gli ORATORI e le CASACCE


Il centro storico di Genova era disseminato di oratori, ognuno dei quali dedicato ad un Santo ed ognuno sede di confraternite le quali facevano a gara per dare al proprio oratorio uno splendore che lo facesse risaltare rispetto agli altri.
La passeggiata tra gli antichi oratori sarà purtroppo molto virtuale e poco reale poiché molti di essi sono stati cancellati dalle guerre e dalla scelleratezza di taluni genovesi, anche se per fortuna molte opere di essi non sono andate perdute ma solo trasferite in altri luoghi, basta sapere dove andarle a cercare! 
Inizia qui la passeggiata alla scoperta degli oratori di Genova.


INDICE

1. Le Casacce
2. Santa Caterina
3. San Bartolomeo (alle Fucine)
4. Sant'Andrea (alle Fucine)
5. San Giacomo delle Fucine
6. Sant'Antonio Abate alla Marina
7. San Giacomo della Marina
8. San Tommaso
9. Cinque Piaghe
10. Morte ed Orazione
11. Sant'Antonio da Padova al Guastato
12. Santo Sepolcro
13. San Donato o dell'Arciconfraternita della Morte
14. Suffragio
15. Santa Maria, San Bernardo e SS. Re Magi
16. Santa Maria degli Angeli
17. San Filippo
18. SS. Pietro e Paolo (a San Bernardo)
19. N.S. del Rosario e San Teodoro
20. Anime Purganti
21. N.S. del Rosario a S.M. di Castello
22. San Francesco 
23. San Pietro Martire
24. SS. Antonio e Paolo
25. San Germano
26. San Giorgio
27. San Giovanni Battista 
28. delle Anime e della Cintura (già "di San Vincenzo")
29. Santa Consolata
30. SS. Giacomo e Leonardo
31. San Francesco da Paola




1. Le Casacce

A partire dal 1260 si sviluppano a Genova e nelle zone sotto la sua influenza le compagnie dei disciplinanti. Esse si raccoglievano nelle Casacce (o "casaccie") per pregare e fare penitenza.
I disciplinanti praticavano opere di misericordia, corporale e spirituale, ed si davano statuti per organizzar la loro vita.
Le Casacce hanno in città una rapida evoluzione: esse custodiscono in se stesse storia e tradizione,  magnifiche casse processionali, grandiosi crocifissi ornati dai Santi ed importanti dipinti.
Il termine "Casaccia", secondo un'antica versione,  deriva dall'espressione  "far casaccia", ovvero unire le confraternite: gli appartenenti, in sostanza, accomunavano sotto un unico santo protettore la Casata o il Sestiere di appartenenza. Un'altra versione, invece, fa derivare  il nome dal fatto che i confratelli si radunavano in baracche di legno, dette "casasse" (grosse case).
Esse erano organizzate in organismi laici con una propria sede, l'oratorio, e la loro esistenza è testimoniata negli atti della Società Ligure di Storia Patria. Spesso coloro che aderivano alle confraternite appartenevano a gruppi artigiani e, in questo senso,  esse assunsero l'aspetto di una sorta di consorteria in appoggio ad uno specifico gruppo sociale.
Solo dal XV secolo, divenute  economicamente autosufficienti, le confraternite iniziano ad avere sedi proprie, costituite dagli oratori nei quali ancora oggi  si può ammirare tutto lo splendore delle antiche Casacce.


2. Santa Caterina

Presso la chiesa di Santa Caterina (di cui trovate la storia alla pagina dedicata a le CHIESE di GENOVA), sita lungo la salita che ne prende il nome, fu fondata intorno al 1260 una casaccia chiamata "Grande casaccia, Domus Magna S. Catharinae".
Questa casaccia si ritagliò da subito un ruolo di primo piano nella vita cittadina poiché posta sotto la protezione dell'Ordine Francescano, all'epoca al massimo del suo splendore.
Era conservata nell'oratorio di questa casaccia una tavola di Bernardo Castello raffigurante "Maria SS. e S. Giovanni Battista". Quest'ultimo era divenuto all'epoca titolare della Casaccia, assieme a Caterina.
Chiuso al pubblico nel 1810, l'oratorio viene riaperto negli anni seguenti ma, dopo liti insorte tra i confratelli, viene chiuso definitivamente e venduto a privati. 


3. San Bartolomeo (alle Fucine)

Sito lungo Vico de' Tintori, strada posta accanto a Vico delle Fucine (entrambe collegavano Via San Sebastiano a Salita Santa Caterina) questo oratorio secondo la tradizione fu fondato nel Chiostro di San Bartolomeo degli Armeni.
Antonio Tavella sostiene che si abbia memoria di questo oratorio nel 1308. Venne chiuso al culto nel 1811 e successivamente utilizzato per usi profano e poi distrutto quando verrà tracciata Via Roma.
L'oratorio conservava al suo interno sopra l'altar maggiore un dipinto di Giulio Cesare Procaccini raffigurante il Martiro di San Bartolomeo (trasferito, dopo l'abbattimento dell'Oratorio, nella Chiesa di Santo Stefano e successivamente portato in Santo Stefano la Nuova per tornare nel 1981 nella "vecchia" Santo Stefano dove ancora oggi potete ammirarla) e la cassa processionale del Santo, opera di Anton Maria Maragliano, oggi conservata nell'Oratorio di San Bartolomeo a Varazze.


4. Sant'Andrea (alle Fucine)

Questa casaccia nasce nella Chiesa di Sant'Andrea. Non avendo un oratorio proprio, i confratelli prendono in affitto un locale di proprietà del Capitolo della Cattedrale presso gli Orti di Sant'Andrea.
In seguito nel XVI secolo viene edificato un oratorio lungo Vico  de' Tintori, in faccia all'Oratorio di San Bartolomeo di cui vi parlavo nel precedente paragrafo. Anch'esso, come il vicino Oratorio di San Bartolomeo, verrà chiuso al pubblico nel 1811 e, dopo esser stato utilizzato per usi profani, verrà demolito con il tracciamento di Via Roma.
All'interno della Basilica di Santa Maria delle Vigne, in controfacciata, è conservato un dipinto proveniente da questo oratorio: si tratta di un "Cenacolo", opera del fiorentino Simone Balli e databile agli inizi del XVII Secolo.
Erano altresì conservati in questo oratorio un "Cristo che lava i piedi agli apostoli" di Gio. Andrea De Ferrari e un "Sant'Andrea che va la martirio e libera un'ossessa", opera di Gioacchino Assereto.


