riconoscimento: la stessa icona infatti, dopo esser stata acquistata, fu mostrata allo storico dell'arte Vittorio Sgarbi che la riconobbe quale icona del Garbo. Speriamo che la stessa possa essere presto ricollocata nel santuario dove i fedeli da tanti secoli la venerano.

Altare dove è conservata l'icona della Madonna del Garbo



11.6 Villa Durazzo Pallavicini (Rivarolo)

Sita a Rivarolo, in Via Rossini al civico 27, questa villa è databile alla prima metà del XVIII Secolo. Dai Durazzo passò ai Pallavicino che ancora oggi ne sono proprietari.
Il Complesso si sviluppa in tre bassi volumi che vanno a formare una corte interna su pianta a "C". I due corpi laterali erano originariamente adibiti a scuderie e locali di servizio.
Il corpo principale presenta un ampio frontone al primo piano dal quale scende il magnifico scalone che sembra abbracciare il visitatore.
Gli interni conservano affreschi e stucchi settecenteschi.
Il bel parco nel quale era inserita la villa oggi è solo un lontano ricordo.
Attualmente, dopo essere stata sede del municipio e del corpo dei vigili urbani, la villa è in stato di completo abbandono.
E' notizia recente l'acquisizione della stessa da parte del Comune di Genova che, si spera, provvederà presto al restauro dei questa antica villa.

Villa Durazzo Pallavicini di Rivarolo in uno scatto di Paolo Monti del 1963



11.7 Villa Serra di Comago





 

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12. Val Bisagno


12.1 Le Ville della Val Bisagno


12.1.1 Villa Imperiale di Terralba





Edificata per volere di Lorenzo Cattaneo nei primi anni del Cinquecento, è un tipico esempio di villa genovese prealessiana.
Il primo illustre ospite fu il Re di Francia Luigi XII che qui soggiornò nel 1502.
Nel 1560 il corpo dell'edificio fu ampliato e furono inserite due logge laterali dandole l'aspetto che ancora oggi conserva.
Gli interni conservano lo spendido affresco di Luca Cambiaso "Il ratto delle Sabine" (che da solo vale la visita  a questa villa) e altri affreschi opera dei Calvi e di altri pittori genovesi.
Il Parco, tuttora conservato, suddiviso in terrazzamenti e con una disposizione ottocentesca all'inglese con prati e boschi, conserva uno splendido ninfeo.
La proprietà passò dapprima ai Salvago nel XVII Secolo, poi agli Imperiale (dai quali prende il nome la villa), ed infine al Comune di Genova negli anni venti del Novecento. Oggi è sede di una biblioteca e di un asilo e dunque facimente visitabile. Il parco pubblico, tuttora conservato, costituisce il polmone verde del quartiere di San Fruttuoso.













   

Infine, una curiosità: se accedete a Villa Imperiale da Piazza Terralba, vi capiterà di passare da Via dell’Albero d’Oro. 

Il nome di questa strada deriverebbe, secondo una popolare leggenda locale, da un albero, un alloro, che qui aveva piantato, è proprio il caso di dirlo, le sue radici. Un abitante del luogo, in una sfortunata giornata, aveva perso ai dadi tutti i suoi terreni. Gli rimaneva solo un albero, il “nostro” alloro. Decise allora di giocarsi l’unica cosa che gli rimaneva e la fortuna gli arrise permettendogli di riguadagnare tutto ciò che aveva perso nelle precedenti puntate al gioco.

Da quel giorno, l’alloro divenne per tutti “l’albero d’oro” (da notare anche l’assonanza tra il nome dell’albero e il metallo prezioso).

Il vecchio alloro è stato abbattuto, ormai vecchio e malato, negli anni 80 del XX Secolo e sostituito da un giovane esemplare.


 
 
12.1.2 Villa Migone 

Sita in Via San Fruttuoso, a poca distanza da Villa Imperiale, questa villa sorge probabilmente su una preesistente casa torre costruita per volere della famiglia Spinola tra il XIII ed il XIV Secolo.
Assume l'aspetto attuale nel XV Secolo quando diviene proprietà dei Sauli. Dopo ulteriori passaggi di proprietà la villa viene acquistata da Agostino Migone nel 1792 il quale decide di apportare alcune modifiche alla struttura dell'edificio come la costruzione dello scalone, la chiusura della loggia e la sopraelevazione di un piano.
La villa è famosa perchè qui, il 25 aprile 1945, venne firmato il tratto di pace tra i lCNL Ligure e le truppe tedesche. Il fatto avvenne qui perchè nella villa all'epoca era ospitato il Cardinale  Boetto, intermediario tra le parti.



12.1.3 Villa Saredo, Parodi

Sita in Via Marassi al civico 6 ed edificata nel XVI Secolo, questa villa conserva al suo interno affreschi con scene allegoriche nel salone d'ingresso e lungo lo scalone che conduce al piano nobile e alla loggia. Nella cappella sono corvarti splendidi affreschi di Valerio Castello con episodi della vita della Madonna.
Oggi, privata del suo giardino, si trova inserita tra moderni palazzi che sembrano soffocarla.



12.1.4 Villa Centurione, Musso Piantelli 

Sita in Corso De Stefanis al civico 8, questo edificio, splendido esempio di villa cinquecentesca genovese, fu edificata nella seconda metà del XVI Secolo per volere della famiglia Centurione in una zona agricola della Val Bisagno e ancora oggi, nonostante la perdita di gran parte parco che la circondava, conserva la struttura architettonica originale con un corpo allungato che termina in due logge angolari.
Il parco della villa si estendeva fino al torrente Bisagno e ciò ancora nel fino 1875 come rivelano documenti d'archivio, e le siepi del giardino all'italiana si intervallavano con fontane e viali a pergolato.
Davanti all'entrata principale, ancora presenti sono splendidi bassorilievi raffiguranti tritoni e due draghi che sembrano posti a custodia dell’ingresso.
Lo scalone dal piano terreno conduce alla loggia del piano nobile che si apre sul salone splendidamente affrescato da Bernardo Castello con affreschi con episodi del primo libro dell'Eneide, salone che a sua volta è collegato con l'altra loggia e le sale laterali decorate con affreschi dei Calvi e dei Semino a temi biblici o tratti dalle Metamorfosi di Ovidio.
Al piano terreno la cappella conserva affreschi di Giovanni Andrea Ansaldo.
Oggi purtroppo la villa risulta soffocata tra corso De Stefanis e la mole dello stadio Luigi Ferraris.
Nonostante questo, la sua bellezza è ancora intatta negli interni e merita di esser visitata.
La villa passerà alla Famiglia dei Musso Piantelli a metà del XVIII Secolo e rimarrà della stessa fino al 1990.
Nell'atrio è esposto un calesse, di proprietà di Giuseppe Musso Piantelli, a ricordo di quando il prato antistante la villa, oggi occupato dallo stadio, era un maneggio dove si organizzavano concorsi ippici.
Una curiosità: si racconta di fantasmi che abiterebbero la villa.



