1. Centro
Un'immagine della grotta dello Zerbino (foto di Antonio Figari) |
Costruita intorno al 1560 per volere di Tobia Pallavicino, essa sorge sulla collina di San Bartolomeo degli Armeni.
Gli interni conservano ancora splendidi affreschi opera dei fratelli Semino, del Cambiaso, del già citato Bergamasco, mentre gli stucchi nelle logge un tempo aperte sono opera di Marcello Sparzo.
Particolare e unico rimasto in tutta Genova è il famoso bagno esagonale del piano terreno, progettato dall'Alessi e eseguito materialmente dallo Sparzo, una meraviglia che ci fa capire come dovevano essere i bagni delle dimore cinquecenteche della Superba.
Il giardino conserva una grande peschiera con al centro un satiro opera di Giovanni Paracca e al piano sottostante una grotta artificiale (di cui trovate descrizione e immagini nella pagina dedicata a la GENOVA sotterranea).
Alizeri così descrive questa Villa: "(...) e con su gli occhi si splendide viste godean distrarsi gli antichi signori, non so se da faticosi negozi, ma certo dagli svaghi cittadini. I costumi del secolo avean sostituito ai gentili e modesti ornamenti ed agli emblemi della pietà le bizzarre favole che trastullan lo spirito e le lascivie che snervan l'ingegno. Ma in quelli errori non può negarsi magnificenza; e il Palazzo delle Peschiere i cui dipinti corsevan la primitiva freschezza, vorrà contarsi tra gli esempi più illustri".
Sita a pochi passi dall'Acquasola, questa villa apparteneva nel XV Secolo a Bartolomeo Bosco che la donò all'Ospedale di Pammatone unitamente al Bosco Sacro dell'Acquasola che svolgeva funzione sepolcrale.
L'attuale aspetto è dovuto all'intervento ottocentesco dell'architetto Michele Canzio.
Divenuto proprietà Balbi e poi Serra, viene acquistato dal Comune di Genova nel 1888.
Tra le sua tante funzioni, lo ricordiamo quale sede del Genoa, del Club Alpini Italiani e infine del Museo dell'Attore fino a pochi anni fa.
Oggi l'edificio è vuoto e in attesa di nuova destinazione.
1.5 Villa Grimaldi in Bisagno
Progettata da Galeazzo Alessi tra il 1552 e il 1554 e tra gli esempi meglio riusciti di villa suburbana genovese, essa si trovava fuori dalla cinta muraria cittadina e i suoi giardini si estendevano tra le attuali Via Carcassi e Piazza Verdi.
Nel palazzo era presente uno splendido bagno lodato dal Vasari, che doveva essere del tutto simile agli altri bagni progettati nelle ville cinquecentesche genovesi dall'Alessi e di cui oggi il solo esempio perfettamente conservato si trova nelle Villa delle Peschiere di cui vi parlo in questa pagina al paragrafo precedente.
Nell'Ottocento, dopo esser passata di mano prima dai Grimaldi ai Cybo ed infine ai Sauli, essa fu dapprima trasformata in fabbrica di veli e successivamente divisa in appartamenti, il tutto mentre intorno ad essa l'architetto ed urbanista Bararabino progettava la nuova Genova ottocentesca strappando ad essa il suo giardino.
Nel 1897 la Villa, dopo aver rischiato di essere abbattuta per far posto ad otto caseggiati, fu acquistata dal Comune di Genova.
Oggi, dopo un recente restauro, essa è divenuto un condominio; dell'antica bellezza conserva però ben poco dopo le trasformazioni ottocentesche: senza più lo spendido cortile loggiato che dava verso Via San Vincenzo, con la loggia al piano nobile tamponata e sopraelevata di alcuni piani, essa rimane solo un triste palazzo che pochi riconoscerebbero in quello splendore raccontato da chi la visitò nella sua epoca d'oro.
Gli affreschi del Cambiaso che ornavano il piano nobile del Palazzo, staccati dalla Villa nell'epoca del suo massimo declino, sono oggi conservati nel Museo di Sant'Agostino, splendida testimonianza dell'antica maestosità di questa tipica villa suburbana genovese.
1.6.3 Il Gigante
Nel 1586 Giovanni Andrea Doria fa erigere nei giardini a monte del palazzo una statua raffigurante Giove. Il compito viene affidato a Marcello Sparzo, plasticatore urbinate che tanto lavorò a Genova sia a Palazzo del Principe che in altri edifici civili e religiosi (ricordiamo ad esempio la splendida facciata di Palazzo Imperiale a Campetto o la Chiesa di San Rocco, quest'ultima sul colle che dominava i giardini settentrionali di Villa del Principe).
In stucco, alta più di otto metri e collocata entro una nicchia, questa imponente statua (da tutti ribattezzata "Il Gigante"), con ai piedi un'aquila, simbolo della casata dei Doria, si inseriva nel filone dei cosiddetti "colossi" che tanto andavano di moda in quel periodo storico caratterizzato da campagne di scavo e ritrovamenti di molti pezzi appartenenti al periodo classico.
Una possibile fonte di ispirazione per questo colosso che, come Vi dicevo, si rifaceva a modelli classici, è il Commodo a mo' di Ercole ritrovato in Campo de' Fiori a Roma nel 1507.
Nel 1939, oramai in stato di forte degrado, la statua, che nel frattempo aveva perso il contesto nel quale si inseriva (non esistevano più i giardini a monte di Palazzo del Principe e davanti al Gigante era stato eretto, una trentina di anni prima, l'Hotel Miramare) venne abbattuta.
Leggende metropolitane vogliono che la testa ed i piedi del Gigante non siano andati perduti ma questa circostanze, almeno per ora, non è conformata da alcuna prova.
Come vi raccontavo poco sopra, quando il Gran Roldano morì, il Doria volle che fosse sepolto ai piedi del "Gigante". Mentre quest'ultimo fu abbattuto nel 1939, la lapide che chiudeva il sepolcro del fedele Roldano è ancora oggi presente in Via Pagano Doria, sebbene erbacce e incuria la nascondano alla vista del passante.
Essa è una villa suburbana costruita nel 1565 per volere del Doge Ambrogio Di Negro (che in città possedeva il palazzo sito in Via San Luca al civico 2).
All'epoca si trovava in una zona fuori dalle mura, oggi invece è soffocata dal quartiere di San Teodoro e affaccia su Piazza Dinegro e dalla linea ferroviaria che oggi passa quasi sotto le finestre della villa lato mare.
Passata in proprietà ai Durazzo, a fine del Settecento viene rimaneggiata in stile neoclassico ad opera dell'architetto Tagliafichi.
Il soprannome "Scoglietto" è dovuto al fatto che la villa venne eretta su uno scoglio in una zona extraurbana.
Gli interni conservano begli affreschi nell'altro e nel piano nobile dove sono affescati, nella volta del salone principale, le imprese del Doge Ambrogio di Negro contro i Corsi.
La cosa che più amo di questa villa è lo splendido ninfeo, retrostante la villa, risalente al XVI secolo: una meraviglia fatta di conchiglie, piccole pietre colorate e addirittura stalattiti naturali trasportate qui da grotte nell'entroterra di Lavagna, come potete notare dalle foto qui di seguito.
La villa conserva ancora il giardino verso monte, progettato dal Tagliafichi, mentre è andato perduto il lato mare.
Il ninfeo di Villa Rosazza (foto di Antonio Figari) |
Particolare dell'esterno del ninfeo di Villa Rosazza (foto di Antonio Figari) |
Le stalattiti del ninfeo di Villa Rosazza (foto di Antonio Figari) |
Interno del ninfeo di Villa Rosazza (foto di Antonio Figari) |
Il soffitto del ninfeo di Villa Rosazza (foto di Antonio Figari) |
Conchiglie nel ninfeo di Villa Rosazza (foto di Antonio Figari) |
Altre conchiglie nel ninfeo di Villa Rosazza (foto di Antonio Figari) |
2. Granarolo
Il portale di villa Airolo Lomellini (foto di Antonio Figari) |
"Popolo genovese esulta. L’insurrezione, la tua insurrezione, è vinta. Per la prima volta nel corso di questa guerra, un corpo d’esercito agguerrito e ancora bene armato si è arreso dinanzi a un popolo. Genova è libera. Viva il popolo genovese, viva l’Italia."
Sono le parole, come specificato sulla lapide, che pronunciò Paolo Emilio Taviani, nome di battaglia "Pittaluga" (futuro membro dell'Assemblea Costituente, parlamentare tra le file della Democrazia Cristina e più volte ministro della Repubblica), il 26 aprile 1945 da qui, ove sorgeva la stazione radio di Granarolo.
La lapide vennè inaugurata il 6 novembre (giorno di nascita di Taviani) del 2013.
2.5 La Cremagliera di Granarolo
Lunga 1.136 metri, con un dislivello di 194 metri e una pendenza media del 16%, questa cremagliera in 11 minuti circa collega Principe a Granarolo.
Costruita nel 1901 da una società privata, essa è una linea ferroviaria a cremagliera e questo la rende unica nel panorama genovese.
3. Sampierdarena
3.a Le Ville di Sampierdarena
La passeggiata alla scoperta delle Ville di Sampierdarena inizierà da Villa Pallavicino (ora Gardino), la prima Villa in cui ci si imbatte superata la Lanterna, per poi proseguire su un ipotetico asse lungo il quale si affacciano la maggior parte delle Ville ed infine sulla collina verso i forti che sovrastano Sampierdarena.
3.a.1 Villa Pallavicino (Gardino)
Villa Pallavicino (Gardino) (foto di Antonio Figari) |
Il volume cubico è di chiara derivazione alessiana.
Verso monte si apre una triplice loggia che anticamente affacciava sui giardini.
Gli interni, ordinati secondo l'asse visuale mare-palazzo-giardino, si mantengono inalterati al piano terreno, mentre soppalcature e tramezzi del piano nobile nascondono l'antico splendore.
Attualmente la villa è in fase di restauro dopo un lungo abbandono come evidenziato nella foto che vedete.