5. San Giacomo delle Fucine


Sito in Vico delle Fucine, una stretta strada che collegava Via San Sebastiano a Salita Santa Caterina, esso fu probabilmente fondato nel XVI secolo, come ci racconta L'Alizeri, da alcuni membri già appartenenti all'Oratorio dei SS. Giacomo e Leonardo di Prè (di cui trovate la storia al paragrafo 30 di questa pagina).
Questo oratorio fu sede dell'arte dei Tintori.
A seguito dell'apertura di Via Roma esso fu demolito e ciò che rimaneva fu trasferito nell'Oratorio di Santa Croce in Piazza Sarzano, oggetto purtroppo di bombardamenti nell'ultima guerra mondiale ed oggi ridotto a locale ad uso palestra.

Di questo Oratorio rimane oggi in salita Santa Caterina solo il portale e sopra di esso una lapide marmorea che ricorda che qui sorgeva uno degli oratori genovesi dedicato a San Giacomo Maggiore.
Quello che non fu distrutto dalla scellerata scelta urbanistica ottocentesca di non risparmiare questo magnifico oratorio e dalla Seconda Guerra Mondiale, è stato trasferito in massima parte nell'Oratorio di Sant'Antonio Abate della Marina e in quello di San Giacomo della Marina di cui vi parlo nei prossimi paragrafi.


Portale di ingresso dell'oratorio di San Giacomo delle Fucine sito in Salita Santa Caterina  (foto di Antonio Figari)

lapide marmorea posta sopra al portale di ingresso dell'oratorio di San Giacomo delle Fucine 
(foto  di Antonio Figari)


6. Sant'Antonio Abate della Marina

Oratorio di Sant'Antonio Abate alla Marina
(foto di Antonio Figari)

La lapide marmorea e la statua di Sant'Antonio sopra l'ingresso principale dell'Oratorio
(foto di Antonio Figari)

Edificato subito sotto Piazza Sarzano, tra le Murette e le Mura delle Grazie, l’oratorio di Sant’Antonio Abate, sede dell’omonima casaccia,  risale al XVII secolo.
La splendida quadreria, a differenza dell'oratorio di San Giacomo della Marina, di cui Vi parlerò nel prossimo paragrafo, oggi purtroppo è in gran parte dispersa.
Soppresso nel periodo napoleonico, fu riaperto nel 1816 e nel 1828 subì un profondo restauro interno ad opera di Carlo Barabino con la collaborazione dello scultore Ignazio Peschiera.
Tra le meraviglie ancora presenti nell’oratorio ricordiamo una tavola coi "Santi Antonio e Paolo eremita" opera di Luca Cambiaso  ed il "Cristo Bianco" (1710) di Anton Maria Maragliano.



Il "Cristo Moro", crocifisso professionale opera di Domenico Bissoni (1639), molto noto all’epoca dello splendore delle Casacce a Genova per i legni pregiati utilizzati per la scultura del Cristo ed il rivestimento di tartaruga con decorazioni in oro e argento usati per la croce, e la splendida cassa processionale raffigurante "San Giacomo Maggiore che abbatte i Mori", opera di Pasquale Navone, la cosa che più mi piace dell’intero oratorio e quella che secondo me da sola vale una visita all’Oratorio (peccato non sia più portata in giro per il quartiere come avveniva una volta, anche se il soggetto, come mi suggeriva un vecchietto che ho incontrato sulla porta dell’oratorio, sarebbe poco gradito ai tanti musulmani che abitano ora in zona) provengono entrambi dall’Oratorio di San Giacomo delle Fucine, sopradescritto, demolito nel 1872 per il tracciamento di Via Roma.
E a proposito della magnifica cassa processionale del Navone, le cronache raccontano che ci volessero 36 persone per sorreggerla quando veniva portata in processione nel quartiere e che fosse piuttosto complicato raggiungere Piazza Sarzano: i portatori della cassa infatti dovevano uscire dalla porta principale dell'oratorio, infilarsi nell'osteria che sorgeva di fronte, quindi ruotare e risalire così verso la piazza, manovra tutt'altro che semplice visto il peso della struttura e il dislivello tra l'oratorio e Piazza Sarzano.


La cassa processionale di "San Giacomo che sconfigge i Mori" opera di Pasquale Navone
(foto di Antonio Figari)


Osservare i personaggi scolpiti dal Navone nella cassa processionale del Santiago Matamoros, è un po' come trovarsi difronte a coloro che abitavano nei vicoli nel XVIII Secolo: erano infatti i popolani i modelli per queste sculture.
Ed in tanti loro volti, rivedo coloro che abitano oggi nei miei amati vicoli.


Particolare della cassa processionale
(foto di Antonio Figari)

Particolare della cassa processionale
(foto di Antonio Figari)


Particolare della cassa processionale
(foto di Antonio Figari)


Particolare della cassa processionale
(foto di Antonio Figari)


La cassa del Navone, il Cristo del Bissoni sulla destra  e sullo sfondo l'altare dell'oratorio
(foto di Antonio Figari)

Il portone d'ingresso e sopra l'organo
(foto di Antonio Figari)


Particolare della volta dell'Oratorio
(foto di Antonio Figari)



7. San Giacomo della Marina

La targa marmorea sopra l'ingresso dell'Oratorio di San Giacomo della Marina
(foto di Antonio Figari)
 

Edificato nel 1403, come ci ricorda la lapide di fondazione, lungo le Mura delle Grazie, lambite fino al XIX secolo dal mare, l'oratorio di San Giacomo della Marina rappresentava una tappa importante per i pellegrini in cammino verso Santiago de Compostela. 

La lapide di fondazione
(foto di Antonio Figari)
Quello che vediamo oggi non ha più nulla dell'antico edificio romanico delle origini ed è frutto degli abbellimenti compiuti in epoca barocca, epoca in cui la Confraternita di San Giacomo della Marina godeva di grande prestigio e potenza.
L'oratorio si presente in un'unica navata, illuminato da grossi finestroni polilobati in stile settecentesco, e impreziosito alle pareti da una serie di quadri eccezionali rappresentanti scene di vita di San Giacomo opera dei migliori artisti dell'epoca.
Eccovi chi sono gli artisti e le loro opere: 
- Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto ("San Giacomo che abbatte i mori"), la tela che più amo tra quelle esposte; 
- G.B. Carlone ("San Giacomo apre le porte di Coimbra a Re Ferdinando" e "San Giacomo, andando al martirio, risana un paralitico");
- Valerio Castello ("San Giacomo battezzato da San Pietro" e "vocazione di San Giacomo");
- Giovanni Domenico Cappellino ("San Giacomo predica al popolo" e "l'Immacolata");
- Domenico Piola ("Martirio e gloria di San Giacomo"); 
- Giovanni Lorenzo Bertolotto ("San Teodomino, Vescovo d'Adria, fa tagliare un bosco per cercare le spoglie di San Giacomo");
Orazio de Ferrari ("La Vergine del Pilar appare a San Giacomo" e "San Giacomo consacra San Pietro Martire, vescovo di Praga")
- Aurelio Lomi ("Giacomo e Giovanni presentati a Gesù").