Un'antica immagine di Villa Centurione, Musso Piantelli prima di essere "soffocata dalle strutture dello stadio



Il salone al primo piano affrescato da Bernardo Castello
(foto di Antonio Figari)


12.2 Le chiese della Val Bisagno


12.2.1 Sant'Agata

Sito in Via Giuseppe de Paoli nell’odierno quartiere di San Fruttuoso, questo complesso conventuale sorge a pochi passi dall’imboccatura del Ponte intitolato proprio a Sant’Agata. Oggi che il torrente Bisagno è lontano e le prime arcate del ponte sono nascoste in un cortile privato, il convento si trova quasi nascosto, fagocitato dalla crescita edilizia del quartiere.

Le prime notizie di questo antico complesso conventuale risalgono ad un documento del 1191 dove esso viene chiamato “S. Agata de capite pontis Bisannis”. Ed è proprio quest’ultimo, il Bisagno a danneggiare gravemente il complesso il 30 settembre 1452.

Il convento, inizialmente abitato dalle Monache Cistercensi, passa alle Canonichesse Lateranensi nel 1514 e ai Frati Agostiniani nel 1531. Chiuso nel 1797 a seguito delle leggi di soppressione degli ordini religiosi, il convento viene acquistato nel 1825 dal sacerdote Don Angelo Cervetto che lo mette a disposizione di Suor Vittoria Gironi, fondatrice dell’Istituto delle Maestre Pie di Sant’Agata, che vi si trasferisce insieme alle consorelle dell’ordine nel 1827. Ancora oggi le stesse gestiscono qui una scuola dell’infanzia (primavera e materna) e una scuola elementare.

L’ingresso in Sant’Agata di Suor Vittoria Gironi, già direttrice del Conservatorio di San Rocco, e il conseguente adattamento del convento a scuola porta ad una profonda ristrutturazione del complesso monastico, a cura dell’Architetto Cremona, che, a seguito di ciò, perderà esternamente tutti quegli elementi architettonici che risalivano alla sua edificazione nel XII Secolo.

Si accede al complesso da uno stretto archivolto posto all’imboccatura dell’antico ponte. Sopra l’archivolto, quasi ad accogliere coloro che vogliano entrare nel convento, vi è un affresco con Sant’Agata al centro e due santi ai lati identificati con Sant’Antonio e San Fruttuoso di Tarragona (colui che da il nome al quartiere e le cui spoglie, secondo la tradizione, sarebbero conservate nell’Abbazia di San Fruttuoso qui portate da San Prospero, anch’egli di Tarragona e anch’egli vescovo della città come Fruttuoso, che era giunto in Liguria dopo esser fuggito dalla Spagna nel 409 a seguito dell’arrivo dei Vandali).

La chiesa all’interno del complesso conserva la statua della santa, opera di Filippo Parodi eseguita tra il 1680 ed il 1690.

A Sant'Agata è intitolato il ponte medievale che collegava anticamente Borgo incrociati a questo convento e la famosa fiera che si svolge ogni anno la prima domenica di febbraio. Vi rimando ai paragrafi successivi di questo capitolo dedicato alla Val Bisagno per approfondire la loro storia.



L'archivolto che conduce al convento di Sant'Agata
(foto di Antonio Figari)


12.2.2 Santa Maria degli Incrociati

Antica immagine di Borgo Incrociati con al centro quella che fu la Chiesa di santa Maria degli Incrociati, oggi non più esistente.



12.2.3 Nostra Signora della Consolazione

Nel 1473 il beato Gian Battista Poggi, patrizio genovese, insieme ad altri eremitani che seguivano la regola di Sant'Agostino,  fonda un convento in località Artoria, una piccola altura sita tra lo Zerbino e Borgo Incrociati che oggi possiamo identificare come Salita Superiore ai Terrapieni, una "creuza"  sita nel punto in cui Corso Montegrappa incontra Via Asiago. E proprio  su questa salita insiste ancora oggi un portale sovrastato da un'edicola votiva vuota sotto la quale una piccola lapide marmorea  recita "in te Domine speravi non confundar in eternum", parole di un salmo del Te Deum composte da Sant'Agostino e Sant'Ambrogio. E' questa l'unica testimonianza fisica ancora presente in loco di questo antico monastero.
La vita del convento prosegue fino alla costruzione delle nuove mura nel diciassettesimo secolo (vi rimando alla pagina dedicata al le PORTE e le MURA di GENOVA per approfondire). Trovandosi in prossimità delle stesse ed al fine di non avere edifici che limitassero la difesa della città lasciando quindi libero lo spazio antistante le mura,  si decise di demolirlo, nonostante le accese proteste dei frati, che ottennero di poterlo ricostrire in zona San Vincenzo, dove ancora oggi vi è la Chiesa della Consolazione (vi rimando alla pagina de le CHIESE di GENOVA per approfondire).
Prima di essere demolito, il convento viene utilizzato come lazzaretto durante la peste che inizia a dilagare in città negli anni '30 del 600.
Oggi lungo Via Canevari una piccola piazza dal nome "Artoria", che segna il confine tra il quartiere di San Fruttuoso e quello di Marassi, ci rimanda con la memoria a questa antica località.
Un'ultima curiosità: il nome "artoria" deriverebbe da "arto-ria" (sopra il rivo, identificato, in questo caso, con il Bisagno).


12.2.4 Santuario di Nostra Signora del Monte

Il sagrato tipicamente ligure in ciottoli bianco e blu


Situato sulla cima di un colle, il "Monte", che domina la piana del Bisagno, questo antico complesso monastico affonda le sue radici all'anno mille: si ha notizia di una cappella qui esistente nel 958 mentre le prime notizie documentate risalgono al 1183 quando in questo luogo sono presenti i canonici mortariensi che accanto alla cappella hanno da poco finito di edificare una nuova chiesa (durante i lavori di restauro del 1970 furono rinvenute tracce di questo primo edificio ad unica navata che occupava lo spazio su cui oggi insiste il sedime della navata destra della chiesa). Il citato documento del 1183 è relativo ad una lite tra il canonico mortariense Giusto e l’arcivescovo di Genova Ugone che rifiuta di consacrare la chiesa appena costruita sul Monte. 

Nel XV secolo, ormai in rovina ed affidata ad un canonico di San Lorenzo, arrivano qui i francescani minori osservanti che reputano questo luogo isolato ma non distante dalla città  ideale per un loro insediamento. Fu così che, per intercessione del Doge Raffaele Adorno presso Papa Eugenio IV, i frati ottengono tutti i diritti sul priorato mortariense e sui beni ad esso connessi. E’ lo stesso Adorno a finanziare il restauro e ampliamento della chiesa e la costruzione del convento che è consegnato ai frati il 13 settembre 1444.

Tra la metà del XV e il XVI secolo inizia la costruzione delle cappelle laterali che verranno acquisite ed abbellite da varie nobili famiglie genovesi che qui porranno anche le loro sepolture. 