3.a.2 Villa Negrone (Moro)
Sita in Via Luigi Dottesio all'angolo con Via G.B. Carpaneto, essa è la prima villa che incontriamo lungo quell'antico asse su cui affacciano la maggior parte delle Ville di Sampierdarena.
Il periodo di edificazione non si discosta da quello di Villa Pallavicino (Gardino) con la quale condivide evidenti caratteristiche stilistiche sia esterne che interne con i due ingressi, uno lato mare e l'altro verso il giardino a monte.
Conserva all'interno una bella loggia angolare al piano nobile.
In quelli che furono gli antichi giardini, oggi lottizzati, è ancora presente l'antica torre di questa villa, oggi inglobata in un edificio ottocentesco: interessante la sua forma, ottagonale, un "unicum" nel panorama genovese, e le scale realizzate con il legno di antichi alberi di navi (questi legni, temprati dal mare, avevano una seconda vita nei palazzi genovesi ed in particolare venivano utilizzaati come travi nei tetti: ancora oggi non è difficile trovare queste possenti travi, ex alberi di navi, in tanti palazzi dei vicoli e non solo).
3.a.3 Villa Pallavino (Moro)
Edificata lungo l'attuale Via Dottesio, a poca distanza da Villa Negroni (Moro), è stata demolita nel XX Secolo e al suo posto sorge oggi, leggermente arretrato rispetto all'antico edificio, un anonimo palazzo di edilizia popolare.
Rimane, a testimonianza dell'antico splendore, miracolosamente sopravvissuta alle demolizioni, la parte bassa della facciata ed il portale.
3.a.4 Villa Pallavicino
Sita in Via Sampierdarena al civico 71, questa villa era una delle tante costruite lungo il litorale di Sampierdarena e circondate da splendidi giardini.
Edificata con tutta probabilità tra il XVI e il XVII secolo per volere di un ramo della famiglia Pallavicino, essa si presenta con una pianta quadrata sormontata da un tetto a quattro falde.
Gli ingressi erano due: il principale verso sud e quello che dava sui giardini a nord.
L'interno, dopo un attento restauro, ha riacquistato l'originaria conformazione dello scalone che si conclude nella loggia del piano nobile che si apre sul grande salone.
Dell'originaria decorazione pittorica rimane traccia solo nella scala di servizio che dalla loggia conduce al sottotetto: motivi a grottesche con medaglioni che racchiudono figure allegoriche di qualità esecutiva elevata, piccola traccia superstite di quella meraviglia che dovevano essere gli altri affreschi che adornavano questa villa.
3.a.5 Villa Spinola di San Pietro
Particolare della volta del salone al piano nobile con le "Imprese di Megollo Lercari" (foto di Antonio Figari) |
Schiavi in catene nel salone con le "Imprese di Ambrogio Spinola" (foto di Antonio figari) |
"Perseo e le Forcidi", opera di Gio Andrea Ansaldo (foto di Antonio Figari) |
"Atena e Mercurio consegnano le armi a Perseo che le prova", opera di Gio Andrea Ansaldo (foto di Antonio Figari) |
"Perseo decapita Medusa", opera di Gio Andrea Gio Andrea Ansaldo (foto di Antonio Figari) |
Il ninfeo nascosto tra i palazzi (foto di Antonio Figari) |
Il mascherone del ninfeo (foto di Antonio Figari) |
3.a.6 Villa Grimaldi detta "La Fortezza"
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La splendida loggia al piano nobile di Villa Grimaldi (foto di Antonio Figari) |
Particolare della loggia al piano nobile di Villa Grimaldi (foto di Antonio Figari) |
Il soffitto della loggia al piano nobile di Villa Grimaldi (foto di Antonio Figari) |
Particolare di uno degli affreschi del piano nobile di Villa Grimaldi (foto di Antonio Figari) |
Affreschi del piano nobile di Villa Grimaldi (foto di Antonio Figari) |
3.a.7 Villa Imperiale Scassi detta "La Bellezza"
Villa Imperiale Scassi vista da Villa Grimaldi (foto di Antonio Figari) |
Questa villa fu edificata tra il 1560 ed il 1563 per volere di Vincenzo Imperiale il quale affidò il progetto ai fratelli Domenico e Giovanni Ponzello che si ispirarono alle ville genovesi progettate da Galeazzo Alessi, come si nota già nella facciata, molto simile a Villa Cambiaso di Albaro progettata dall'Alessi (e di cui vi parlo in questa pagina nella sezione dedicata ad Albaro).
L'atrio è affrescato nella volta da Giovanni Carlone con scene mitologiche e decorato con statue nelle nicchie opera di Marcello Sparzo, stuccatore urbinate che tanto lavorò a Genova, del quale sono anche le statue che si trovano lungo lo scalone.
Bernardo Castello è l'autore degli affreschi della loggia del piano nobile con episodi della Gerusalemme Liberata.
Nel 1821 Onofrio Scassi decise di ridare alla villa l'antico splendore affidando il progetto all'architetto Nicolò Barabino. A questo periodo risalgono anche gli interventi decorativi in stile neoclassico ad opera di Michele Canzio e Gaetano Centenaro.
La volta della loggia del primo piano (foto di Antonio Figari) |
Particolare della loggia del primo piano (foto di Antonio Figari) |
Accanto alla loggia vi era una piccola cappella, oggi spogliata dei suoi arredi, che conserva ancora gli originali stucchi.
A monte della villa vi era uno splendido giardino a terrazze dove vi erano ninfei, fontane e un lago artificiale con una grande voliera (oggi, dove sorgeva il lago, vi è l'ospedale).
Il giardino, ancora oggi in parte conservato, venne privato del collegamento con la villa prima con la costruzione di uno stadio dove giocava la Sampierdarenese, in seguito sostituito da Via Cantore che ancora oggi divide il parco dalla villa.
3.a.8 Villa Lercari detta "La Semplicità"
Villa Lercari detta "La Semplicità" (foto di Antonio Figari) |
Edificata tra il 1558 e il 1563 per volere della famiglia Lercari su progetto di Bernardino Cantone in collaborazione con Bernardo Spazio, essa è nota con l'appellativo de "La Semplicità" per la linearità delle sue forme che danno armonia a tutto l'edificio.
Di forma cubica, aveva un portale di ingresso rivolto verso ponente, speculare e simmetrico rispetto alla Fortezza, e uno scalone che conduceva al piano nobile dove due logge sui prospetti laterali davano luce al grande salone.
La villa subì gravi danni durante la Seconda Guerra Mondiale. Negli anni sessanta radicali interventi e la suddivisione in appartamenti ne hanno alterato le forme originarie.
3.a.9 Villa Doria delle Madri Franzoniane
Parte della facciata su Via Cantore e la torre di Doria delle Madri Franzoniane (foto di Antonio Figari) |
3.a.10 Villa Crosa Diana
Il salone di ingresso al piano nobile di Palazzo Crosa Diana (foto di Antonio Figari) |
Particolari degli affreschi del salone di ingresso al piano nobile di Palazzo Crosa Diana (foto di Antonio Figari) |
3.a.11 Villa Serra Doria Monticelli
Particolare della volta affrescata del salone al piano nobile di Villa Doria Monticelli (foto di Antonio Figari) |
3.a.12 Villa Cambiaso
(...continua)
3.a.13 Villa Pallavicino Credito Italiano
(...continua)
3.a.14 Villa Centurione detta "del Monastero"
3.a.15 Villa Serra Doria Masnata
antica immagine di Villa Serra Doria Masnata |
Villa Serra Doria Masnata all'epoca della costruzione di Via Cantore |
Villa Serra Doria Masnata come appare oggi (foto di Antonio Figari) |
Villa Centurione Carpaneto (foto di Antonio Figari) |
Sito nell'odierna Piazza Montano, questa villa fu edificata per volere di Cristoforo Centurione. Non si conosce con esattezza la data di costruzione.
Bernardo Strozzi, "Orazio Coclite sul ponte" (foto di Antonio Figari) |
Bernardo Strozzi, "Didone con Enea nell'antro" (foto di Antonio Figari) |
Bernardo Strozzi, "Curzio che precipita nella voragine" (foto di Antonio Figari) |
3.a.17 Villa Doria De Mari, Istituto Don D'Aste
Villa Doria De Mari (foto di Antonio Figari) |
Particolare della volta affrescata di una delle sale al piano terreno di Villa Doria De Mari (foto di Antonio Figari) |
3.a.18 Villa De Ferrari
Sita in Via Bersezio con ingresso al civico 43, non distante dalla strada che porta al Forte Crocetta, essa mantiene ancora intatte le caratteristiche di villa di inizio cinquecento nel volume e nella grande loggia angolare a due fornici per lato, originariamente aperta, oggi chiusa da vetrate.
3.b. I palazzi di Sampierdarena
In questo paragrafo Vi descriverò alcuni palazzi di Sampierdarena che hanno attirato la mia attenzione.
3.b.1 Palazzina del club "Fratellanza e Progresso fra Carbonai"
Sita in Via Pietro Chiesa al civico 14, questa palazzina fu progettata, in stile liberty, nel 1911 dall'Ing. Ettore Geri per divenire sede dei carbonai che all'epoca erano più di 3.000: il carbone, fonte di energia primaria all'epoca, rappresentava il 70% del volume del traffico portuale.
Nel novantesimo anniversario dalla sua costruzione, il pittore sampierdarenese Carlo Clerici affescò il salone principale con scene della vita degli scaricatori di carbone.
3.b.2 Palazzina Bertorello (già sede della Lega Navale)
Posta tra Lungomare Canepa e Via Sampierdarena, quasi all'incrocio di quest'ultima con Via Chiesa, sopravvive una singolare palazzina detta "Bertorello" dal nome di uno dei suoi antichi proprietari.
Costruita negli anni subito antecedenti la Prima Guerra Mondiale, in stile liberty, fu destinata a sede della Lega Navale (quando il mare ancora era a pochi passi da Via Sampierdarena, nonostante, con l'arrivo della ferrovia, si fosse già dato inizio all'irrecuperabile allontanamento graduale del borgo dal mare).