Lo spendido interno dell'oratorio
(foto di Antonio Figari)



Stucchi e affreschi abbelliscono tutte le pareti ed il soffitto.
Vi sono poi due crocifissi alle pareti: uno del Bissone ed uno della scuola del Maragliano.
La  cassa processionale che troneggia in mezzo all'aula è opera del marsigliese Honorè Pelle (1677) e raffigura "Cristo risorto che appare a San Giacomo e San Leonardo suo discepolo": essa proviene dall'Oratorio dedicato a questi due Santi (di cui trovate la storia al paragrafo 30 di questa pagina) che si trovava presso la Darsena nella località chiamata ancora oggi Santa Limbania, oratorio demolito per la costruzione della Carrettiera Carlo Alberto (l'attuale Via Gramsci).

La cassa processionale del Pellè
(foto di Antonio Figari)


(foto di Antonio Figari)




(foto di Antonio Figari)
 

Questo oratorio aveva una propria cassa processionale  raffigurante "La Madonna del Pilar che appare a San Giacomo", commissionata dai confratelli a Domenico Parodi che la eseguì con la collaborazione di Agostino de Negri, che fu venduta nel 1891 alla Parrocchia di San Giacomo di Cornigliano dove ancora oggi si trova in una nicchia dell'abside. Sempre in questa chiesa è conservato un crocifisso seicentesco forse proveniente anch'esso dall'oratorio della Marina.
La Seconda Guerra Mondiale danneggiò questo edificio ma risparmiò miracolosamente la quadreria che possiamo ancora oggi ammirare grazie anche ad un accurato restauro degli anni 90 del Novecento che ha riportato tutto l'oratorio al suo antico splendore.


L'oratorio di San Giacomo della Marina
(foto di Antonio Figari)


8. San Tommaso

L'oratorio, nato accanto alla Chiesa di San Tommaso (che si trovava nella zona di Principe vicino alla Villa Doria di Fassolo e di cui trovate la storia nella pagine dedicata a "le CHIESE di GENOVA"), fu trasferito nel 1536, a seguito della costruzione delle Mura Nuove, in Piazza della Nunziata e trovò posto accanto alla Basilica della SS. Annunziata del Vastato. Quando quest'ultima venne ampliata, l'oratorio dovette essere demolito e  venne ricostruito nel 1618, grazie al contributo della nobile famiglia dei Lomellini, nella vicina via, oggi chiamata "delle Fontane", dove ancora è visibile. Era soprannominato "il Duomo degli Oratori" per la sua grandezza ed imponenza.
Accinelli ci racconta che la confraternita si occupava del pietoso ufficio di ministrare agli infermi, ufficio che i confratelli esercitavano fin dagli inizi, quando l'Oratorio si trovava ancora accanto alla Chiesa di San Tommaso e non distante dall'ospedale di San Lazzaro. Oltre al servizio di assistenza agli infermi presso questo ospedale, i confratelli si occupavano anche di dare agli stessi degna sepoltura.

Entriamo nell'oratorio: superato un piccolo portone, sul quale anticamente vi era una affresco con San Tommaso, si accede in uno stretto cortiletto che conduce all'ingresso dell'oratorio, sormontato dalla statua di Sant'Antonio Abate, verosimilmente qui posizionata quando l'oratorio divenne sede della confraternita della Cinque Piaghe che precedentemente aveva sede nell'Abbazia di Sant'Antonio di Pré e di cui trovate la storia nel successivo paragrafo.

Il portone verde costituisce il piccolo ingresso al cortiletto dell'Oratorio di San Tommaso
(foto di Antonio Figari)


L'interno dell'Oratorio di San Tommaso
(foto di Antonio Figari)

(foto di Antonio Figari)

(foto di Antonio Figari)


(foto di Antonio Figari)

(foto di Antonio Figari)


(foto di Antonio Figari)



(foto di Antonio Figari)

(foto di Antonio Figari)

La cantoria in controfacciata
(foto di Antonio Figari)

L'interno dell'oratorio conserva ancora alle pareti la magnificenza dei suoi decori in stucco e le statue degli Apostoli, anch'esse in stucco, poste entro nicchie, risalenti al XVII secolo e opera dell'urbinate Marcello Sparzo; sono invece andate disperse le altre opere, pittoriche e non, che abbellivano questo oratorio come ci racconta l'Alizeri: "Nella moderna soppressione dell'oratorio perdettero le due opere di maggior mole, un cenacolo del Cappuccino, e la macchina in legno scolpita da Marcantonio Poggio". Con la soppressione napoleonica di inizio secolo, si perdono infatti le tracce del Cenacolo di Bernardo Strozzi (il "Cappuccino") e della cassa processionale della casaccia, la "macchina di legno" raffigurante  "San Tommaso che tocca il costato a N.S.", opera dello scultore genovese Marcantonio Poggio, ricordato dai più per la straordinaria cassa processionale della "Decollazione di San Giovanni Battista" conservata nell'oratorio di Morte ed Orazione a Sestri Ponente. Oltre alle opere citate dall'Alizeri vi era anche un Crocifisso del Bissoni, venduto in America, e altre tele (queste ultime oggi conservate, dopo essere state dapprima trasferite nella vicina chiesa di Santa Fede, nella moderna Chiesa di Santa Fede in Corso Sardegna a Genova che dalla chiesa del centro storico dallo stesso nome ereditava titolo e beni).
Nel 1829, dopo esser stato utilizzato per scopi profani quali magazzino per il legname, l'oratorio viene affidato all'Arciconfraternita delle Cinque Piaghe, di cui vi parlo nel successivo paragrafo, confraternita che anticamente aveva sede presso l'Abbazia di Sant'Antonio di Pré (di cui Vi parlo nella pagina dedicata a le CHIESE di GENOVA).
Purtroppo, come molti altri gioielli di Genova, questo luogo, dopo aver perso la sua funzione di oratorio, è stato utilizzato per le più disparate destinazioni d'uso (prima palestra di una scuola, poi dormitorio per senzatetto e bisognosi) e la sua bellezza rimane ai più sconosciuta.