Risalgono invece al XVII secolo i lavori, interamente finanziati da Giacomo Saluzzo (il cui busto, insieme a quelli dei fratelli, è posto ai lati del presbiterio), di costruzione del presbiterio, del coro e della cripta sotterranea, lo scurolo. Sempre ai Saluzzo si deve la costruzione del campanile e l'edificazione di undici cappelle nei luoghi dove fin dal 1623 i frati avevano innalzato delle croci per segnare le stazioni della Via Crucis. Altre tre cappelle verranno costruite per volere dei frati. Ancora oggi, salendo al monte, potrete vederle anche se spesso fagocitate dall'edilizia novecentesca che ha per così dire "inglobato" il Monte nella città. Nel secolo successivo, con finanziamento dei Saluzzo ed altri benefattori, sarà  costruita la strada, detta "nuova", che collega tra loro le varie cappelle e allo stesso periodo risale l'edificazione della quindicesima cappella.

Ulteriori lavori di restauro della chiesa, che daranno alla stessa le forme barocche che ancora oggi possiamo vedere, sono finanziati, sempre nel '600, dal nobile G.B. Negrone.

Superato il bel sacrato in ciottoli bianco e blu che disegnano lo stemma della città di Genova, il simbolo del francescanesimo (le due mani incrociate su croce) e la “M” di Maria, si entra nella chiesa che nelle cappelle laterali conserva capolavori di scuola genovese come la pala di Domenico Fiasella con la “Sacra Famiglia e Sant’Anna” o la “Natività tra i pastori” di G.B. Carlone, il Polittico dell’Annunciazione, opera del “maestro dell’Annunziata del Monte”, due sculture del Maragliano raffiguranti San Francesco e Sant’Antonio (provenienti dalla diruta chiesa di Santa Maria della Pace, erano originariamente collocate sull’altare di quest’ultima insieme alla Madonna che oggi è collocata invece nella Chiesa di San Teodoro), e alcuni monumenti funebri (oltre a quelli già citati dei Saluzzo) come quello di Flaminia Salvago-Gentile, opera di Gio. Giacomo Parraca da Valsoldo.

Gli affreschi della volta della cripta, con storie della Vergine, sono opera di Andrea Ansaldo. La statua della Madonna qui conservata è attribuita a Francesco Valdambrino, allievo di Jacopo della Quercia.

Nel refettorio quattrocentesco è murato un pulpito in ardesia  a formelle con la Vergine e figure di santi francescani e sulla parete di fondo una grandiosa opera di Orazio de Ferrari, l’“Ultima cena”, firmata e data 1641. 

Nel periodo natalizio viene allestito, nel vicino oratorio dell’Immacolata Concezione, edificato nel 1603 su disegno di Bartolomeo Bianco, un presepe con figure attribuite al Maragliano e alla sua scuola (appartengono al Santuario dal 1926 a seguito del lascito del comm. Enrico Peirano). A questo proposito, vi rimando alla pagina dedicata a le ARTI MINORI a GENOVA per approfondire la storia del presepe genovese.

Il Santuario è circondato a levante, a sud e a nord dal cosiddetto “bosco dei frati” in mezzo al quale trovano spazio tre cappelle.

A questo luogo è legato anche un digestivo ottenuto dall'infuso di erbe, il famoso "Amaro di Santa Maria al Monte", nato nel 1858 per volontà  di Vincenzo Castrovillari, cuciniere del Duca d'Aosta, il quale, così si racconta, ricevette dalle mani dei francescani del Santuario una pergamena, ancora oggi conservata in ditta, con la ricetta del "Lissere Miracoloso Santa Maria": così i frati descrivevano quello che, con qualche modifica apportata dal Castrovillari (come l'aggiunta di alcune prodotti aromatici alpini) diverrà  l'amaro di Santa Maria, ancora oggi specialità  genovese la cui notorietà travalica i confini della nostra città.


La cripta sotterranea
(foto di 
Antonio Figari)

Uno dei due monumenti funebri dei fratelli Saluzzo
(foto di Antonio Figari)

Il presepe
(foto di Antonio Figari)


12.3 Il ponte di Sant'Agata

Il ponte di Sant'Agata viene edificato in età medievale, e non, come spesso è stato sostenuto, in epoca romana. Vero è che il suo tracciato ricalca quello dell'antica Via Aurelia romana che da San Vincenzo, passando per Borgo Incrociati, conduceva nel levante ligure. E' dunque lecito pensare che già in epoca romana vi fosse una struttura poi sostituita dal ponte medievale. 
Originariamente il ponte aveva ventotto arcate che da Borgo Incrociati conducevano alla chiesa di Sant'Agata. Tra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento l'espansione urbanistica che porterà alla nascita di Corso Sardegna ridurrà progressivamente il ponte che oggi conta solo cinque arcate che collegano Borgo Incrociati a Piazza Manzoni. Le altre arcate giacciono sotterrate o sono state demolite tranne le ultime due a ridosso del convento di Sant'Agata, orma lontanissime dall'alveo del Bisagno.


L'inizio del ponte lato Convento di Sant'Agata
(foto di Antonio Figari)


Le due arcate del ponte lato convento di Sant'Agata
(foto di Antonio Figari)


La piena del Bisagno del 7 novembre 1970 danneggiò il ponte facendo crollare due arcate sostituite poi da una passerella.
Gli eventi alluvionali degli anni novanta portarono al crollo dell'arcata di levante decretando la definitiva chiusura del ponte di cui oggi rimangono solo alcune arcate centrali con tiranti metallici che ne impediscono il crollo totale.

Il ponte di Sant'Agata in un'immagine precedente agli eventi alluvionali del 1970 (Archivio Publifoto Genova)


12.4 La fiera di Sant'Agata

Ogni anno, la prima domenica di febbraio, a ridosso del 5 del mese, giorno in cui si festeggia Sant'Agata, si svolge nelle vie del quartiere di San Fruttuoso la più grande fiera genovese: quella che da questa santa, o meglio dal convento a lei intitolato,  prende il nome.
Come nasce questa fiera? Con ogni probabilità la sua origine è da ricercarsi nei riti pagani di fine inverno e la tradizionale presenza di molti venditori di piante, soprattutto da frutto (principale motivo per il quale, fin da piccolo, mio padre mi ci portava), sembra essere legata alla natura di questo luogo che un tempo, fuori dalle mura, ospitava orti e terreni coltivati.
Una curiosità: fino agli anni sessanta del secolo scorso la fiera aveva una durata di tre giorni e, oltre ai banchi di piante, facevano la parte del leone quelli dei rigattieri dove si potevano trovare oggetti per la casa o pezzi di ricambio come ci raccontano le tante foto dell'epoca.

Rigattiere alla fiera di di Sant'Agata, 6 febbraio 1954
(Archivio Publifoto Genova)


12.5 La Ferrovia delle Gavette

Esisteva in Val Bisagno il binario industriale della Val Bisagno, anche detto "Ferrovia delle Gavette", nato per servire i nuovi insediamenti industriali nati lungo la valle.
Costruito nel 1925 e costato 2 milioni di lire, rimase in servizio fino al 1965.
Vi rimando al paragrafo dedicato al trasporto pubblico alla pagina de gli EDIFICI pubblici per approfondire la sua storia.