Non a caso il tema "navale" viene ripreso nelle decorazioni esterne, con ancore e gomene sulla facciata al primo piano, ed interne, con rappresentazioni di cantieri navali e piroscafi sulla volta dello scalone e tanti piccoli particolari "navali" sulle balaustre interne e perfino nelle maniglie delle porte.
Perduta la vicinanza al mare e la sua funzione di sede della Lega Navale, divenne, nel secondo dopoguerra, prima sede della Cassa Mutua Portuali, poi sede della USL.
Oggi, in parte coperta da impalcature e con i piani superiori non agibili a causa del cedimento di alcuni solai, è in attesa di una nuova rinascita.
3.b.3 Edificio sede del Club Nautico Sampierdarenese
In Via Sampierdarena al civico 16, esiste ancora uno degli edifici che insistevano sull'antico "Lungomare Sampierdarenese": si tratta della sede di quello che fu il Club Nautico Sampierdarenese.
3.b.4 Ex Magazzini del Sale
3.b.5 Palazzo dei Pagliacci
Sito in Corso Martinetti al civico 55, questo edificio fu edificato nei primi anni del Novecento.
Particolarmente interessante la facciata e il corpo scale realizzati secondo i dettami dell'architettura "liberty" e caratterizzati da eleganti linee architettoniche e motivi ornamentali.
E' detto "dei pagliacci" perchè un tempo vi era affrescata in facciata la figura di un clown, oggi purtroppo scomparsa.
Negli anni '60 del XX Secolo ha rischiato di essere demolito per lasciare spazio ad un autosilo ma per fortuna, grazie all'impegno dei cittadini e delle istituzioni, venne salvato e sottoposto a vincolo con la motivazione che esso rappresenta a Genova l'unico palazzo nel quale si vede chiaramente la transizione dallo stile liberty floreale a quello invece caratterizzato da disegni geometrici.
3.c Le chiese di Sampierdarena
Ingresso laterale della Chiesa di Santa Maria della Cella e San Martino (foto di Antonio Figari) |
3.c.2 Chiesa della Natività di Maria Santissima (conosciuta anche come Santuario di Nostra Signora di Belvedere)
Le torri di Sampierdarena si possono dividere in due categorie: le torri che potremmo definire "pubbliche", erette lungo il litorale per proteggere l'antico borgo, e le torri "private", costruite adiacenti alle ville a protezione delle stesse (e di cui troverete le foto nel precedente paragafo dedicato alle ville di Sampierdarena).
La tradizione popolare parla di sette torri "pubbliche", ubicate lungo la costa, poste a protezione del piccolo borgo: oggi ne rimangono ancora in piedi tre: la Torre del Labirinto, la Torre dei Frati e la Torre del Canto.
3.d.1 Torre del Labirinto
Sita nel quartiere della Coscia, all'interno di un cortile, essa mantiene ancora la sua struttura originaria e l'antica bellezza, nonostante il degrado e l'abbandono a cui è sottoposta.
La torre del Labirinto nella zona della "Coscia" a Sampierdarena (foto di Antonio Figari) |
3.d.2 Torre dei Frati
Sita nei pressi dell'attuale Vico Raffetto, vi è la Torre dei Frati, così chiamata perchè posta nei possedimenti dei monaci del romitorio della Chiesa di Sant'Antonio (oggi scomparsa).
Nonostante sia parziamente inglobata in un palazzo, essa mantiene ancora la sua forma originaria e l'antico fascino.
La torre dei Frati "sbuca" tra i palazzi di Sampierdarena (foto di Antonio Figari) |
3.d.3 Torre del Canto
Sita nell'attuale Via Bombrini a Sampierdarena, essa prende il nome dal quartiere ove è ubicata, il Canto appunto, detto così perchè probabilmente la sua forma ricordava un angolo.
Completamente svuotata al suo interno perchè trasformata nel secolo scorso in un montacarichi di uno stabilimento industriale (una raffineria di zucchero di proietà Dufour), rimangono di originale solo alcune mensole di sostegno della parte terminale.
La torre del Camto tra i palazzi di Sampierdarena (foto di Antonio Figari) |
Particolare della torre del Canto (foto di Antonio Figari) |
Gustavo Dufour, Cornigliano nel 1870 |
La passeggiata "virtuale" a Cornigliano ha inizio da Villa Durazzo Bombrini e si conclude a Castello Raggio.
Per il momento troverete le immagini dei palazzi e delle ville di Cornigliano e alcune descrizioni degli stessi.
4.1 Villa Durazzo Bombrini
Edificata per volere di Giacomo Filippo II Durazzo su progetto del francese Pierre Paul de Cotte, essa si presenta come una tipica dimora aristocratica d'oltralpe, unica nel suo genere nel panorama genovese, caratterizzata da un grande corpo di fabbrica con due ali laterali simmetriche che chiudono una grande "cour d'honneur", una corte d'onore dove venivano accolti gli ospiti. Chiude ancora oggi questo spazio una lunga cancellata, realizzata nel 1756 dal "Ferraro Gasparo Bruno di sopranome Bagetta" per il compenso di 311 lire e 12 soldi, con pilastri sormontati da canestri di fiori in stucco.
Entrando si nota subito il grande scalone marmoreo, primo esempio di scalone a sbalzo a Genova, che conduce al primo piano.
Nel salone del piano terreno che si apre sui giardini, detto "Sala al Mare" e affrescato a motivi architettonici da Andrea Leoncini, sono conservate due grandi tele a soggetto biblico, opera di Francesco Solimena raffiguranti "Giuditta che mostra la testa di Oloferne" e "Debora e Barach" realizzati intorno al 1717.
La villa viene ristrutturata ad opera dell'architetto Andrea Tagliafichi nel 1778: tra le aggiunte apportate da ricordare una splendida "coffe-house" che troneggiava nei giardini che oggi possiamo solo immaginare vedendo i rilievi eseguiti dal Gauthier e qualche fotografia nella quale la stessa appariva già fagocitata da nuove strutture.
I giardini, come potete vedere nella planimetria del Vinzoni, si estendevano fino a mare: oggi purtroppo ne è rimasta solo una piccolissima porzione adornata da alcune statue di marmo. Nel grande spazio verso mare, oltre l'attuale giardino cintato, ora liberato dai gasometri e dalle altre strutture industriali, sarebbe auspicabile ripristinare, per quanto possibile, l'antico parco che diverrebbe un polmone verde a disposzione dei cittadini di Cornigliano, oltre a contribuire a restituire, almeno in parte, gli spazi monumentali che questa villa aveva prima degli sconvolgimenti ottocenteschi.
La villa passa successivamente in mano ai Bombrini, all'Ansaldo (di cui Carlo Bombrini è uno dei fondatori), ed infine alla Società per Cornigliano Spa, i cui azionisti sono enti pubblici, che ancora oggi ne è proprietaria.
Il cortile d'onore e la facciata lato monte di Villa Durazzo Bombrini (foto di Antonio Figari) |
La facciata di Villa Durazzo Bombrini che affaccia sui giardini (foto di Antonio Figari) |
La "Sala al Mare" al piano terreno di Villa Durazzo Bombrini (foto di Antonio Figari) |
Vi rimando al mio canale Youtube per una passeggiata virtuale che dai vicoli vi condurrà a questa splendida villa:
Sito lungo Via Cornigliano, questa villa fu edificata nel 1787 per volere di Domenico Serra, che affidò il progetto all'architetto Emanuele Andrea Tagliafichi: essa si presenta come un edificio neoclassico abbellito sulla facciata principale da due scalinate simmetriche ai lati e un ninfeo e una fontana centrali.
La villa viene comprata dal Comune di Cornigliano nel 1916 e diviene sede del Municipio; ancora oggi è di proprietà comunale e conserva intorno a sè parte dell'antico parco e all'interno i saloni con decorazioni neoclassiche.
Una delle logge di Villa Domenico Serra a Cornigliano (foto di Antonio Figari) |
Altra immagine di Villa Domenico Serra a Cornigliano (foto di Antonio Figari) |
4.3 Palazzo Spinola Canepa
Sito in Via Cornigliano al civico 17a, isolato nel verde e raggiungibile con una breve salita, questo edificio conserva ancora molti elementi originari: all'ingresso troviamo un grande atrio con una bella volta ad ombrello terminante su peducci in pietra nera di Promontorio, presumibilmente del quindicesimo secolo; al piano superiore due vani conservano affreschi cinquecenteschi a grottesche e scene mitologiche e una serie di lunette con paesaggi e ville genovesi.
La torre del palazzo, situata a monte dell'edificio, a seguito di eventi bellici, è solo in parte conservata.
La volta ad ombrello nell'atrio di Palazzo Spinola Canepa (foto di Antonio Figari) |
La volta di uno dei vani affrescati al primo piano di Palazzo Spinola Canepa (foto di Antonio Figari) |
4.4 Palazzo Gentile Bickley
Sita in Via Cervetto al civico 35, questa villa, nonostante gli intenventi ottocenteschi che ne hanno variato il volume e le proporzioni, conserva l'antica torre di avvistamento, edificata, insieme all'edificio oggi inglobato nelle più moderne strutture, per volere di Ambrogio Gentile 1549.
All'interno troviamo splendidi affreschi di Andrea Alsaldo, databili 1625/30 con soggetto Orazio Coclite, la cui figura di eroe romano che respinge gli etruschi ha un chiaro significato celebrativo della famiglia Gentile.
Al settecento risalgono molte decorazioni nelle sale.
L'esterno, come si presenta oggi, è frutto di un intervento ottocentesco.
La villa rimane di proprietà dei Gentile fino al XX Secolo, passa quindi ad Olga Delfina Bickley e alla sua morte al Comune di Genova.
Oggi è sede della Biblioteca Civica Francesco Domenico Guerrazzi.
Una curiosità: al mezzanino è ancora conservata la splendida cucina ottocentesca, che insieme a quella di Palazzo Spinola di Pellicceria e quella di Palazzo Montanaro, è uno dei pochi esempi rimasti di tipica cucina genovese.