9. Cinque Piaghe

In un oratorio posto presso la chiesa dell'abbazia di Sant'Antonio di Prè (di cui trovate la storia nella pagina dedicata a le CHIESE di GENOVA) aveva sede la confraternita delle Cinque Piaghe (le Cinque Piaghe son le ferite sofferte da Cristo durante la Crocifissione).
I confratelli si dedicavano al servizio degli infermi, affetti dal "fuoco di Sant'Antonio" (herpes zoster), che erano curati dallo spedale che aveva sede presso l'abbazia. Oltre a questo, gli appartenenti a questa casaccia provvedevano anche a dare degna sepoltura ai defunti. Quest'ultimo servizio divenne l'attività principale della casaccia quando l'ospedale di Sant'Antonio venne chiuso con la nascita del grande ospedale centrale di Pammatone.
Con la soppressione napoleonica del 1811 gli arredi dell'oratorio passarono alla vicina parrocchia di San Sisto.
Nel 1829 i confratelli ottennero dalla fabbriceria parrocchiale di Santa Fede l'oratorio di San Tommaso che da anni era stato ad uso profano destinato divenendo un magazzino di legname.
La storia di questa confraternita, elevata al titolo di Arciconfraternita da Papa Pio VIII, e della sua presenza in San Tommaso  si conclude nel 1896 quando l'oratorio viene venduto ai Padri Gesuiti.
Oggi, come vi raccontavo nel precedente paragrafo, l'oratorio è chiuso al pubblico e in attesa di ritrovare il suo antico splendore e una destinazione che lo renda fruibile al pubblico.
La statua di Sant'Antonio Abate, posizionata entro una nicchia sul portale d'ingresso, fu con tutta probabilità qui posizionata quando l'oratorio divenne sede della confraternita nel 1829.


La statua di Sant'Antonio Abate posta sopra l'ingresso dell'oratorio
(foto di Antonio Figari)


10. Morte ed Orazione

Un altro gioiello si nasconde in Via delle Fontane proprio di fronte all'oratorio di San Tommaso: è l'Oratorio della Morte ed Orazione.
L'Accinelli racconta che i primi confratelli provenivano dall'antica confraternita del Venerdì che uffiziava nel chiostro di Santa Maria di Castello, i quali si unirono ad altra esistente in S. Vittore (Chiesa oggi purtroppo non più esistente che si trovava in via Prè ed il cui titolo è stato dato alla Chiesa di San Carlo in Via Balbi e di cui vi parlo nella pagina de "le CHIESE di GENOVA" al paragrafo 3) sotto l'invocazione di Santa Lucia, e congiunte tra loro diedero origine a questa, che all'inizio aveva per istituto di seppellire per carità i cadaveri degli schiavi.
Come ci racconta l'Alizeri, esso fu eretto nel 1640 anche se la Confraternita si era già stabilita nella vicina Chiesa di Santa Sabina dal 1587; essa  si occupava della sepoltura dei non abbienti, soccorrendone anche le famiglie.

Sotto la direzione dell'architetto Pellegrini intorno al 1780 l'Oratorio fu restaurato e proprio in quel periodo abbellito alle pareti dagli stucchi del milanese Carlo Fozzi e nei quattro pilastri che dividevano l'ambiente da splendide statue raffiguranti le "Virtù" opera di Andrea Casaregis.
Purtroppo l'Oratorio fu quasi del tutto distrutto nella seconda guerra mondiale: il 19 maggio 1944 infatti una bomba sfondò la volta e successivamente le macerie del vicino caseggiato trascinarono a terra ciò che restava della volta stessa e degli altari laterali con le loro statue e le altre sculture.



L'oratorio della Morte ed Orazione dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale


Sono invece ancora presenti nell'oratorio, e da soli valgono al visita a questo, il bellissimo altare opera di Francesco Maria Schiaffino (commissionato allo scultore nel 1738 e pagato ben 2.200 lire dell'epoca), il "Giudizio Universale" del Carlone nel presbiterio e due tele di Domenico Piola "L'Immacolata Concezione" e "Santa Lucia" ai lati della navata. La grande tela di Gregorio De Ferrari che rappresenta l'episodio biblico di "Tobi che dà sepoltura ai morti", un tempo in questo oratorio, è oggi conservata nelle sale del Museo Diocesano di Genova.
Una curiosità: i due angioletti centrali, che vedete nella foto qui di seguito,  furono trafugati nel XX secolo e sono oggi tornati al loro posto dopo essere stati recuperati dai Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale.

altare Oratorio della Morte ed Orazione genova
Lo splendido altare dell'Oratorio della Morte ed Orazione
(foto di Antonio Figari)


altare Oratorio della Morte ed Orazione genova
Particolare dell'altare dell'Oratorio della Morte ed Orazione
(foto di Antonio Figari)


Oratorio della Morte ed Orazione genova
Particolare della balaustra davanti all'altare dell'Oratorio della Morte ed Orazione
(foto di Antonio Figari)



Dopo i danni subiti dalla guerra, l'interno dell'oratorio viene restaurato modernamente su disegno di Mario Labo' mentre è rimasta inalterata la facciata ottocentesca.

Oratorio della Morte ed Orazione genova
La facciata dell'oratorio della Morte ed Orazione
(foto di Antonio Figari
)

Particolare della facciata con l'iscrizione che ne ricorda il nome
(foto di Antonio Figari)

Particolare della facciata con il simbolo della Casaccia
(foto di Antonio Figari)


11. Sant'Antonio da Padova al Guastato

Posto in prosecuzione dell'abside della chiesa della SS. Annunziata del Vastato esisteva un tempo un oratorio intitolato a Sant'Antonio da Padova ed innalzato intorno alla seconda metà del XVII secolo grazie alla donazione 50 confratelli tra i quali G.B. Lomellini.
L'interno, di modeste proporzioni, fu interamente affrescato da Giuseppe Palmieri a metà del '700. In particolare quest'ultimo dipinse l'intero soffitto con una Immacolata che, presentandosi pura all'Eterno, faceva precipitare un gruppo di diavoli.  Sull'altar maggiore era conservato un'opera di Domenico Piola raffigurante la "B.V. e S. Antonio di Padova"e ai lati due dipinti di Lorenzo de Ferrari "S. Antonio che predica ai pesci sulla spiaggia di Rimini" e "Il miracolo della mula innanzi al SS. Sacramento" (entrambe le tele del De Ferrari sono oggi conservate nella chiesa del Mainetto di Serra Riccò). 
Apparteneva a questo oratorio, fino alla soppressione del 1811, la cassa processionale raffigurante la "Beata Vergine col Bambino, S. Antonio e Angeli", un tempo attribuita al Maragliano. La stessa sarà acquistata dalla chiesa di santa Caterina di Rossiglione dove ancora oggi è conservata.
L'oratorio viene riaperto nel 1817 e la sua storia continua fino alla seconda guerra mondiale quando viene interamente distrutto nel bombardamento del 13 agosto 1944.
Una curiosità: nel 1672 i confratelli, per decreto del Padre Generale dei Francescani, ottenevano il privilegio di poter essere sepolti nella cappella di Sant'Antonio nella chiesa della SS. Annunziata del Vastato (si tratta dell'altare barocco che si trova nel transetto destro della chiesa e dove, entro una nicchia  con quattro colonne tortili, vi è uno splendido gruppo ligneo policromo su progetto di Pierre Puget con "Sant'Antonio da Padova adorante il Bambino e Angeli"; nella volta e nella lunetta sono raffigurati rispettivamente la "Pentecoste" e la "Incredulità di San Tommaso", opere di Giovanni Carlone).