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13. Foce


13.1 Il Lazzaretto alla Foce

A levante della foce del torrente Bisagno fu edificato nel XV secolo l'ospedale di Nostra Signora di Loreto detto il "Lazzaretto alla Foce": qui infatti venivano ricoverati i malati contagiosi (o coloro he provenivano da zone dove era presente il "morbo") giunti in nave in porto per trascorrere la loro quarantena.
L'edifico fu ampliato nel XVI secolo per iniziativa del notaio e gran benefattore  genovese Ettore Vernazza che tanto fece per i malati della città facendo edificare nel centro città l'Ospedale degli Incurabili (vi rimando alla pagina  de gli EDIFICI pubblici per approfondire la storia di questa antica istituzione).
Tra gli ospiti illustri che qui dimorarono, ricordiamo il filosofo francese Jean-Jacques Rousseau che racconterà la sua drammatica esperienza in questo luogo, avvenuta nel 1743 nella sua opera autobiografica "Le confessioni" (vi rimando alla pagina dedicata ai poeti SANTI scrittori AVVENTURIERI per approfondire i suoi giorni a Genova). 
Il lazzaretto lavorò fino alla metà del XIX secolo quando le sue funzioni vennero trasferite all'Ospedale di Pammatone. Il Lazzaretto venne demolito consentendo l'ampliamento dei vicini cantieri navali.



13.2 I cantieri navali

La spiaggia della Foce fu da sempre luogo di costruzione di imbarcazioni ma fu solo dopo l'annessione di Genova al Regno di Sardegna che iniziò uno sviluppo organico di questa attività.
Qui venivano costruite principalmente navi militari.
Con la distruzione del vicino lazzaretto furono creati nuovi spazi da destinare al cantiere.
Quest'ultimo, di proprietà municipale, fu dapprima dato in gestione ai fratelli Westermann, poi ai fratelli Orlando ai quali subentrò l'imprenditore Enrico Cravero  e dopo il 1890 la società "Nicolò Odero & C.".
L'ultima nave costruita, prima della cessazione delle attività avvenuta nel 1930, fu l'incrociatore Almirante Brown, commissionato dalla marina argentina e varato il 28 settembre 1929.
Al posto dei canteri sorgerà il villaggio balneare che durerà pochi anni lasciando presto spazio al nuovo quartiere residenziale delle Foce.




13.3 Il Villaggio Balneare

Dopo la demolizione dei cantieri navali, per due estati (1933 e 1934), gli spazi, dove un tempo si costruivano imbarcazioni, vennero occupati dalle strutture del Villaggio Balneare: piscine, scivoli, giochi d'acqua, cabine e tutto il necessario per trovare ristoro dal caldo estivo.
Tutto questo rimane solo nella memoria dei nostri vecchi e nelle foto d'epoca.
Il villaggio Balneare sarà infatti a breve soppiantato dalla nascita del moderno quartiere della Foce con i suoi palazzi di Viale Brigate Partigiane e Piazza Rossetti.











13.4 Oratorio delle Anime Purganti


Pasquale Domenico Cambiaso, Oratorio delle Anime Purganti, 1850

Antonio Varni, Lavandaie alla foce del Bisagno, 1891

Questo oratorio fu edificato nel 1602 alla destra della foce del Bisagno, addossato alla parete rocciosa sotto le Mura nel punto detto Capo della Strega o di Carignano: intitolato alle "Stimmate di San Francesco", esso fu comunemente chiamato "delle Anime della Foce" o "delle Anime Purganti" perché sito accanto al Cimitero dei Poveri, qui trasferito dopo il 1536.
Vi rimando alla pagina dedicata a gliORATORI e le CASACCE per approfondire la sua storia. 


13.5 Casa dei Pescatori

La “Casa dei Pescatori”, opera dell’Architetto Luigi Vietti, nasce per dare nuove abitazioni ai pescatori le cui case erano state espropriate per dare spazio alla nascita di Via Casaregis.
Un tempo a due passi dal mare sulla spiaggia sulla riva destra alla foce del Bisagno, oggi rimane sacrificata e lontana dal mare dopo la costruzione della Sopraelevata e della zona fieristica.




13.6 Ristorante San Pietro

Progettato tra il 1935 ed il 1938 dall'architetto Mario Labò, questa palazzina ospitava inizialmente un ristornate. 
Coa la costruzione della Sopraelevata una parte fu demolita. Venne in seguito trasformata in stazione di servizio.
Gli interni conservano ancora dettagli e materiali originari come i serramenti e le pavimentazioni.




13.7 La pietra dei Mille alla Foce
 
 
Queste parole sono incise su una lapide in marmo affissa in facciata della “Casa dei Pescatori”,  poco sopra  descritta. 
La partenza dalla Foce è un avvenimento poco noto e non studiato sui libri di storia che narrano solo dello scoglio di Quarto.
Vi rimando alla pagina de le PIETRE parlanti per approfondire questa e le altre pietre risorgimentali in giro per Genova.


13.8 Le pietre della "Strega"

Sotto l'attuale Corso Aurelio Saffi esisteva un tempo una batteria, costruita a rinforzo di questo tratto di costa per proteggerlo da eventuali sbarchi, detta "Strega".
Essa venne disarmata nel 1883 e trasformata in faro.
Ancora oggi resiste questa costruzione sebbene fagocitata dal porto e dalla Fiera.
Qui un tempo si faceva il bagno e i Bagni, con annesso istituto elioterapico per bimbi affetti da rachitismo che potevano usufruire anche di una scuola all'aperto, la Nazario Sauro, che sorgeva affianco all'istituto, erano detti "della Strega".
Arrivò la Sopraelevata negli anni '60 del Ventesimo Secolo e tutto questo "piccolo mondo antico" scomparve. 
In realtà, se vi capita di percorrere la Sopraelevata, potrete notare ancora oggi una parte dell'edificio che ospitava l'istituto elioterapico.
Il nome "Strega" è frutto di una antica tradizione che voleva che su questi scogli si riunissero, già nel Medioevo, donne per invocare il Maligno.


13.9 La Casa del Mutilato



Sito lungo Corso Aurelio Saffi, questo edificio fu progettato nel 1937 dall’architetto Eugenio Fuselli e costruito tra il giugno di quello stesso anno e la primavera dell’anno successivo. La sua inaugurazione avvenne, alla presenza di Mussolini e del Presidente dell’Associazione Nazionale dei Mutilati ed Invalidi di Guerra (ANMIG) Carlo Delcroix, eroe di guerra pluridecorato nonché abile oratore, il 15 maggio 1938, giorno della fondazione dell'Impero, in occasione della visita del Duce a Genova.

Il terreno sul quale venne edificata la Casa del Mutilato fu donato dal Comune di Genova mentre il denaro per erigere il palazzo fu raccolto tra i genovesi (un triste dato: all’epoca, i mutilati a Genova erano 3000).