Palazzo Gentile Bickley (foto di Antonio Figari) |
La cucina di Palazzo Gentile Bickley (foto di Antonio Figari) |
4.5 Palazzo Spinola Narisano
Sito in Viale Narisano al civico 4, questo edificio presenta ancora i tipici tratti di villa rinascimentale genovese con l'originario volume cubico e il grande tetto piramidale.
Il grande giardino che circondava il palazzo è oggi assai ridotto.
Superato il bel portale marmoreo cinquecentesco, l'atrio e lo scalone, si giunge al piano nobile dove due sale sono affrescate al centro con scene mitologiche raffiguranti "Il ratto di Europa" e "Apollo e Dafne" e ornate con motivi a grottesche.
Ancora presente è altresì la grande torre che svetta sopra il palazzo.
La torre di Palazzo Spinola Narisano (foto di Antonio Figari) |
4.6 Palazzo Spinola Muratori
Sito tra Via Rizzolio, Via Cervetto e Via Grillone, questo palazzo fu edificato per volere di Paolo Spinola tra il 1559 e il 1563.
Lo Spinola affidò il progetto a Giovanni Ponzello, architetto che a Genova in quegli anni seguiva i progetti di Palazzo Baldassare Lomellini, sito in Via Garibaldi n.12 e di Palazzo Nicolò Grimaldi (Palazzo Tursi), di cui vi parlo nella pagina de i PALAZZI privati.
Non più presente purtroppo è lo scalone monumentale affescato da Andrea Ansaldo con storie di Alessandro Magno che portava al piano nobile e alla loggia che invece, anche se murata, è ancora leggibile nel lato nord del palazzo.
In facciata sono ancora presenti tracce di affreschi attribuiti ad Ottavio Semino.
Ancora esistente è la torre del palazzo che a questo era collegata tramite un lungo muro oggi non più presente.
La torre di Palazzo Spinola Muratori (foto di Antonio Figari) |
4.7 Villa Pallavicini Raggi
Sito in Via dei Domenicani, questo palazzo di villa conserva tratti cinquecenteschi nell'atrio con la scala loggiata, ora tamponata, con una bella colonna a bulbo, e all'esterno nei due pilastri che immmettevano nel grande giardino ora andato perduto.
A ponente dell'edificio vi erano le scuderie e il deposito delle carrozze oggi trasformati in appartamenti.
4.10 Villa Marchese
Sita in Via San Giacomo al civico 4, questo edificio conserva ancora l'originaria struttura cinquecentesca con loggia sul lato di levante probabilmente aggiunta successivamente.
Particolare della loggia al primo piano di Villa Marchese (foto di Antonio Figari) |
4.11 Villa Serra Richini
Edificata dalla famiglia Serra a fine Settecento, questa villa, sita in Via Nino Cervetto al civico 2, era circondata da uno splendido giardino all'italiana su più livelli con fontane e grottesche.
Passata in proprietà ad Alberto Richini nel XIX Secolo, il parco della villa viene ancora ampliato fin sulla sommità della collina.
Oggi, nonostante la lottizzazione che ha ridotto molto il giardino, la villa conserva ancora la struttura centrale del parco con scale scenografiche a rampe e al centro dello stesso una bel ninfeo decorato all'interno con materiali polimaterici.
La villa, in cima al giardino, è suddivisa in appartamenti che conservano sale affrescate.
Il giardino di Villa Serra Richini (foto di Antonio Figari) |
Il ninfeo nel giardino di Villa Serra Richini (foto di Antonio Figari) |
Particolare della facciata affrescata di Villa Spinola Dufour di levante (foto di Antonio Figari) |
La bella volta a stella in una delle sale di Villa Spinola Dufour di Levante (foto di Antonio Figari) |
Gli affreschi ottocenteschi in una sala del piano terra di Villa Spinola Dufour di Levante (foto di Antonio Figari) |
La torre di Villa Spinola Dufour di Ponente (foto di Antonio Figari) |
Edificata nel XVIII secolo su preesistenti edifici, conserva ancora un lungo porticato con volte a botte aperto sul giardino e una bella cappella barocca inglobata nella struttura e preesistente alla stessa.
4.15 Castello Raggio
La mole di Castello Raggio visto da ponente |
4.16 Chiesa di San Giacomo Apostolo
I campanili della Chiesa di San Giacomo Apostolo (foto di Antonio Figari) |
* * *
5. Sestri Ponente
5.1 Villa Sciallero Carbone
Multedo negli anni 50 del '900: in alto sulla collina fa ancora bella mostra di sè Villa Pignone - Chiesa che verrà demolita qualche anno dopo. |
L'oratorio viene edificato sul sito della primitiva chiesa parrocchiale che nella seconda metà del XVI secolo viene ricostruita dove ancora oggi la vediamo.
Quest'ultima viene completata nel 1584 mentre l'oratorio, che sarà soggetto ad importanti lavori di restauro, verrà aperto al culto il 28 luglio 1607.
I Lomellini, che erano proprietari dei terreni ove sorgevano sia la chiesa di nuova edificazione che l'oratorio, cedono quelli relativo a quest'ultimo alla Confraternita dei Santi Nazario e Celso e questi ultimi a loro volta cedono ai Lomellini il terreno ove sorgeva il loro vecchio oratorio.
La confraternita, titolare di questo oratorio, sarebbe sorta intorno al 1560 ad opera di due padri carmelitani del convento di Monte Oliveto (il nome del monte dove ancora oggi vi sono l'oratorio e la chiesa).
L'oratorio ha la tipica struttura degli oratorio liguri: una grande aula ad unica navata con tetto a capanna ed ingresso posto lateralmente.
Precede l'ingresso un bel risseu con motivi simbolici e la data 1744 (vi rimando alla pagina dedicata a le ARTI MINORI a GENOVA per approfondire la storia di questo e degli altri risseu presenti a Genova). Sopra il portale vi è invece un bassorilievo in pietra nera di promontorio entro cornice in stucco raffigurante la Madonna del Carmine e i Santi Nazario e Celso risalente al 1690.
Entrati nell'oratorio non si può non rimanere affascinati dal ciclo di affreschi che ricoprono la pareti laterali, la controfacciata e la volta, opera di Lazzaro Tavarone e risalenti 1634, raffiguranti tre momenti del Giovedì Santo (la lavanda dei piedi, l'ultima cena, l'orazione nell'orto degli ulivi) e otto episodi della vita dei santi Nazario e Celso (il battesimo di Nazario ad opera di Papa Lino, Nazario che distribuisce i suoi averi ai povevi, Nazario che predica la fede di Cristo (tra i fedeli Celso con sua madre), il processo e la condanna, il mare in tempesta che si placa con le preghiere dei due santi, lo sbarco dei due santi sulla spiaggia della foce a Genova, Nazario che promuove la costruzione di chiese lungo i paesi della riviera di ponente, Sant'Ambrogio che a Milano, dopo aver ritrovato i corpi dei due santi che ivi erano stati martirizzati, li fa trasportare in città. Se osservate con attenzione questi episodi potrete notare alcuni scorci della Multedo e della Genova seicentesca: nell'episodio dei poveri si vede sullo sfondo l'oratorio di Multedo, la torre dei Villa Lomellini e la chiesa del Monte Oliveto (quest'ultima purtroppo non più leggibile); l'episodio della predica è ambietato davanti alla porta di San Gottardo del duono di Genova e si vede sullo sfondo la chiesa dei SS. Ambrogio e Andrea (comunemente detta del "Gesù"); lo sbarco dei santi è invece ambientato alla foce del bisagno e si notano il Lazzaretto, una villa e la chiesa di San Nazaro (distrutta con il tracciamento di Corso Italia).
Nell'ultima cena si nota un demone ghignante che tiene una catena alla quale è legato un piede di Giuda e sul basamento di una colonna sulla destra il Tavarone ha lasciato data e firma "LAZARUS TAVARONUS PINXIT ANNO DNI MDCXXXIV".
Al centro della volta (la cui decorazione è molto particolare) Tavarone in un ovale ritrae i due santi "palmiferi" e nella cornice indica la data 1634 e le iniziali LTF (Lazzaro Tavarone "fecit"). Giovanni Agostino Ratti rinfinisce nel 1749 gli affreschi con disegni floreali, architettonici e ornamentali. Del Ratti è anche la tela sull'altar maggiore raffigurante il martirio dei santi titolari, opera che andava a sostituirne una con lo stesso soggetto andata distrutta al passaggio degli austriaci e dell'esercito del regno di Sardegna nel 1746-47.
Completano gli interni gli scranni lignei del priore e dei confratelli posizionati sulla parete di fondo e nella parte iniziale delle due pareti laterali.
La cassa processionale della confraternita, raffigurante "Il martirio dei SS. Nazario e Celso", è opera di Agostino Storace, allievo e nipote di Anton Maria Maragliano (come rivelano i registri parrocchiali che nei conti del 1750-1751 annotano le spese per la cassa processionale citando lo Storace). Un tempo la stessa era conservata in un locale attiguo all'oratorio. Oggi, dopo un attento restauro, è conservata nella chiesa parrocchiale.
Interni dell'Oratorio dei SS. Nazario e Celso (foto di Antonio Figari) |
Antico volantino dell'ENIT (Ente Nazionale Italiano per il Turismo) che reclamizzava le bellezze di Pegli, stazione climatica e balneare |
8.1 Villa Durazzo Pallavicini
8.2 Villa Doria Centurione
Particolare di bastone da processione con San Martino che dona il suo mantello al povero (foto di Antonio Figari) |
Sita alle spalle di Voltri sui colli Castellaro e Givi, ed inserita in un parco che oggi si estende per 32 ettari, questa antica villa fu edificata sul finire del '600 dai marchesi Brignole Sale.
Al corpo centrale vennero aggiunti in un secondo momento i due corpi laterali.