12. Santo Sepolcro

(foto di Antonio Figari)

(foto di Antonio Figari)

Nei pressi di Via San Luca sorgeva l'Oratorio del Santo Sepolcro.
Il nome del vicolo e della piazza, collocati tra San Luca e Piazza delle Vigne, ne ricordano ancora la presenza in questo luogo. Esso sorgeva proprio nella piazza omonima: era un piccolo scrigno con due volte affrescate da Luca Cambiaso con "Psiche e Cupido in mezzo agli Dei" in una e "Augusto in riva al Tevere mentre le nazioni gli rendono omaggio" nell'altra. Era inoltre presente un bell'affresco del Tavarone raffigurante Mosè.
Purtroppo nulla di questo oratorio è sopravvissuto e possiamo solo immaginare la sua bellezza: un altro angolo dei vicoli che purtroppo non ha resistito ai secoli ed alla scelleratezza degli uomini.


13. San Donato o dell'Arciconfraternita della Morte

Lapide in Vico Biscotti
(foto di Antonio Figari)

In Vico Biscotti, appena dietro la chiesa di San Donato, sul muro di un moderno palazzo edificato nella seconda metà del XX Secolo c'è una grossa lapide: qui un tempo sorgeva l'oratorio di San Donato dove aveva sede l'Arciconfraternita della Morte.
L'origine di questa confraternita si fa risalire al 1350 quando nel chiostro di Santa Maria di Castello si stabilì una confraternita sotto il titolo della Beata Vergine.
Compito dei disciplinanti, i quali indossavano una cappa nera con un piccolo teschio e due femori e le iniziali S.D.V. (Societas Diei Veneris), era la sepoltura dei poveri defunti.
La confraternita salì di numero ammettendo al suo interno anche consorelle e, dopo un primo trasferimento nel 1584 in San Salvatore (dove iniziò a chiamarsi Compagnia della Morte), poi in Sant'Agostino ed infine  con l'assenso di Papa Urbano VIII nel 1637 si trasferì in San Donato dove nel chiostro fu eretto, su disegno di G.B. Garrè, l'oratorio, benedetto e aperto al pubblico il 15 agosto 1638.
L'interno fu affrescato nel 1680 da Gio Andrea Carlone con la Resurrezione dei Morti sulla volta, la Trinità nella Cupola e i quattro profeti nei peducci.
L'oratorio subì gravi danni dal bombardamento del Re Sole del 1684 quando, a causa del fuoco, si fusero molti argenti tra i quali due scheletri lavorati in argento dall'orafo e cesellatore Felice Porrata, famoso per essere l'autore del tabernacolo della Cassa del Corpus Domini del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo.
Nel 1825 furono eretti due altari laterali su disegno di Carlo Barabino.
Tra i quadri si segnalavano una "Deposizione con San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino" opera di Agostino Bombelli da Valenza, oggi conservata nel Museo Diocesano di Genova, e in sacrestia una "Deposizione di Croce" opera di Castellino Castello. Vi era anche una statua lignea dell'Immacolata attribuita al Maragliano.
Nel 1885 fu posta in facciata una grande lapide (oggi visibile in Vico Biscotti come vi raccontavo all'inizio di questo paragrafo) che racconta l'impegno dei confratelli (all'epoca 86) di questa antica istituzione che in prima persona si esposero nell'esercizio della carità durante la pestilenza che colpì Genova nel 1656. Ecco cosa è scolpito su detta lapide:

NELLA PESTILENZA DEL MDCLVI IN GENOVA
LXXXVI CONFRATELLI DELLA MORTE E SEPOLTURA DI CRISTO
PROFFERSERO MAGNANIMAMENTE LE VITE
A SEPPELLIRE GLI APPESTATI CADAVERI
I NOMI DI QUEI GENEROSI RIMASERO OLTRE DUE SECOLI
QUASI IGNORATI NELLE SCRITTURE DOMESTICHE
PUR FINALMENTE APPARIVANO IN TABELLA EPIGRAFICA
NEL NOSTRO VESTIARIO
ED OGGI XIII APRILE MDCCCLXXXV
IL CONSIGLIO DEL SODALIZIO
IN SEGNO DI PIU' DEGNA ONORANZA DECRETA
CHE LA DIMESSA TABELLA
SIA RIPETUTA IN MARMO ED IN PUBBLICO
LXIV PERIRONO DI CONTAGIO NELL'OPERA SANTA

(segue elenco dei nomi dei 64 confratelli deceduti)

XXII SCAMPARONO 

(segue elenco dei nomi dei 22 confratelli che sopravvissero)

DI QUEL TEMPO
LAURA VIOLANTE PINELLI E SOFIA LOMELLINI
MATRONE ILLUSTRI E CONSORELLE NOSTRE
SI CHIUSERO NELLE SPEDALE DI S. COLOMBANO IN GENOVA
PER SOVVENIRE AI MALATI DI PESTE
E DI PESTE MORIRONO
OH GLORIOSE OH BEATE!

Come ricorda la lapide marmorea, ben 64 confratelli morirono: tra di essi in particolare sono ricordate le consorelle Laura Violante Pinelli e Sofia Lomellini, due nobili che decisero di dedicare la loro vita agli appestati curandoli nell'Ospedale di San Colombano, altro nome per indicare l'ospedale degli Incurabili (a questo proposito vi rimando alla pagina dedicata a gli EDIFICI pubblici per approfondire la storia di questo e degli altri ospedali cittadini). Detto ospedale sorgeva lungo l'attuale Via Ettore Vernazza (quest'ultimo fu un grande genovese la cui generosità contribuirà a far nascere proprio questo ospedale destinato ad accogliere coloro che venivano rifiutati dall'ospedale di Pammatone perché non più curabili). Non è un caso poi che due traverse tra Via Vernazza e Via XX Settembre portino i nomi di queste due grandi genovesi che, nonostante la loro agiata posizione sociale, vollero sacrificare la loro vita per dare conforto ad altri genovesi: due figure che andrebbero ricordate più spesso ed il cui esempio è da tramandare alle generazioni future. 
Il pietoso compito del gratuito accompagnamento alla sepoltura dei poveri defunti, scopo di questa confraternita, cessò definitivamente quando, nel 1851, con l'apertura del cimitero di Staglieno, il Comune di Genova avocò a sè questo compito. 
Nel 1900 la confraternita si unì alla "Veneranda Compagnia di Misericordia", che aveva come scopo l'assistenza morale e materiale dei carcerati e che era stata fondata presso l'oratorio di Sant'Ambrogio nel 1464.
I bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale del 6 novembre 1942, come documentano le immagini qui di seguito, rasero al suolo l'oratorio.