Dovendo rispettare il vincolo municipale di tutela dell’area verde retrostante (una parte della quale era stata sacrificata per dare spazio a questo edificio) che imponeva un’altezza massima di dodici metri anche al fin di lasciare libera la vista a levante dalla cima delle Mura delle Cappuccine, Fuselli dovette trovare una soluzione innovativa e ideò un palazzo diviso in due separati volumi: quello di sinistra, a bande bianco e rosse scure, riprende una tipologia molto diffusa negli antichi e nobili edifici genovesi. La pietra nera di promontorio viene qui sostituita dal marmo rosso di Levanto, il cui colore richiama il sangue versato dagli eroi della patria a cui questo edificio è dedicato. In questa parte dell’edificio avevano sede gli uffici dell’ANMIG. Sulla cima di questa parte dell’edificio, il progetto prevedeva che fosse scolpito “Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra” ma in sede di realizzazione si optò per la seguente frase:  “Il sacrificio è un privilegio di cui bisogna essere degni”, chiaro riferimento ai mutilati visti come eroi della Patria.

La porzione di edificio di destra è invece ricoperta dalla Pietra di Finale dal tipico colore grigio rosato (la stessa pietra utilizzata per esempio per la Porta del Molo, quella che comunemente ed erroneamente chiamiamo “Siberia”, quindi una tipologia già presente a Genova). Qui avevano sede il Salone delle Assemblee e il Museo della Guerra. In mezzo alla facciata, tra due teste di medusa, campeggia la frase “La guerra è la lezione della storia che i popoli non ricordano mai abbastanza”, parole pronunciate da Carlo Delcroix, Presidente dell’ANMIG che sulla sua pelle portava i segni della guerra (nel primo conflitto mondiale, dopo aver salvato un commilitone, calpestando una mina aveva perso braccia e vista) e spesso erroneamente attribuite a Mussolini.

Al sommo di una curvilinea scala troviamo il portale d’ingresso che, avendo l’altezza dell’edificio, incornicia la porta d’ingresso e la sovrastante vetrata, realizzata dalla ditta Luigi Fontana di Milano su disegno di Antonio G. Santagata (in basso a sinistra si può leggere “a. g. Santagata” e sotto “FONTANARTE”). La scena di guerra si svolge su diversi piani ed è godibile nella sua interezza salendo lo scalone. Santagata, genovese che visse da soldato sulla propria pelle gli orrori della Prima guerra Mondiale nonché amico di Delcroix, fu autore anche degli affreschi della Sala delle Assemblee a Genova e principale affrescante della Casa Madre dei Mutilati di Roma (una curiosità: l’idea di affrescare gli interni della Casa Madre romana fu inizialmente osteggiata da Piacentini che però venne poi convinto da Delcroix). Alla destra dell’ingresso “sorveglia” l’edificio una scultura marmorea, opera di Guido Galletti, raffigurante la Vittoria Vigilante. 

A destra dell’edificio trova spazio il sacrario contenente la terra qui trasportata dal Montello e sullo sfondo il gruppo marmoreo “I Mutilati” opera di Eugenio Baroni (anch’egli soldato nel primo conflitto mondiale), inizialmente pensata dall’autore come bozzetto per il “Monumento al fante”, già esposto a Roma a Palazzo Venezia, che però non venne mai eseguito (la sofferenza che traspare dai personaggi del gruppo bronzeo, muti testimoni degli orrori della guerra, si scontrava con l’idea eroica del soldato della propaganda del Ventennio). 

Gli interni conservano gli originali arredi, molti dei quali recano inciso il simbolo dell’ANMIG ossia tre baionette e una corona di spine.














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14. Albaro



14.1 Villa Donghi  

Essa è situata in Salita della Noce, tratta dell'antica Via romana che dal centro di Genova, dopo aver attraversato San Vincenzo e San Fruttuoso, conduceva a San Martino e ad Albaro. 
Il corpo di fabbrica più antico della villa, risalente con tutta probabilità agli inizi del XVII Seoclo, segue i canoni dell'architettura degli edifici di villeggiatura del genovesato: l'esterno si presenta di forma parallelepipeda, sormontato da un'alta copertura a quattro falde; l'interno si presenta con un ampio atrio voltato su cui si affacciano gli altri ambienti e da cui diparte il monumentale scalone marmoreo che conduce ai piani superiori.
Posta sullo spigolo nord-est e antecedente alla villa, vi è l'antica torre: a pianta quadrata, è un esempio delle tante costruzioni difensive poste sulla costa e nelle vallate, realizzate a partire dal X secolo contro i possibili attacchi da lmare.
Nel XIX Secolo al corpo di fabbrica originario venne aggiunto un altro edificio.
Nel 1891 la villa venne venduta dal Marchese Donghi al Comune di Genova.
Lo sviluppo urbanistico novecentesco privarono la villa del suo giardino e snaturarono il contesto nel quale essa era inserita.
Attualmente la stessa è in stato di abbandono.







 

14.2 Villa Cambiaso


La facciata a mare di Villa Cambiaso
(foto di Antonio Figari)


La loggia al piano nobile di Villa Cambiaso
(foto di Antonio Figari)

 
14.3 Villa Bonino


Villa Bonino
(foto di Antonio Figari)


Particolare di un portale di Villa Bonino
(foto di Antonio Figari)


14.4 Villa Franzone

Sita in Via della Sirena, questa splendida villa fu costruita nel XVI Secolo per gli Airolo.
Divenne poi di proprietà dei Franzone.
Conserva ancora all'interno un bell'atrio, lo scalone affrescato e la loggia al primo piano.
Sono andati purtroppo perduti gli affreschi del soffitto del salone del primo piano, opera del Tavarone.

Anche gli affreschi in facciata, visibili nell'antica immagine qui sotto, oggi non sono più leggibili.



 

14.5 Chiesa di San Francesco d’Albaro


Una prima chiesa, sorta in questo luogo ed intitolata a San Michele, fu edificata nel XIII secolo. Un documento notarile del 1304 ci racconta che in quell’epoca la proprietà dell’edificio era in capo ai frati minori conventuali che in precedenza avevano sede nell’abbazia di San Giuliano. Nel 1316 gli stessi iniziano l’edificazione del convento e tra il 1323 ed il 1324 viene edificata la chiesa grazie ai finanziamenti ricevuti dalla famiglia Cebà che tanto farà, insieme nei secoli a venire ai Giustiniani, per abbellire ed ampliare la chiesa.

L’intitolazione a San Francesco sarà di poco successiva e nel 1544 viene aggiunto il titolo parrocchiale dell’antica chiesa intitolata ai Santi Nazario e Celso,  piccola chiesa in riva al mare che nel mentre era caduta in rovina a causa delle violente mareggiate che l’avevano colpita.

Aspetto gotico dell’edificio rimane evidente ancora oggi solo nel portale in facciata e nelle lapidi commemorative con stemmi araldici murate nella sala che si incontra entrando dall’ingresso laterale su Piazza Leopardi.