Gli interni conservano affreschi settecenteschi e decorazioni in stile rococò. Spicca in particolare la sala da pranzo detta “Sala delle conchiglie” per via della sua decorazione con ciottoli di tufo, corallo, marmo, serpentino, conchiglie in porcellana e vetri tagliati. Completa il tutto un piccolo ninfeo al centro della parete nord della stanza (un tempo qui scorreva l’acqua creando un effetto molto particolare). Questa stanza, progettata da Gaetano Cantone, fu realizzata nel 1785 dall’abile artigiano Giuseppe Canepa. Il 21 novembre 1832 qui vi fu il pranzo di nozze di Federico II di Borbone, Re delle Due Sicilie, e la principessa Maria Cristina di Savoia (le nozze erano state celebrate al Santuario dell’Acquasanta).
Oggi la Sala delle Conchiglie è utilizzata, come il resto del palazzo, da una scuola di infanzia che in questo palazzo ha sede.
particolare delle decorazioni della Sala delle Conchiglie in cui si notano le conchiglie in porcellana |
Altro luogo all’interno del palazzo che merita di essere ricordato, anch’esso aperto al pubblico come la Sala delle Conchiglie per particolari occasioni, è il teatro: progettato nel 1786 da Gaetano Cantone, e realizzato da Giuseppe Canepa, con l’aiuto nella realizzazione delle decorazioni dal pittore e scenografo Carlo Alberto Baratta, questa sala fu voluta da Anna Pieri, moglie di Anton Giulio III Brignole Sale, che ebbe l’idea ispirandosi ad un modellino acquistato da Tommasina Balbi.
Nei peducci della volta centrale sono rappresentate quattro figure allegoriche rappresentanti le arti liberi: Musica, Poesia, Pittura e Architettura (quest’ultima mostra la piantina del teatro). Il lanternino nel mezzo della volta con rosoni in legno traforati era stato così pensato per migliorare l’acustica del teatro. Sempre nella volta sono dipinte piante di prugne o meglio di “brigne” chiamandole con il loro nome ligure (come avrete capito, il motivo della loro presenza è proprio l’assonanza con il cognome dei proprietari del palazzo).
Opera di G.B. Tagliafichi, capo-macchinista del Teatro di Sant’Agostino, sono i meccanismi di scena, alcuni dei quali ancora conservati.
Una curiosità: alzando lo sguardo nella parte terminale della volta opposta al palcoscenico, decorata con un affresco a mò di balcone, potrete notare due piccole aperture. Al di sopra di queste aperture vi era un tempo un soppalco dove sostava l’orchestra: il suono dei loro strumenti entrava nel teatro attraverso queste piccole aperture e grazie alla perfetta acustica si diffondeva la musica in tutta la sala.
L'interno del teatro (foto di Antonio Figari) |
Le pareti e la volta del teatro interamente affrescati (foto di Antonio Figari) |
Nel parco, in mezzo al bosco romantico, vi è un castello neoromanico con grotte e cascate artificiali.
Salendo ancora, dopo esser usciti dal bosco, vi ritroverete in mezzo agli ulivi e di lì a poco alla vista dei daini e delle caprette tibetane che qui abitano, attrazione per i bimbi che visitano il parco.
Sulla sommità dei terreni di pertinenza di Villa Duchessa di Galliera, vi è il Santuario delle Grazie. Qui nel 1886 fu realizzata una cripta funebre voluta dalla Duchessa Maria Brignole Sale De Ferrari: vi sono sepolti la Duchessa, il marito Raffaele De Ferrari, il loro figlio Andrea, il padre della Duchessa Antonio e altri parenti. Merita una citazione il presepe storico di scuola del Maragliano qui conservato (frutto di un lascito della Duchessa Maria).
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Villa fu occupata dalle truppe tedesche (qui aveva sede il Comando di Ponente). Nel 1943 nel parco fu realizzato dalla Wermacht un vero e proprio reticolo di fortificazioni (se ne contano 32): si tratta di postazioni antiaeree, bunker interrati, garitte e camminamenti. Questo complesso sistema è per la maggior parte sviluppato nelle viscere della collina, lontano quindi dagli occhi del distratto passante (tuttavia, se fate attenzione, nel bosco potete notare alcune di queste fortificazioni ben mimetizzate).
Bunker tedesco mimetizzato nel parco di Villa Duchessa di Galliera (foto di Antonio Figari) |
La Val Polcevera, nonostante gli sconvolgimenti che l'hanno trasformata da zona di ville, giardini e piccoli borghi ad area a prevalentemente a vocazione industriale, conserva l'antica bellezza in molti luoghi che meritano di essere conosciuti e che Vi descriverò in questa passeggiata che, partendo da Cornigliano, ci porterà lungo tutta la valle.
Villa Imperiale, Casanova (foto di Antonio Figari) |
Un epigrafe conservata in chiesa ricorda che la fondazione del complesso risale al 1311 quando Magnone Grimaldi fece edificare una piccola cappella dedicata a San Nicolò, in onore di suo padre che portava proprio quel nome.
Nel 1410 qui si insediarono i benedettini ai quali i Grimaldi avevano donato la piccola cappella.
Furono loro a dare impulso all'edificazione del complesso monastico come oggi lo conosciamo.
Superato il cancello si entra in un piccolo cortile con il caratteristico risseu bianco e blu, entrati nel portone si giunge nel primo chiostro, il chiostro piccolo, edificato tra il 1468 e il 1483 sul quale si affacciavano l'infermeria e i dormitori riservati ai pellegrini qui di passaggio.
Si passa quindi nel chiostro grande, edificato successivamente rispetto al primo chiostro (tra il 1492 e il 1519): quadrato, con al centro un piccolo pozzo (alimentato da una sorgente sotterranea), ha i lati che misurano ventidue metri ciascuno; su questo chiostro affacciavano le celle dei monaci, l'appartamento dell'Abate, la sala capitolare e la Chiesa.
Quest'ultima è il vero gioiello dell'intero complesso.
In essa troviamo meravigliose tombe del quattrocento e cinquecento di vari esponenti delle famiglie Grimaldi, Doria e Lercari: tra di esse da ricordare alcune splendide sculture sepolcrali come quella di Pellegrina Doria che vedete nella foto qui di seguito.
In testa alla navata destra troviamo la cappella mausoleo del Doge Giovanni Battista Lercari detta anche cappella della Madonna poichè la volta è affrescata con storie della vita della Vergine.
In testa alla navata sinistra, quella che fu la primaria cappella dedicata a San Nicolò che diede vita all'intero complesso, è divenuta nei secoli luogo di sepoltura della famiglia Doria come testimonia la tomba di Paolo Doria attribuita alla bottega di Giovanni Gaggini e data 1474.
Quello che pochi sanno è che provengono da questa abbazia gli splendidi "Blu di Genova", oggi esposti al Museo Diocesano: uno splendido "apparato effimero" in tessuto blu, antenato del nostro jeans, composto da più teli che veniva esposto in occasione del rito pasquale delle Quarant'ore.
Chiostro piccolo dell'Abbazia di San Nicolò del Boschetto (foto di Antonio Figari) |
Chiostro grande dell'Abbazia di San Nicolò del Boschetto (foto di Antonio Figari) |
L'interno della Chiesa dell'Abbazia di San Nicolò del Boschetto (foto di Antonio Figari) |
11.3 Villa Cattaneo dell'Olmo
Edificata nel XV Secolo dalla famiglia Grimaldi nel pressi dell'Abbazia del Boschetto, questa villa, dopo alcuni passaggi di proprietà, divenne di proprietà della famiglia Cattaneo che nel XVIII secolo la fece riedificare eliminando quasi completamente ciò che era sopravvisuto nei secoli.
La struttura dell'edificio richiama lo stile compositivo dell'Alessi, tipico delle ville genovesi.
Gli affreschi dell'atrio sono opera di Jacopo boni e della sua bottega e rappresentano figure araldiche e mitologiche.
Il bello scalone conduce la piano nobile dove gli affreschi del salone e della cappella risalgono alla fine del XVIII Secolo.
Oggi l'edificio è sede della Fondazione Ansaldo ed è visitabile su appuntamento.
lo scalone di Villa Cattaneo dell'Olmo (foto di Antonio Figari) |
Uno dei saloni del primo piano (foto di Antonio Figari) |
11.4 Chiesa di San Bartolomeo della Certosa (la "Certosa di Rivarolo")
Al 1297, su terreni donati da Bartolomeo di Negro, risalirebbe la prima edificazione di questa chiesa la cui attuale struttura è invece frutto delle modifiche apportate nel XVI Secolo.
Oltre ad essa, la struttura è formata da due chiostri e una piccola chiesetta preesistente alla grande chiamata Cappella di San Bartolomeo o "Cappella delle Donne".
Il primo chiostro, che si trova dietro l'abside, è il più antico e fu adibito a cimitero: a pianta quadrata con arcate poggianti su pilastri, fu oggetto di un intervento successivo, nel XVI secolo, che portò all'aggiunta di una seconda loggia superiore con sedici colonne di marmo con cornici in pietra di promontorio.
Il secondo chiostro, posizionato invece davanti all'ingresso della chiesa, risale invece al XVI secolo: a pianta rettangolare, con influssi di derivazione toscana, esso è famoso per lo splendido "risseu" che corre lungo tutto il suo perimetro. Costruito tra il 1546 ed il 1671 (da quest'ultima, disegnata in uno dei riquadri), con la sua superficie di 760 metri quadrati è il più grande della Liguria (vi rimando alla pagina dedicata a le ARTI MINORI a GENOVA per approfondire la storia di questa antica arte e per vedere le immagini di questo e degli altri risseu ancora presenti a Genova).
La chiesa conserva affreschi di Giovanni Carlone nella cupola con al centro Dio Padre e negli spicchi del Tiburio gli angeli che recano gli strumenti della Passione. In controfacciata lo scultore Taddeo Carlone, padre di Giovanni, eseguì due splendide acquasantiere.
Alle pareti dell'altare maggiore vi sono le meravigliose arche sepolcrali di Orazio e Ambrogio di Negro.
Da segnalare, infine, nella Cappella di San Bartolomeo detta anche "Cappella delle Donne" (la cui struttura bassa e massiccia risale al periodo gotico), gli affreschi della volta dell'altare raffiguranti scene della vita di San Bartolomeo, opera di Giovanni Carlone.