Oggi, in una palazzina edificata sulle macerie dell'antico oratorio, la Compagnia della Misericordia continua la sua "attività di assistenza a favore di carcerati, ex carcerati e loro famigliari all'esclusivo scopo di perseguire finalità educative e di solidarietà sociale" (così recita l'articolo 2 del suo statuto). 
Nella moderna sede sono ancora conservate alcune opere appartenenti all'antica Arciconfraternita della Morte: oltre ad arredi sacri, nella cappella è conservata una copia della "Deposizione" del Bombelli, il cui originale, ancora di proprietà della confraternita, è oggi conservato nel Museo Diocesano di Genova.


14. Suffragio

Questo Oratorio, di cui rimangono le macerie, sorgeva in fondo a Salita del Prione.
Purtroppo oggi possiamo vedere solo la facciata coperta dalle impalcature e parte delle volte del soffitto.
Anche in questo caso dobbiamo affidarci alle parole dell'Alizeri che così lo descrive: "un altro oratorio che s'intitola Del Suffragio è quindi a pochi passi in fondo alla salita del Prione per dove si ascende a Sant'Andrea. Il titolo stesso manifesta l'uffizio a  cui intendono gli iscritti; ai quali incumbe pur l'obbligo di unirsi ai confratelli della Morte per la sepoltura de' cadaveri in tempo di pestilenza o d'altra moria. Dalle poche memorie che si conservano, conosciamo che la confraternita ebbe i suoi principii nel 1618, e con bolla pontificia di Paolo IV in data 6 aprile di detto anno fu aggregata a quella di Roma. Molto cooperò a' suoi progressi il March. Agapito Centurione, il quale ascritto fin da' primordii a questa pia società, le prese tanto affetto, che, siccome narra la tradizione, ordinò per testamento, fosse quivi recato e custodito dopo la morte il suo cuore. Più certe prove se ne possono addurre. Egli innalzò a sue spese il presente oratorio, e per ultima volontà il lascio provveduto di pingue reddito, onde si fondassero molte cappellanie, e si dotassero annualmente cinque povere fanciulle promesse a marito. Il che si rivela da una lapide nella sacristia, unita al monumento che la confraternita gl'innalzò in segno di riconoscenza nel 1794. Ad eternare ne' posteri la memoria del benefattore, vi collocarono pure il busto marmoreo del Centurione, che l'epoca e lo stile ci fan credere della scuola di Traverso o Ravaschio.
Delle tavole locate agli altari dell'Oratorio una sola vuol'essere nominata, cioè quella a sinistra colla Trinità e i SS. Pio V e Vincenzo Ferreri d'un Francesco Sasso, noto per questa sola opera, che non passa oltre la mediocrità. La volta e le pareti dell'altar maggiore hanno affreschi di Carlo Baratta; l'assunzione di Maria con profeti ed angioli nelle lunette, e in due spazi laterali l'annunziazione e la presentazione; non de' più studiati né de' più conservati di questo pittore, ma belli tuttavia di quella spiritosa franchezza che gli dà pregio negli stessi difetti. Son pur sue le due composizioni ad olio che fiancheggiano l'altare, cioè Cristo che risuscita Lazzaro, Tobia che seppellisce i cadaveri. E in queste, benché sia diversa la meccanica, egli è quasi frescante; tinge a gran masse poco studia la finitezza, molto l'effetto. E poiché gli argomenti non poteano desiderarsi più acconci, il ricavò dal misterioso della scena, dal concitato delle movenze, da ogni volto, da ogni espressione, profittando altresì della libertà che gli davano i subbietti nel giuoco delle ombre; talché le due tele piacquero a' suoi giorni e piacciono tuttavia pel complesso di queste doti, che se non sono le più sostanziali in chi dipinge, son però quelle che fanno fede d'un genio pronto, originale, capace di aggiungere l'eccellenza. Ma lo rattenne il malo gusto del secolo e l'impazienza dell'ingegno.
L'Oratorio fu soppresso, come ogni altro, nel 1811, ma con sollecitudine ristabilito da' confratelli indi a tre anni, come accenna uno scritto ch'è sopra la porta."
Di tutta la bellezza e delle opere dell'interno dell'Oratorio descritte dall'Alizeri una pala d'altare si è salvata e la si può ammirare nel narcete dell'Oratorio di San Giacomo della Marina in Via Mura delle Grazie: è "La Trinità e SS. Pio V e Vincenzo Ferreri", opera di Francesco Sasso.



(foto di Antonio Figari)

L'oratorio colpito dai Bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale



15. Santa Maria, San Bernardo e SS. Re Magi

(Foto di Antonio Figari)

Una lapide marmorea sopra il portone del civico 37 in Via di Santa Maria di Castello e un gruppo ligneo conservato nella sacrestia della Chiesa di Santa Maria di Castello sono tutto ciò che rimane dell'antico Oratorio di Santa Maria, San Bernardo e dei Santi Re Magi.
Esso sorgeva in Via di Santa Maria di Castello, poco sopra la Piazza di Santa Maria in Passione.
Oggi lo spazio una volta occupato dall'Oratorio è divenuto uno spazio pubblico desolatamente vuoto e nulla fa pensare che proprio qui sorgeva uno dei tanti oratori della Superba.
Alizeri nella sua guida così ci introduce a questo oratorio: "Piegando d'un tratto a sinistra, troviamo l'oratorio dedicato a Santa Maria, S. Bernardo e SS. Re Magi, della cui fondazione non abbiamo autentiche notizie, costretti a starcene all'autorità della confraternita, che non ha molto scrisse sulla porta insiem col titolo la data 1309. Aggregazione  non molto antica è la compagnia sotto l'invocazione de' santi Re, la quale consolidò colla prima il titolo e gli uffizi".
Come ci racconta l'Alizeri il titolo di SS. Re Magi in realtà è frutto di un'unione di questo oratorio a quello dedicato alla Vergine e a Bernardo. L'oratorio dedicato a Tre Re infatti sorgeva in un altro punto dei vicoli di Genova, nell'omonima via che ancora oggi fiancheggia la Chiesa di Sant'Agostino, lato Piazza delle Erbe.
Tra le meraviglie di questo oratorio vi era la volta affrescata da Tavarone e tre quadri raffiguranti i Re Magi provenienti dall'omonimo oratorio e qui portati quando vi fu l'unione dei due oratori. 
L'unica opera ancora esistente di tutto l'oratorio, come prima accennavo, è il gruppo ligneo della Beata Vergine, con Gesù Bambino in braccio, angeli ai suoi piedi e San Bernardo che fu acquistato dai Domenicani di Santa Maria di Castello nel 1884 e che è oggi conservata nella sacrestia di questa chiesa.