Gli interni subiscono un primo radicale intervento nel 1426 che interessa altare e coro, un secondo nel 1476 con il quale la chiesa assume l’aspetto attuale a tre navate con pianta a croce latina,  mentre un centinaio di anni dopo, e precisamente nel 1593-1595, un ulteriore intervento ricostruttivo interessa il coro.

L’apparato decorativo interno comprende alcuni affreschi risalenti al XV secolo raffiguranti “Allegorie delle Virtù”, immediatamente successivi agli interventi di ampliamento della chiesa del 1476, affreschi seicenteschi di Giovanni Battista Carlone nella volta della navata centrale raffiguranti “San Francesco in gloria” (affresco poi ampliato da Giovanni Agostino Ratti), ed affreschi  risalenti al 1754 opera di Giuseppe Galeotti nel transetto, abside e coro.

Sugli altari troviamo opere di Anton Maria Maragliano (gruppo ligneo del “Battesimo di Cristo”), Antonio Brilla (gruppo scultoreo della “Crocifissione”) e di Domenico Fiasella (dipinto dal titolo “ San Francesco che contempla Gesù e Maria”).

Nel refettorio del Convento è conservata un opera di Alessandro Magnasco “La cena in Emmaus”.

In un corridoio attiguo alla prima sala che si incontra entrando da Piazza Leopardi troviamo invece il monumento funebre del nobile Gio Battista Raggi, originariamente conservato in chiesa. Un curiosità: se osservate quanto scritto sotto il monumento vedrete delle parole mancati scalpellate via dai francesi alla fine del XVIII secolo e relative ai titoli nobiliari del Raggi.



14.6 Monastero di Santa Chiara in San Martino d'Albaro


In Via Lagustena, alla confluenza con Salita della Noce, si apre un bel portale che introduce il curioso nel Monastero di Santa Chiara.

Fu Monsignor Tedisio Camilla, alto prelato della Curia di Roma, cappellano di papa Innocenzo IV (di cui trovate una breve biografia nel paragrafo dedicato ai papi genovesi nella pagina dei poeti SANTI scrittori AVVENTURIERI) a volere che fosse costruito un monastero nella sua villa di Albaro e che lo stesso fosse affidato possibilmente all'ordine dei Predicatori o dei Frati Minori.

Così era scritto nel suo testamento a rogito Notaio Vassalino di Agneto, redatto il 24 giugno 1295. I suoi discendenti Camilla, coadiuvati dagli esecutori testamentari e da Jacopo da Varagine, arcivescovo di Genova, eseguirono quanto voluto dal "de cuius": venne adattata a monastero la villa del Camilla e fu eretta una chiesa dedicata a San Nicolò de Hirchis. Il complesso monastico fu affidato alla monache cistercensi nel 1299. Le stesse, anche a causa delle pesanti ingerenze nella vita del monastero da parte dei Camilla, che sullo stesso avevano il giuspatronato, abbandonarono questo luogo nel 1498. Il 25 marzo di quello stesso anno il monastero fu affidato alla clarisse e la chiesa fu intitolata a Santa Chiara. Il complesso crebbe tanto da arrivare ad ospitare nel XVI secolo più di 150 monache. A questo periodo di fioritura spirituale corrisponde anche un impulso ad un nuovo abbellimento della chiesa grazie alle donazioni delle nobili famiglie dei Centurione e dei Pallavicino, che, in cambio delle ingenti offerte, ottennero il diritto di essere sepolti in questa chiesa.

Questo periodo di abbellimento prosegue fino alla metà del Settecento. 

Seguirà un periodo di degrado fino alle definitiva chiusura per effetto dell'Editto Napoleonico del 1810. Le clarisse torneranno nel Monastero dopo qualche anno e vi rimarranno fino al 1999. Il 21 novembre di quell'anno, dopo 700 anni, le ultime monache lasciarono questo monastero che oggi è gestito e vive grazie all'opera della "Associazione Amici del Monastero di Santa Chiara APS".

La facciata dipinta sovrasta il sagrato di ciottoli bianchi e neri, un tipico risseu ligure eseguito nel 1654 su cartoni di Domenico Fiasella, autore anche di affreschi all'interno della chiesa. Il mosaico rappresenta episodi della Bibbia  (la cacciata di Adamo ed Eva, Abramo ed Isacco e l'arca di Noe e agli angoli i quattro simboli degli evangelisti).

Gli interni conservano affreschi di Luca Cambiaso, G.B. Carlone, Domenico Fiasella, Giuseppe Palmieri, Francesco Costa e Gio Agostino Ratti, eseguiti tra il 1550 ed il il 1750.

Il secondo altare sulla sinistra conserva "Il battesimo di Gesù", opera di Luca Cambiaso, commissionato da Paride Centurione e Battista Pallavicino. Sull'altare maggiore vi è un'altra opera del Cambiaso, "La deposizione di Cristo" sovrastata da un "Dio Padre benedicente" con il globo nella mano sinistra. Il coro delle monache, posto in una posizione sopraelevata, conserva splendidi stalli lignei che corrono lungo il perimetro.

Una curiosità: sopra la volta di copertura vi è la presenza di vasi acustici disposti su tre file longitudinali di cui la centrale sull'asse della chiesa. Se guardate con attenzione vedrete quattordici fori a cui corrispondono altrettanti vasi acustici. Si tratta di comuni giare in terracotta da olio, alte 90 cm e larghe 70, con la bocca di apertura rivolta verso il basso. L'interno delle stesse è interamente ricoperto di smalto vetroso.

Grazie a questo particolare "escamotage", la chiesa ha un'acustica invidiabile che ne fa uno dei luoghi più belli di Genova dove ascoltare concerti.



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15. Sturla


15.1 Villa Gentile

Sita nell'omonima via e circondata da un vasto parco, la villa fu edificata nel XIX secolo per volere dei Gentile. Passata in proprietà del Comune, dopo esser stata trasformata in ospedale militare ed in seguito abbandonata, venne distrutta negli anni 60 del ventesimo secolo ed oggi al suo posto sorge un campo di atletica leggera inaugurato nel 1971.
Dalle poche immagini giunte fino a noi possiamo notare il suo aspetto ottocentesco con logge e motivi neoclassici.
Una curiosità: il gruppo scultoreo del "Ratto di Elena", opera di Pierre Puget, originariamente conservato in una nicchia sul terrazzo di Palazzo Pantaleo Spinola in Strada Nuova e oggi nel Museo di Sant'Agostino, per un certo periodo "abito" qui divenendo parte della ricca collezione d'arte conservata in questa villa.


15.2 Oratorio dei SS. Nazario e Celso

Sito in Vico del Pesce, una piccola creuza tra Via del Tritone e Via del Bragone, a poca distanza dal mare, questo antico oratorio, nascosto tra le case, fu con ogni probabilità la prima sede della parrocchia di Sturla. Le prime notizie risalgono al 1184. Cessata la funzione di parrocchia divenne oratorio dedicato a San Rocco e ai Santi Nazario e Celso. Qui erano conservate tre statue lignee raffiguranti l'Immacolata e i due Santi Nazario e Celso e una pala d'altare, opera di Bernardo Castello, raffigurante i Santi Rocco Nazario e Celso, Caterina da Siena e e Sebastiano, oggi custoditi nella chiesa della SS. Annunziata di Sturla.
Le pareti interne conservano un ciclo di affreschi databile dal XV al XVII secolo raffigurati scene della Passione come l'Orazione nell'orto, la Cattura e la Condanna di Cristo, la Flagellazione e la Coronazione di spine. 