11.5 Chiesa di Santa Maria del Garbo
Sita a Rivarolo, in Via Rossini al civico 27, questa villa è databile alla prima metà del XVIII Secolo. Dai Durazzo passò ai Pallavicino che ancora oggi ne sono proprietari.
Il Complesso si sviluppa in tre bassi volumi che vanno a formare una corte interna su pianta a "C". I due corpi laterali erano originariamente adibiti a scuderie e locali di servizio.
Il corpo principale presenta un ampio frontone al primo piano dal quale scende il magnifico scalone che sembra abbracciare il visitatore.
Gli interni conservano affreschi e stucchi settecenteschi.
Il bel parco nel quale era inserita la villa oggi è solo un lontano ricordo.
Attualmente, dopo essere stata sede del municipio e del corpo dei vigili urbani, la villa è in stato di completo abbandono.
Villa Durazzo Pallavicini di Rivarolo in uno scatto di Paolo Monti del 1963 |
11.8 Villa Spinola Parodi
***
Edificata per volere di Lorenzo Cattaneo nei primi anni del Cinquecento, è un tipico esempio di villa genovese prealessiana.
Il primo illustre ospite fu il Re di Francia Luigi XII che qui soggiornò nel 1502.
Nel 1560 il corpo dell'edificio fu ampliato e furono inserite due logge laterali dandole l'aspetto che ancora oggi conserva.
Gli interni conservano lo spendido affresco di Luca Cambiaso "Il ratto delle Sabine" (che da solo vale la visita a questa villa) e altri affreschi opera dei Calvi e di altri pittori genovesi.
Il Parco, tuttora conservato, suddiviso in terrazzamenti e con una disposizione ottocentesca all'inglese con prati e boschi, conserva uno splendido ninfeo.
La proprietà passò dapprima ai Salvago nel XVII Secolo, poi agli Imperiale (dai quali prende il nome la villa), ed infine al Comune di Genova negli anni venti del Novecento. Oggi è sede di una biblioteca e di un asilo e dunque facimente visitabile. Il parco pubblico, tuttora conservato, costituisce il polmone verde del quartiere di San Fruttuoso.
Infine, una curiosità: se accedete a Villa Imperiale da Piazza Terralba, vi capiterà di passare da Via dell’Albero d’Oro.
Il nome di questa strada deriverebbe, secondo una popolare leggenda locale, da un albero, un alloro, che qui aveva piantato, è proprio il caso di dirlo, le sue radici. Un abitante del luogo, in una sfortunata giornata, aveva perso ai dadi tutti i suoi terreni. Gli rimaneva solo un albero, il “nostro” alloro. Decise allora di giocarsi l’unica cosa che gli rimaneva e la fortuna gli arrise permettendogli di riguadagnare tutto ciò che aveva perso nelle precedenti puntate al gioco.
Da quel giorno, l’alloro divenne per tutti “l’albero d’oro” (da notare anche l’assonanza tra il nome dell’albero e il metallo prezioso).
Il vecchio alloro è stato abbattuto, ormai vecchio e malato, negli anni 80 del XX Secolo e sostituito da un giovane esemplare.
Sita in Via San Fruttuoso, a poca distanza da Villa Imperiale, questa villa sorge probabilmente su una preesistente casa torre costruita per volere della famiglia Spinola tra il XIII ed il XIV Secolo.
Assume l'aspetto attuale nel XV Secolo quando diviene proprietà dei Sauli. Dopo ulteriori passaggi di proprietà la villa viene acquistata da Agostino Migone nel 1792 il quale decide di apportare alcune modifiche alla struttura dell'edificio come la costruzione dello scalone, la chiusura della loggia e la sopraelevazione di un piano.
La villa è famosa perchè qui, il 25 aprile 1945, venne firmato il tratto di pace tra i lCNL Ligure e le truppe tedesche. Il fatto avvenne qui perchè nella villa all'epoca era ospitato il Cardinale Boetto, intermediario tra le parti.
12.1.3 Villa Saredo, Parodi
Sita in Via Marassi al civico 6 ed edificata nel XVI Secolo, questa villa conserva al suo interno affreschi con scene allegoriche nel salone d'ingresso e lungo lo scalone che conduce al piano nobile e alla loggia. Nella cappella sono corvarti splendidi affreschi di Valerio Castello con episodi della vita della Madonna.
Oggi, privata del suo giardino, si trova inserita tra moderni palazzi che sembrano soffocarla.
12.1.4 Villa Centurione, Musso Piantelli
Il parco della villa si estendeva fino al torrente Bisagno e ciò ancora nel fino 1875 come rivelano documenti d'archivio, e le siepi del giardino all'italiana si intervallavano con fontane e viali a pergolato.
Davanti all'entrata principale, ancora presenti sono splendidi bassorilievi raffiguranti tritoni e due draghi che sembrano posti a custodia dell’ingresso.
Lo scalone dal piano terreno conduce alla loggia del piano nobile che si apre sul salone splendidamente affrescato da Bernardo Castello con affreschi con episodi del primo libro dell'Eneide, salone che a sua volta è collegato con l'altra loggia e le sale laterali decorate con affreschi dei Calvi e dei Semino a temi biblici o tratti dalle Metamorfosi di Ovidio.
Al piano terreno la cappella conserva affreschi di Giovanni Andrea Ansaldo.
Oggi purtroppo la villa risulta soffocata tra corso De Stefanis e la mole dello stadio Luigi Ferraris.
Nonostante questo, la sua bellezza è ancora intatta negli interni e merita di esser visitata.
La villa passerà alla Famiglia dei Musso Piantelli a metà del XVIII Secolo e rimarrà della stessa fino al 1990.
Nell'atrio è esposto un calesse, di proprietà di Giuseppe Musso Piantelli, a ricordo di quando il prato antistante la villa, oggi occupato dallo stadio, era un maneggio dove si organizzavano concorsi ippici.
Una curiosità: si racconta di fantasmi che abiterebbero la villa.
Un'antica immagine di Villa Centurione, Musso Piantelli prima di essere "soffocata dalle strutture dello stadio |
Sito in Via Giuseppe de Paoli nell’odierno quartiere di San Fruttuoso, questo complesso conventuale sorge a pochi passi dall’imboccatura del Ponte intitolato proprio a Sant’Agata. Oggi che il torrente Bisagno è lontano e le prime arcate del ponte sono nascoste in un cortile privato, il convento si trova quasi nascosto, fagocitato dalla crescita edilizia del quartiere.
Le prime notizie di questo antico complesso conventuale risalgono ad un documento del 1191 dove esso viene chiamato “S. Agata de capite pontis Bisannis”. Ed è proprio quest’ultimo, il Bisagno a danneggiare gravemente il complesso il 30 settembre 1452.
Il convento, inizialmente abitato dalle Monache Cistercensi, passa alle Canonichesse Lateranensi nel 1514 e ai Frati Agostiniani nel 1531. Chiuso nel 1797 a seguito delle leggi di soppressione degli ordini religiosi, il convento viene acquistato nel 1825 dal sacerdote Don Angelo Cervetto che lo mette a disposizione di Suor Vittoria Gironi, fondatrice dell’Istituto delle Maestre Pie di Sant’Agata, che vi si trasferisce insieme alle consorelle dell’ordine nel 1827. Ancora oggi le stesse gestiscono qui una scuola dell’infanzia (primavera e materna) e una scuola elementare.
L’ingresso in Sant’Agata di Suor Vittoria Gironi, già direttrice del Conservatorio di San Rocco, e il conseguente adattamento del convento a scuola porta ad una profonda ristrutturazione del complesso monastico, a cura dell’Architetto Cremona, che, a seguito di ciò, perderà esternamente tutti quegli elementi architettonici che risalivano alla sua edificazione nel XII Secolo.
Si accede al complesso da uno stretto archivolto posto all’imboccatura dell’antico ponte. Sopra l’archivolto, quasi ad accogliere coloro che vogliano entrare nel convento, vi è un affresco con Sant’Agata al centro e due santi ai lati identificati con Sant’Antonio e San Fruttuoso di Tarragona (colui che da il nome al quartiere e le cui spoglie, secondo la tradizione, sarebbero conservate nell’Abbazia di San Fruttuoso qui portate da San Prospero, anch’egli di Tarragona e anch’egli vescovo della città come Fruttuoso, che era giunto in Liguria dopo esser fuggito dalla Spagna nel 409 a seguito dell’arrivo dei Vandali).
La chiesa all’interno del complesso conserva la statua della santa, opera di Filippo Parodi eseguita tra il 1680 ed il 1690.
A Sant'Agata è intitolato il ponte medievale che collegava anticamente Borgo incrociati a questo convento e la famosa fiera che si svolge ogni anno la prima domenica di febbraio. Vi rimando ai paragrafi successivi di questo capitolo dedicato alla Val Bisagno per approfondire la loro storia.
Nel XV secolo, ormai in rovina ed affidata ad un canonico di San Lorenzo, arrivano qui i francescani minori osservanti che reputano questo luogo isolato ma non distante dalla città ideale per un loro insediamento. Fu così che, per intercessione del Doge Raffaele Adorno presso Papa Eugenio IV, i frati ottengono tutti i diritti sul priorato mortariense e sui beni ad esso connessi. E’ lo stesso Adorno a finanziare il restauro e ampliamento della chiesa e la costruzione del convento che è consegnato ai frati il 13 settembre 1444.
Tra la metà del XV e il XVI secolo inizia la costruzione delle cappelle laterali che verranno acquisite ed abbellite da varie nobili famiglie genovesi che qui porranno anche le loro sepolture.
Risalgono invece al XVII secolo i lavori, interamente finanziati da Giacomo Saluzzo (il cui busto, insieme a quelli dei fratelli, è posto ai lati del presbiterio), di costruzione del presbiterio, del coro e della cripta sotterranea, lo scurolo. Sempre ai Saluzzo si deve la costruzione del campanile e l'edificazione di undici cappelle nei luoghi dove fin dal 1623 i frati avevano innalzato delle croci per segnare le stazioni della Via Crucis. Altre tre cappelle verranno costruite per volere dei frati. Ancora oggi, salendo al monte, potrete vederle anche se spesso fagocitate dall'edilizia novecentesca che ha per così dire "inglobato" il Monte nella città. Nel secolo successivo, con finanziamento dei Saluzzo ed altri benefattori, sarà costruita la strada, detta "nuova", che collega tra loro le varie cappelle e allo stesso periodo risale l'edificazione della quindicesima cappella.