(foto di Antonio Figari)

Tutto ciò che rimase dell'oratorio dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale




16. Santa Maria degli Angeli

(foto di Antonio Figari)

Di questo oratorio non rimane più nulla se non il nome che ancora lo ricorda nella piazza dove sorgeva, appena sotto Piazza della Meridiana.
L'oratorio dedicato a Santa Maria degli Angeli era uno dei cinque oratori del sestiere della Maddalena ed era ornato alle pareti da splendide tele che sono ora conservate nella sacrestia della Chiesa di San Siro tra le quali spicca l'Ultima Cena di Orazio de Ferrari. Chiuso infatti nel 1811  al divin culto le opere in esso contenute furono trasferite in San Siro.
Nel 1822 divenne sede provvisoria della Biblioteca delle Missioni Urbane, più conosciuta come Biblioteca Franzoniana.
Oggi purtroppo l'oratorio di Santa Maria degli Angeli è solo un ricordo ma visitando la sacrestia di San Siro potrete ancora godervi le splendide tele che lo decoravano.


17. San Filippo

L'Oratorio di San Filippo si trova in Via Lomellini accanto alla Chiesa dedicata all'omonimo Santo.
Varcato il portone e superata la sala d'ingresso Vi ritroverete in una grande aula, trionfo del barocco genovese.
Giacomo Boni ha affrescato la volta raffigurante "Maria sublimata alla gloria celeste" e la tribuna con "San Filippo in colloquio con devoti personaggi" come ci ricorda l'Alizeri.
Sull'altare maggiore troneggia una Madonna Immacolata opera del marsigliese Pierre Puget.


L'interno dell'Oratorio di San Filippo
(foto di Antonio Figari)

Veduta della parete destra dell'Oratorio di San Filippo
(foto di Antonio Figari)

La volta dell'Oratorio di San Filippo
(foto di Antonio Figari)


La splendida Madonna del Puget sull'altare dell'Oratorio di San Filippo
(foto di Antonio Figari)

La volta dell'Oratorio di San Filippo
(foto di Antonio Figari)


18. SS. Pietro e Paolo  (a San Bernardo)

L'ingresso dell'Oratorio dei SS. Pietro e Paolo
(foto di Antonio Figari)

In Piazza San Bernardo, dirimpetto a quella che fu la chiesa ed il complesso monastico di San Bernardo, ora occupato da un bar al piano terreno, e da una scuola pubblica e appartamenti ai superiori (vi rimando alla pagina de le CHIESE di GENOVA per approfondire la storia di questa chiesa),  sopravvive un antico oratorio intitolato ai Santi Pietro e Paolo.
Ecco come lo descrive l'Alizeri: "l'Oratorio de' SS. Pietro e Paolo, nel quale uffizia una congregazione di Sacerdoti secolari, fondata nel 1486 da Sperindeo Argiroffo Preposito di S. Donato, da G. B. Durante Preposito de' SS. Nazario e Celso, da Giacomo de' Guarchi Rettore di S. Giacomo in Carignano, e da Pietro de' Grossi Rettore di S. Paolo in Campetto. Paolo Campofregoso arcivescovo di Genova ne approvò l'istituzione, che, siccome dura al dì d'oggi, avea per iscopo di sovvenire alle necessità de' poveri sacerdoti confratelli, e alla lor morte provvedere a' suffragi ed alle esequie. Leggo, che la chiesa di S. Donato servì agli uffizi di questa società ne' primordii, ma crescendo in breve tempo il numero degli ascritti, le convenne far ricerca di un locale ove potesse erigere un altare proprio, ed esercitare con miglior agio i doveri del proprio istituto. Instò presso il Capitolo di S. Lorenzo perché le fosse accordato il battistero attiguo al Duomo, e l'ottenne sotto certe condizioni a' 24 di marzo del 1491, come s'ha da istrumento rogato da Baldassarre di Coronato. Quivi stette fino all'apertura del presente oratorio, che deliberò nel 1712, ed ebbe a sue spese ultimato dieci anni appresso. Divisarono in seguito i confratelli di nobilitarne il presbiterio con pitture a fresco, e scelsero Giuseppe Galeotti, il migliore, per non dir l'unico, de' pittori genovesi in quell'epoca infelice che mostra quasi una lacuna nella nostra scuola. Egli espresse nel catino S. Pietro che riceve da Cristo le chiavi dell'evangelica potestà, e la di lui crocifissione e la decollazione di S. Paolo a' lati dell'altare; composizioni che se pur non si lodano per dignità e maestria di disegno, han però e forza e vaghezza quanto ogn'altra che vedremo di lui. Da quest'opere in fuori null'altro in quest'oratorio accenna il Ratti, la guida del quale, sebbene antica e qua e là trascurata, è l'unica finora che si possa svolgere da' genovesi con fiducia di non tornarne beffati. Ma parecchie altre van quivi notate, che certo v'esistevano a' tempi del Ratti stesso, come son le tavole de' tre altari. Delle due laterali co' SS. Giovanni ed Andrea è dubbioso lo stile, nonché ignoto l'autore; nè mi valsero a scoprirlo le molte indagini che ne ho fatte. Potrebb'essere quel G. B. Parodi fratello di Domenico, che pochi saggi lasciò tra noi del suo pennello, e in qualche tratto rassomiglianti a queste figure di apostoli; ma lo sterile soggetto, e la penuria de' confronti mi fan dubbioso in tale giudizio. Per decisi caratteri dobbiamo ascrivere a Paolo Girolamo Piola il quadro dell'altar maggiore in cui veggonsi i due titolari, né l'epoche istoriche ci vietano di crederlo eseguito (com'è probabile) nella fondazione dell'oratorio. Procedo per congetture, e accenno un dipinto in tavola dello stesso argomento ch'è nella sacristia, anteriore al cinquecento per poco che se ne osservi lo stile, e di esecuzione non ingrata benché inferiore a molti altri della sua età. L'argomento di esso, e l'epoca a cui rimonta il lavoro mi fa supporre che questo quadro servisse all'antico oratorio, al quale fin da principio si diede il titolo de' SS. Pietro e Paolo, ed ebbe un altare dedicato a que' santi. Per merito d'arte è superiore a questo e ad ogn'altro quadro notato nell'oratorio un Crocifisso in tavola con Maria, Giovanni e la Maddalena di Luca Cambiaso , opera da attribuirsi al migliore suo stile, e degna d'esser meglio custodita che non fu per l'addietro. Son visibili i danni che ne sofferse, e chieggono un rimedio."
Rispetto alla descrizione dell'Alizeri, sembrano da attribuirsi al Galeotti tutte e tre le tele degli altari all'interno dell'oratorio, autore anche degli affreschi che decorano le pareti.
La pala del Cambiaso raffigurante la Crocifissione, descritta dall'Alizeri, non si trova più nella sacrestia dell'Oratorio ma nel Museo Diocesano di Genova.
Due curiosità non raccontate dall'Alizeri: questo oratorio nasce sulle macerie di preesistenti edifici bombardati e distrutti dalle bombe del Re Sole e fu aperto al pubblico il 1° agosto 1716, giorno in cui si festeggia San Pietro in vincoli.
Sopra l'oratorio vennero costruite alcuni alloggi a servizio dello stesso ancora oggi esistenti.
L'antica Congregazione dei SS. Pietro e Paolo, fondata nel 1486 presso la Chiesa di San Donato, come ci racconta l'Alizeri, la più antica congregazione sacerdotale genovese, è ancora proprietaria dell'edificio che è affidato alla Comunità di Sant'Egidio (i volontari della quale mi hanno permesso di fare le foto che qui vedete) che organizza incontri di preghiera e Sante Messe.