15.3 Le arcate dell'antica ferrovia

In Piazza Cadevilla sopravvivono, mute testimoni del tempo che fu, tre arcate sopra le quali un tempo correvano i binari della linea ferroviaria originaria oggi sostituita più a monte da una linea a doppio binario. 
Poco lontano da questi archi, nel retro del negozio Tonet in Via Sclopis, c'è l'antica galleria della ferrovia oggi parzialmente utilizzata come magazzino del negozio stesso.


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16. Quarto


16.1 Villa Spinola, Carrara

Sita anticamente lungo Via Augusto Vecchi, un'antica creuza genovese, oggi ha il suo ingresso principale in Via Cinque Maggio.
Questa villa, voluta dagli Spinola come casa di villeggiatura, fu edificata nel 1480. La proprietà passerà successivamente ai Passano e poi ai Carrara.
L'originario volume rettangolare con torre quadrata viene stravolto da interventi settecenteschi che portano all'aggiunta di un'ala e all'abbassamento della torre.
La facciata conserva una decorazione tardo settecentesca con riquadri e lesene.
Il parco, ancora oggi vastissimo, con prati all'inglese e alberi centenari, corre dal mare fino a Corso Europa.


16.2 Villa De Albertis

Sita in Via Romana di Quarto al civico 103, questa villa fu edificata per volere degli Spinola nel 1543. All'epoca il parco che circondava la villa, esteso per 14.000 mq, saliva fino ad Apparizione e correva verso mare fino alla Castagna.
La proprietà passerà ai Doria nel 1737, poi ai Cristofanini e nel 1890 fu acquistata dal Conte Domenico De Albertis.
Dell'originaria costruzione cinquecentesca rimane la forma del palazzo a "L" con con loggia, oggi chiusa, e la torre, elevata di un piano da De Albertis, il quale volle anche aggiungere al palazzo un'intera ala e far dipingere la facciata a bande bianco e nere.
Gli interni conservano le decorazioni settecentesche negli affreschi alle pareti e sui soffitti.


16.3 Chiesa di Santa Maria della Castagna

Sita lungo l'antica Via Romana di Quarto, questa chiesa venne edificata in stile romanico nel XII Secolo. Appartenente al vicariato di Nervi, diventerà autonoma parrocchia nel 1771.
Al XVII secolo risalgono i lavori di trasformazione che renderanno gli interni barocchi.
Rimangono ancora visibili, dell'originario apparato romanico, tracce in facciata e una colonna all'interno.
Nella chiesa si conserva un'icona raffigurante la "Madonna delle Grazie" opera di Andrea d'Aste risalente al 1424, proveniente dal Convento del Chiappeto, soppresso con le leggi napoleoniche, ed una pala d'altare  di Luca Cambiaso raffigurante "San Rocco tra i santi Sebastiano ed Erasmo", quest'ultimo proveniente dal demolito Oratorio di San Rocco di Priaruggia (poi ricostruito nell'ottocento accanto alla parrocchiale).
Dal 1968 questa chiesa è affidata ai monaci benedettini.
Una curiosità: qui soggiornò, nel 1809, prigioniero di Napoleone, papa Pio VII che nell'occasione concesse il privilegio dell'indulgenza plenaria quotidiana in perpetuo.



16.4 Chiesa di San Giovanni Battista

Nata come succursale della Chiesa Plebana di San Siro di Nervi, dal 1143 diviene parrocchiale di Quarto comprendendo nel suo territorio le località di Pontevecchio, Priaruggia e Castagna.
La facciata presenta la tipica struttura a capanna delle chiese romaniche con rosone centrale e di impronta medievale erano i fianchi esterni della chiesa con finestre e strombo e gli interni ad un'unica navata.
Il tutto venne stravolto dopo l'incendio del 1629, a seguito del quale, la chiesa venne ricostruita, anche grazie ai finanziamenti degli Spinola che sulla Chiesa avevano un giuspatronato,  seguendo i canoni architettonici del tempo: la facciata venne innalzata ed il rosone venne sostituito da tre finestre, l'abside fu allungata e gli interni assunsero l'aspetto barocco che ancora oggi conservano.
Il sagrato della chiesa è ricoperto da un tipico risseu a pietrine bianco e blu.
In facciata troviamo un bel bassorilievo quattrocentesco raffigurante una Annunciazione e due epigrafi scolpite datate 1292 e 1365.
All'interno da segnalare un'opera cinque-seicentesca di Giovan Battista Castello raffigurante l'"Omaggio di potenti della terra a Gesù Bambino".
Una curiosità: pochi sanno che in questa chiesa si sposarono Fabrizio de André e Enrica "Puny" Rignon il 26 luglio 1962 e  che qui furono battezzati entrambi i figli di colui che vi scrive.


16.5  Ospedale di San Giacomo

In Via Romana di Quarto al civico 91, si erge un edificio la cui storia si perde nei secoli.
Si tratta dell'antico ospedale di San Giacomo fondato nel XIV secolo in un luogo di passaggio a poca distanza dalla chiesa di San Giovanni Battista, poco sopra descritta, dalla quale dipendeva (per questa ragione in origine era detto "di San Giovanni Battista").
La sua funzione ospedaliera, nella sua accezione medievale di "hospitale", era quella di dare assistenza e protezione ai pellegrini di passaggio che si dirigevano verso Roma.
In facciata "sopravvivono" ancora oggi le bifore dell'antica torre, la merlatura nel cornicione sotto il tetto, l'affresco raffigurante San Giacomo a cavallo e tracce di decorazioni.
La cappella del complesso fu dotata nel '700 di un campanile ancora oggi visibile.
Dismessa la sua funzione a seguito delle leggi napoleoniche di soppressione degli ordini religiosi, divenne dapprima una stalla, poi un pastificio ed oggi è diviso in abitazioni ad uso civile.


16.6 "Pontevecchio"

A poca distanza dall'Ospedale di San Giacomo, alla confluenza del fiume Sturla e del torrente Penego (oggi ricoperto), c'è un antico ponte a due arcate detto "Pontevecchio" (da lui prende il nome questa località ed oggi anche una vicina via).
Nel XIX secolo, con la nuova strada mare e un nuovo ponte sullo Sturla, il traffico su questo antico manufatto diminuì considerevolmente relegandolo ad un ruolo marginale non degno della sua antica storia.