Ulteriori lavori di restauro della chiesa, che daranno alla stessa le forme barocche che ancora oggi possiamo vedere, sono finanziati, sempre nel '600, dal nobile G.B. Negrone.
Superato il bel sacrato in ciottoli bianco e blu che disegnano lo stemma della città di Genova, il simbolo del francescanesimo (le due mani incrociate su croce) e la “M” di Maria, si entra nella chiesa che nelle cappelle laterali conserva capolavori di scuola genovese come la pala di Domenico Fiasella con la “Sacra Famiglia e Sant’Anna” o la “Natività tra i pastori” di G.B. Carlone, il Polittico dell’Annunciazione, opera del “maestro dell’Annunziata del Monte”, due sculture del Maragliano raffiguranti San Francesco e Sant’Antonio (provenienti dalla diruta chiesa di Santa Maria della Pace, erano originariamente collocate sull’altare di quest’ultima insieme alla Madonna che oggi è collocata invece nella Chiesa di San Teodoro), e alcuni monumenti funebri (oltre a quelli già citati dei Saluzzo) come quello di Flaminia Salvago-Gentile, opera di Gio. Giacomo Parraca da Valsoldo.
Gli affreschi della volta della cripta, con storie della Vergine, sono opera di Andrea Ansaldo. La statua della Madonna qui conservata è attribuita a Francesco Valdambrino, allievo di Jacopo della Quercia.
Nel refettorio quattrocentesco è murato un pulpito in ardesia a formelle con la Vergine e figure di santi francescani e sulla parete di fondo una grandiosa opera di Orazio de Ferrari, l’“Ultima cena”, firmata e data 1641.
Nel periodo natalizio viene allestito, nel vicino oratorio dell’Immacolata Concezione, edificato nel 1603 su disegno di Bartolomeo Bianco, un presepe con figure attribuite al Maragliano e alla sua scuola (appartengono al Santuario dal 1926 a seguito del lascito del comm. Enrico Peirano). A questo proposito, vi rimando alla pagina dedicata a le ARTI MINORI a GENOVA per approfondire la storia del presepe genovese.
Il Santuario è circondato a levante, a sud e a nord dal cosiddetto “bosco dei frati” in mezzo al quale trovano spazio tre cappelle.
A questo luogo è legato anche un digestivo ottenuto dall'infuso di erbe, il famoso "Amaro di Santa Maria al Monte", nato nel 1858 per volontà di Vincenzo Castrovillari, cuciniere del Duca d'Aosta, il quale, così si racconta, ricevette dalle mani dei francescani del Santuario una pergamena, ancora oggi conservata in ditta, con la ricetta del "Lissere Miracoloso Santa Maria": così i frati descrivevano quello che, con qualche modifica apportata dal Castrovillari (come l'aggiunta di alcune prodotti aromatici alpini) diverrà l'amaro di Santa Maria, ancora oggi specialità genovese la cui notorietà travalica i confini della nostra città.
La cripta sotterranea (foto di Antonio Figari) |
Il ponte di Sant'Agata in un'immagine precedente agli eventi alluvionali del 1970 (Archivio Publifoto Genova) |
Pasquale Domenico Cambiaso, Oratorio delle Anime Purganti, 1850 |
Antonio Varni, Lavandaie alla foce del Bisagno, 1891 |
La partenza dalla Foce è un avvenimento poco noto e non studiato sui libri di storia che narrano solo dello scoglio di Quarto.
Vi rimando alla pagina de le PIETRE parlanti per approfondire questa e le altre pietre risorgimentali in giro per Genova.
13.9 La Casa del Mutilato
Sito lungo Corso Aurelio Saffi, questo edificio fu progettato nel 1937 dall’architetto Eugenio Fuselli e costruito tra il giugno di quello stesso anno e la primavera dell’anno successivo. La sua inaugurazione avvenne, alla presenza di Mussolini e del Presidente dell’Associazione Nazionale dei Mutilati ed Invalidi di Guerra (ANMIG) Carlo Delcroix, eroe di guerra pluridecorato nonché abile oratore, il 15 maggio 1938, giorno della fondazione dell'Impero, in occasione della visita del Duce a Genova.
Il terreno sul quale venne edificata la Casa del Mutilato fu donato dal Comune di Genova mentre il denaro per erigere il palazzo fu raccolto tra i genovesi (un triste dato: all’epoca, i mutilati a Genova erano 3000).
Dovendo rispettare il vincolo municipale di tutela dell’area verde retrostante (una parte della quale era stata sacrificata per dare spazio a questo edificio) che imponeva un’altezza massima di dodici metri anche al fin di lasciare libera la vista a levante dalla cima delle Mura delle Cappuccine, Fuselli dovette trovare una soluzione innovativa e ideò un palazzo diviso in due separati volumi: quello di sinistra, a bande bianco e rosse scure, riprende una tipologia molto diffusa negli antichi e nobili edifici genovesi. La pietra nera di promontorio viene qui sostituita dal marmo rosso di Levanto, il cui colore richiama il sangue versato dagli eroi della patria a cui questo edificio è dedicato. In questa parte dell’edificio avevano sede gli uffici dell’ANMIG. Sulla cima di questa parte dell’edificio, il progetto prevedeva che fosse scolpito “Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra” ma in sede di realizzazione si optò per la seguente frase: “Il sacrificio è un privilegio di cui bisogna essere degni”, chiaro riferimento ai mutilati visti come eroi della Patria.
La porzione di edificio di destra è invece ricoperta dalla Pietra di Finale dal tipico colore grigio rosato (la stessa pietra utilizzata per esempio per la Porta del Molo, quella che comunemente ed erroneamente chiamiamo “Siberia”, quindi una tipologia già presente a Genova). Qui avevano sede il Salone delle Assemblee e il Museo della Guerra. In mezzo alla facciata, tra due teste di medusa, campeggia la frase “La guerra è la lezione della storia che i popoli non ricordano mai abbastanza”, parole pronunciate da Carlo Delcroix, Presidente dell’ANMIG che sulla sua pelle portava i segni della guerra (nel primo conflitto mondiale, dopo aver salvato un commilitone, calpestando una mina aveva perso braccia e vista) e spesso erroneamente attribuite a Mussolini.
Al sommo di una curvilinea scala troviamo il portale d’ingresso che, avendo l’altezza dell’edificio, incornicia la porta d’ingresso e la sovrastante vetrata, realizzata dalla ditta Luigi Fontana di Milano su disegno di Antonio G. Santagata (in basso a sinistra si può leggere “a. g. Santagata” e sotto “FONTANARTE”). La scena di guerra si svolge su diversi piani ed è godibile nella sua interezza salendo lo scalone. Santagata, genovese che visse da soldato sulla propria pelle gli orrori della Prima guerra Mondiale nonché amico di Delcroix, fu autore anche degli affreschi della Sala delle Assemblee a Genova e principale affrescante della Casa Madre dei Mutilati di Roma (una curiosità: l’idea di affrescare gli interni della Casa Madre romana fu inizialmente osteggiata da Piacentini che però venne poi convinto da Delcroix). Alla destra dell’ingresso “sorveglia” l’edificio una scultura marmorea, opera di Guido Galletti, raffigurante la Vittoria Vigilante.
A destra dell’edificio trova spazio il sacrario contenente la terra qui trasportata dal Montello e sullo sfondo il gruppo marmoreo “I Mutilati” opera di Eugenio Baroni (anch’egli soldato nel primo conflitto mondiale), inizialmente pensata dall’autore come bozzetto per il “Monumento al fante”, già esposto a Roma a Palazzo Venezia, che però non venne mai eseguito (la sofferenza che traspare dai personaggi del gruppo bronzeo, muti testimoni degli orrori della guerra, si scontrava con l’idea eroica del soldato della propaganda del Ventennio).
Gli interni conservano gli originali arredi, molti dei quali recano inciso il simbolo dell’ANMIG ossia tre baionette e una corona di spine.
14.1 Villa Donghi
Essa è situata in Salita della Noce, tratta dell'antica Via romana che dal centro di Genova, dopo aver attraversato San Vincenzo e San Fruttuoso, conduceva a San Martino e ad Albaro.
Il corpo di fabbrica più antico della villa, risalente con tutta probabilità agli inizi del XVII Seoclo, segue i canoni dell'architettura degli edifici di villeggiatura del genovesato: l'esterno si presenta di forma parallelepipeda, sormontato da un'alta copertura a quattro falde; l'interno si presenta con un ampio atrio voltato su cui si affacciano gli altri ambienti e da cui diparte il monumentale scalone marmoreo che conduce ai piani superiori.
Posta sullo spigolo nord-est e antecedente alla villa, vi è l'antica torre: a pianta quadrata, è un esempio delle tante costruzioni difensive poste sulla costa e nelle vallate, realizzate a partire dal X secolo contro i possibili attacchi da lmare.
Nel XIX Secolo al corpo di fabbrica originario venne aggiunto un altro edificio.
Nel 1891 la villa venne venduta dal Marchese Donghi al Comune di Genova.
Lo sviluppo urbanistico novecentesco privarono la villa del suo giardino e snaturarono il contesto nel quale essa era inserita.
Attualmente la stessa è in stato di abbandono.
14.2 Villa Cambiaso
La facciata a mare di Villa Cambiaso (foto di Antonio Figari) |
La loggia al piano nobile di Villa Cambiaso (foto di Antonio Figari) |
14.3 Villa Bonino
Villa Bonino (foto di Antonio Figari) |
Particolare di un portale di Villa Bonino (foto di Antonio Figari) |
14.4 Villa Franzone
Sita in Via della Sirena, questa splendida villa fu costruita nel XVI Secolo per gli Airolo.