16.7 I lavatoi di Via Romana di Quarto

In via Romana di Quarto, tra i civici 115 e 117, sopravvivono, è proprio il caso di dirlo, nonostante l'età avanzata e la mancanza di decoro dovuta al tempo e all'incuria, gli antichi lavatoi pubblici che servivano le case della zona.
Una targa marmorea ancora ammonisce: 

"E' SEVERAMENTE VIETATO
ATTINGERE ACQUA PER USI
NON DOMESTICI"

In realtà, nonostante la presenza di un rubinetto e delle vasche ancora intatte, l'acqua qui ha smesso di scorrere ormai da molto tempo purtroppo.



16.7 Osteria del Bai

Sita sul lungomare di Quarto, questa antica osteria occupa gli spazi di un antico fortilizio costiero costruito in funzione anti saracena.
Si racconta che il primo nome fosse Osteria dei Pini poiché dagli stessi alberi era circondata.
Qui pranzarono molti personaggi noti come Papa Pio VII e Giuseppe Garibaldi.
L'Osteria, dopo esser rimasta chiusa qualche tempo, è rinata con una nuova gestione e la sua storia continua.



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17. Quinto

17.1 Villa Pallavicini, ora Istituto Suore dell'Immacolata

Sita in Via Giannelli al civico 50 e trasformata in istituto scolastico, conserva purtroppo ben poco dell'antica bellezza di villa suburbana circondata da un grande parco oggi quasi del tutto inesistente, tagliato a monte dalla ferrovia e a valle dalla litoranea.


17.2 Oratorio di Sant'Erasmo

L'edificazione di questo oratorio risalirebbe al XV Secolo. 
All'esterno  si presenta con una semplice facciata a capanna. 
Risale al 1528 il polittico, opera di Perin del Vaga, raffigurante Sant'Erasmo tra i Santi Pietro e Paolo (l'originale, conservato all'Accademia Ligustica delle Belle Arti, fu venduto  per problemi economici e oggi nell'oratorio è conservata una copia). 
Tra le opere qui conservate è da segnalare una scultura raffigurante Sant'Erasmo, opera di Anton Maria Maragliano  acquistata dall'oratorio nel 1711.


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18. Nervi


18.1 Il ponte romano di Nervi

L'antico ponte, che scavalca il torrente che dal borgo prende il nome, ha con tutta probabilità fondamenta di epoca romana.
Alle sue spalle si erge la cinquecentesca Villa Gnecco, di cui trovate la storia al paragrafo seguente ed una foto che ritrae insieme questi due gioielli di Nervi.



18.2 Villa Gnecco


Edificata alla fine del XVI Secolo, questa villa si presenta come un grande corpo quadrato con ai quattro lati altrettante torri con basamento a scarpata. 
L'interno si presenta con un grande salone affrescato e uno scalone in pietra nera e colonne di marmo che conduce al piano nobile.
Il parco che anticamente la circondava si estendeva fino a mare e vi era inpiantato un magnifico aranceto voluto dal Conte Gerolamo Gnecco, famoso botanico del XVIII Secolo, aranceto che fu visitato da personaggi del calibro di Thomas Jefferson, "gentleman farmer" della Virginia e terzo presidente degli Stati Uniti d'America, il quale venne in Italia per studiare i metodi di coltivazione che avrebbe poi "esportato" nei suoi possedimenti in Virginia.
Il Conte Gnecco, oltre ai terreni di Nervi, il 13 febbraio 1741 acquistò dalla "Magnifica comunità di Camogli" anche alcuni terreni a Punta Chiappa dove, con grandi spese, riuscì a far terrazzare i terreni per inpiantarvi coltivazioni di castagni, olivi e fichi. A Punta Chiappa venne ospitato Lord George Gordon Byron che a quel luogo dedicò un componimento. 
Nel Novecento villa Gnecco di Nervi divenne un albergo e il terreno circostante venne via via lottizzato e vennero edificato numerosi condomini.
I possedimenti di Punta Chiappa invece sono tuttora di proprietà dei discendenti del conte Gerolamo Gnecco, figli dell'ultima contessa Gnecco, mia nonna Maria Vittoria.



18.3 Villa Gropallo

Costruita nella seconda metà del Settecento per volere del Marchese Francesco Gropallo, venne ristrutturata nell'Ottocento da Gaetano Gropallo il quale volle dare nuova vita al parco sostituendo aranci e ulivi con piante esotiche quali palme e altre specie non presenti nel territorio genovese.
La villa passò al comune di Genova nel 1927 ed oggi è sede della biblioteca "V. Brocchi" e della locale stazione dei Carabinieri. 



18.4 Villa Saluzzo Serra



Edificata nel XVII Secolo, questa villa fu di proprietà dei Saluzzo, dei Morando ed infine dei Serra che la cedettero all'armatore Carlo Barabino.
Acquistata dal Comune di Genova nel 1926, divenne sede della Galleria d'Arte Moderna.
Lo splendido parco, come per la vicina Villa Gropallo, fu progressivamente trasformato da aranceto e uliveto in uno splendido giardino all'inglese dove sono conservate tuttora molte specie non autoctone. Tra le tante, mi piace ricordare due maestose Jubaea Chilensis (palme cilene) alte una decina di metri che si notano anche passando in Via Capolungo.
A fianco della villa vi è una piccola cappella settecentesca.



18.5 Villa Grimaldi Fassio



Edificata nel XVI Secolo, nel Novecento passa in proprietà agli armatori Fassio Lomellini che la ristrutturano negli anni cinquanta del Novecento affindando il progetto all'architetto Luigi Carlo Daneri.
Acquistata dal Comune di Genova nel 1979, oggi ospita le Raccolte Frugone.
Nel parco della villa vi è il famoso roseto di Nervi, da poco ritornato al suo antico splendore.



18.6 Villa Luxoro


Costruita a Capolungo tra il 1901 ed il 1903 per volontà dei fratelli Luxoro, questa villa, circondata da uno splendido parco a picco sul mare, si presenta come un edificio a blocco chiuso con la parte centrale sporgente e una loggia sostenuta da colonnine sul lato destro.
Donata al Comune di Genova, dal 1951 ospita il Museo Luxoro, attualmente chiuso al pubblico, tipico esempio di abitazione ammobigliata della ricca borghesia genovese di fine ottocento. Si segnala, tra i tanti oggetti conservati nella villa, alcune splendide statuine da presepe del XVII e del XVIII Secolo.



18.7 Il Giardino Zoologico di Nervi 

Nel 1930 venne creato nei Parchi di Nervi un giardino zoologico di cui oggi nulla rimane se non qualche antica immagine che ne  documenta l'esistenza. La sua fu una breve esistenza che terminò con la Seconda Guerra Mondiale.

 
(...continua)

6 commenti:

  1. Che bello vedere Sampierdarena e la bellezza delle sue ville!
    Complimenti per il sito!
    Marco

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  2. grande ioda anni mi sono trasferito a savona per ragioni di cuore diciamo ma riscopro le sensazioni legate alla mia citta' con le vostre foto e la vs. narrativa complimenti (sena a le cumme a moe nu sa ascorda mai ciu)

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    1. Felice di farti rivivere belle sensazioni (e grazie per il "voi" ma sono solo uno!?!).

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  3. complimenti per l'esposizione del sito.

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