Divenne poi di proprietà dei Franzone.
Conserva ancora all'interno un bell'atrio, lo scalone affrescato e la loggia al primo piano.
Sono andati purtroppo perduti gli affreschi del soffitto del salone del primo piano, opera del Tavarone.
Anche gli affreschi in facciata, visibili nell'antica immagine qui sotto, oggi non sono più leggibili.
14.5 Chiesa di San Francesco d’Albaro
Una prima chiesa, sorta in questo luogo ed intitolata a San Michele, fu edificata nel XIII secolo. Un documento notarile del 1304 ci racconta che in quell’epoca la proprietà dell’edificio era in capo ai frati minori conventuali che in precedenza avevano sede nell’abbazia di San Giuliano. Nel 1316 gli stessi iniziano l’edificazione del convento e tra il 1323 ed il 1324 viene edificata la chiesa grazie ai finanziamenti ricevuti dalla famiglia Cebà che tanto farà, insieme nei secoli a venire ai Giustiniani, per abbellire ed ampliare la chiesa.
L’intitolazione a San Francesco sarà di poco successiva e nel 1544 viene aggiunto il titolo parrocchiale dell’antica chiesa intitolata ai Santi Nazario e Celso, piccola chiesa in riva al mare che nel mentre era caduta in rovina a causa delle violente mareggiate che l’avevano colpita.
Aspetto gotico dell’edificio rimane evidente ancora oggi solo nel portale in facciata e nelle lapidi commemorative con stemmi araldici murate nella sala che si incontra entrando dall’ingresso laterale su Piazza Leopardi.
Gli interni subiscono un primo radicale intervento nel 1426 che interessa altare e coro, un secondo nel 1476 con il quale la chiesa assume l’aspetto attuale a tre navate con pianta a croce latina, mentre un centinaio di anni dopo, e precisamente nel 1593-1595, un ulteriore intervento ricostruttivo interessa il coro.
L’apparato decorativo interno comprende alcuni affreschi risalenti al XV secolo raffiguranti “Allegorie delle Virtù”, immediatamente successivi agli interventi di ampliamento della chiesa del 1476, affreschi seicenteschi di Giovanni Battista Carlone nella volta della navata centrale raffiguranti “San Francesco in gloria” (affresco poi ampliato da Giovanni Agostino Ratti), ed affreschi risalenti al 1754 opera di Giuseppe Galeotti nel transetto, abside e coro.
Sugli altari troviamo opere di Anton Maria Maragliano (gruppo ligneo del “Battesimo di Cristo”), Antonio Brilla (gruppo scultoreo della “Crocifissione”) e di Domenico Fiasella (dipinto dal titolo “ San Francesco che contempla Gesù e Maria”).
Nel refettorio del Convento è conservata un opera di Alessandro Magnasco “La cena in Emmaus”.
In un corridoio attiguo alla prima sala che si incontra entrando da Piazza Leopardi troviamo invece il monumento funebre del nobile Gio Battista Raggi, originariamente conservato in chiesa. Un curiosità: se osservate quanto scritto sotto il monumento vedrete delle parole mancati scalpellate via dai francesi alla fine del XVIII secolo e relative ai titoli nobiliari del Raggi.
14.6 Monastero di Santa Chiara in San Martino d'Albaro
In Via Lagustena, alla confluenza con Salita della Noce, si apre un bel portale che introduce il curioso nel Monastero di Santa Chiara.
Fu Monsignor Tedisio Camilla, alto prelato della Curia di Roma, cappellano di papa Innocenzo IV (di cui trovate una breve biografia nel paragrafo dedicato ai papi genovesi nella pagina dei poeti SANTI scrittori AVVENTURIERI) a volere che fosse costruito un monastero nella sua villa di Albaro e che lo stesso fosse affidato possibilmente all'ordine dei Predicatori o dei Frati Minori.
Così era scritto nel suo testamento a rogito Notaio Vassalino di Agneto, redatto il 24 giugno 1295. I suoi discendenti Camilla, coadiuvati dagli esecutori testamentari e da Jacopo da Varagine, arcivescovo di Genova, eseguirono quanto voluto dal "de cuius": venne adattata a monastero la villa del Camilla e fu eretta una chiesa dedicata a San Nicolò de Hirchis. Il complesso monastico fu affidato alla monache cistercensi nel 1299. Le stesse, anche a causa delle pesanti ingerenze nella vita del monastero da parte dei Camilla, che sullo stesso avevano il giuspatronato, abbandonarono questo luogo nel 1498. Il 25 marzo di quello stesso anno il monastero fu affidato alla clarisse e la chiesa fu intitolata a Santa Chiara. Il complesso crebbe tanto da arrivare ad ospitare nel XVI secolo più di 150 monache. A questo periodo di fioritura spirituale corrisponde anche un impulso ad un nuovo abbellimento della chiesa grazie alle donazioni delle nobili famiglie dei Centurione e dei Pallavicino, che, in cambio delle ingenti offerte, ottennero il diritto di essere sepolti in questa chiesa.
Questo periodo di abbellimento prosegue fino alla metà del Settecento.
Seguirà un periodo di degrado fino alle definitiva chiusura per effetto dell'Editto Napoleonico del 1810. Le clarisse torneranno nel Monastero dopo qualche anno e vi rimarranno fino al 1999. Il 21 novembre di quell'anno, dopo 700 anni, le ultime monache lasciarono questo monastero che oggi è gestito e vive grazie all'opera della "Associazione Amici del Monastero di Santa Chiara APS".
La facciata dipinta sovrasta il sagrato di ciottoli bianchi e neri, un tipico risseu ligure eseguito nel 1654 su cartoni di Domenico Fiasella, autore anche di affreschi all'interno della chiesa. Il mosaico rappresenta episodi della Bibbia (la cacciata di Adamo ed Eva, Abramo ed Isacco e l'arca di Noe e agli angoli i quattro simboli degli evangelisti).
Gli interni conservano affreschi di Luca Cambiaso, G.B. Carlone, Domenico Fiasella, Giuseppe Palmieri, Francesco Costa e Gio Agostino Ratti, eseguiti tra il 1550 ed il il 1750.
Il secondo altare sulla sinistra conserva "Il battesimo di Gesù", opera di Luca Cambiaso, commissionato da Paride Centurione e Battista Pallavicino. Sull'altare maggiore vi è un'altra opera del Cambiaso, "La deposizione di Cristo" sovrastata da un "Dio Padre benedicente" con il globo nella mano sinistra. Il coro delle monache, posto in una posizione sopraelevata, conserva splendidi stalli lignei che corrono lungo il perimetro.
Una curiosità: sopra la volta di copertura vi è la presenza di vasi acustici disposti su tre file longitudinali di cui la centrale sull'asse della chiesa. Se guardate con attenzione vedrete quattordici fori a cui corrispondono altrettanti vasi acustici. Si tratta di comuni giare in terracotta da olio, alte 90 cm e larghe 70, con la bocca di apertura rivolta verso il basso. L'interno delle stesse è interamente ricoperto di smalto vetroso.
Grazie a questo particolare "escamotage", la chiesa ha un'acustica invidiabile che ne fa uno dei luoghi più belli di Genova dove ascoltare concerti.
L'interno si presenta con un grande salone affrescato e uno scalone in pietra nera e colonne di marmo che conduce al piano nobile.
I possedimenti di Punta Chiappa invece sono tuttora di proprietà dei discendenti del conte Gerolamo Gnecco, figli dell'ultima contessa Gnecco, mia nonna Maria Vittoria.
18.3 Villa Gropallo
Costruita nella seconda metà del Settecento per volere del Marchese Francesco Gropallo, venne ristrutturata nell'Ottocento da Gaetano Gropallo il quale volle dare nuova vita al parco sostituendo aranci e ulivi con piante esotiche quali palme e altre specie non presenti nel territorio genovese.
La villa passò al comune di Genova nel 1927 ed oggi è sede della biblioteca "V. Brocchi" e della locale stazione dei Carabinieri.
18.4 Villa Saluzzo Serra
Edificata nel XVII Secolo, questa villa fu di proprietà dei Saluzzo, dei Morando ed infine dei Serra che la cedettero all'armatore Carlo Barabino.
Acquistata dal Comune di Genova nel 1926, divenne sede della Galleria d'Arte Moderna.
Lo splendido parco, come per la vicina Villa Gropallo, fu progressivamente trasformato da aranceto e uliveto in uno splendido giardino all'inglese dove sono conservate tuttora molte specie non autoctone. Tra le tante, mi piace ricordare due maestose Jubaea Chilensis (palme cilene) alte una decina di metri che si notano anche passando in Via Capolungo.
A fianco della villa vi è una piccola cappella settecentesca.
18.5 Villa Grimaldi Fassio
Edificata nel XVI Secolo, nel Novecento passa in proprietà agli armatori Fassio Lomellini che la ristrutturano negli anni cinquanta del Novecento affindando il progetto all'architetto Luigi Carlo Daneri.
Acquistata dal Comune di Genova nel 1979, oggi ospita le Raccolte Frugone.
Nel parco della villa vi è il famoso roseto di Nervi, da poco ritornato al suo antico splendore.
18.7 Il Giardino Zoologico di Nervi
Nel 1930 venne creato nei Parchi di Nervi un giardino zoologico di cui oggi nulla rimane se non qualche antica immagine che ne documenta l'esistenza. La sua fu una breve esistenza che terminò con la Seconda Guerra Mondiale.
Che bello vedere Sampierdarena e la bellezza delle sue ville!
RispondiEliminaComplimenti per il sito!
Marco
Caro Marco,
Eliminagrazie per le Tue parole.
grande ioda anni mi sono trasferito a savona per ragioni di cuore diciamo ma riscopro le sensazioni legate alla mia citta' con le vostre foto e la vs. narrativa complimenti (sena a le cumme a moe nu sa ascorda mai ciu)
RispondiEliminaFelice di farti rivivere belle sensazioni (e grazie per il "voi" ma sono solo uno!?!).
Eliminacomplimenti per l'esposizione del sito.
RispondiEliminaGrazie per le Tue parole.
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