Sopra l'ingresso la dedica ai due Santi
(foto di Antonio Figari)

Sopra l'ingresso la splendida cantoria lignea e l'organo
(foto di Antonio Figari)


L'altare maggiore
(foto di Antonio Figari)

La volta sopra l'altare con "Gesù che consegna le chiavi a Pietro", uno degli affreschi del Galeotti
(foto di Antonio Figari)

 

19. N.S. del Rosario e San Teodoro

Prossimamente Vi porterò alla scoperta di questo oratorio, piccolo gioiello del Barabino, sito in Salita di San Francesco da Paola.


Antica cartolina dell'Oratorio


L'oratorio oggi
(foto di Antonio Figari)


La volta dell'Oratorio di N.S. del Rosario e San Teodoro
(foto di Antonio Figari)


20. Anime Purganti

Pasquale Domenico Cambiaso, Oratorio delle Anime Purganti, 1850

Antonio Varni, Lavandaie alla foce del Bisagno, 1891

Questo Oratorio fu edificato nel 1602 alla destra della foce del Bisagno, addossato alla parete rocciosa sotto le Mura nel punto detto Capo della Strega o di Carignano: intitolato alle "Stimmate di San Francesco", esso fu comunemente chiamato "delle Anime della Foce" o "delle Anime Purganti" perché sito accanto al Cimitero dei Poveri, qui trasferito dopo il 1536.
In particolare trovarono sepoltura in questo luogo i morti all'ospedale di Pammatone che prima venivano seppelliti nei cosiddetti "mucchi dell'Acquasola".
Paolo Novella, nel suo manoscritto del 1912, ci racconta che furono le monache di Santa Marta (convento che sorgeva a poca distanza dai "mucchi"), non sopportando più il fetore sepolcrale che di là esalava, a cedere ai Protettori dello Spedale  una porzione di terreno di loro proprietà sulla sponda destra del Bisagno, presso la Foce del torrente stesso, perché venissero lì seppelliti i deceduti a Pammatone. Si trattava della zona del "Prato della Lana", così chiamata perchè qui venivano stese le tele dei tessitori di Borgo Pila e le lenzuola delle lavandaie, le "bugaixe", appena sciacquate nel Bisagno. Con l'ultimazione della cinta muraria nel 1536, il cimitero sarà spostato più verso mare trovando la sua collocazione accanto al luogo in cui sorgerà l'oratorio delle Stimmate di San Francesco. Qui già esisteva un piccolo sepolcreto dove venivano seppelliti i morti nel vicino Lazzaretto, che sorgeva sulla sponda sinistra del Bisagno.
E' sempre il Novella a fissare come data di edificazione dell'Oratorio, ad opera del Venerabile Bartolomeo da Saluzzo, coadiuvato da Giovan Battista Senarega e Giovanni Battista Castello, al 1602.
Tra le opere conservate all'interno il Novella ci parla di una tela di Bernardo Castello "Nostra Signora del Rosario" sull'altar maggiore e di quattro pale d'altare su altrettanti altari laterali ("San Francesco d'Assisi" opera di Giuseppe Passano, "Santa Caterina da Genova" opera Giovanni Battista delle Piane, "La decollazione di San Giovanni Battista" di Rolando Marchelli e "L'Annunziata" di Alfonso Spinga"). 
La volta viene affrescata  da Giuseppe Paganelli (1749-1822) con storie tre storie bibliche: "Maria in atto di intercedere per le Anime Purganti", La visione d'Ezechiele" e "La resurrezione del figlio della vedova di Naim"
L'Oratorio divenne meta di moltissimi genovesi che si recavano a pregare al vicino cimitero. Ben presto la confraternita, che nel frattempo grazie alle offerte dei fedeli era diventata sempre più ricca, decise di ampliare la struttura.
Quello che invece non cambiava era lo stato del cimitero limitrofo, costituito da fosse comuni chiuse da grate metalliche ed esposte alle intemperie e soprattutto alle mareggiate che non di rado "strappavano" dalle fosse i cadaveri che rimanevano in superficie alla mercé di uccelli o topi e non lontano dai panni stesi che le lavandaie (come possiamo notare nell'aquarello del Cambiaso e nel quadro di Antonio Varni) lavavano sulla sponda sinistra del Bisagno.
Lo storico Morando così descrivere questo cimitero: "Le salme, abbandonate com'erano in immani fosse comuni non fognate da smaltatoi, appena difese da inferriate a larghe grate (...) lasciavano intravedere, qua e là, tutto l'orrore di una innominabile dissoluzione (...)".
Questa aurea sinistra e macabra diede luogo a racconti, leggende e pratiche superstiziose.
Anche Charles Dickens raccontava delle leggende che aleggiavano su questo luogo.
Sempre il Morando racconta del "pellegrinaggio che l'Oratorio delle Anime il 2 di Novembre ospitava dalle prime ore del mattino fino a notte fonda" e ciò non solo per pregare per le anime dei defunti "ma queste pratiche nascevano più dalle contaminazioni da queste cerimonie religiose con  quelle, (più pagane) inerenti al culto delle tombe". "Sorsero così pratiche superstiziose, come quella di recarsi colà (dalla fossa comune) prima di mezzanotte a scopo di ricavarne i numeri del lotto".
A seguito dell'apertura del Cimitero di Staglieno, fu interrotta la tumulazione nel vicino cimitero che venne definitivamente chiuso nel 1875 e le offerte all'Oratorio iniziarono a mancare.
L'Oratorio venne demolito qualche anno dopo, nel 1891, per fare spazio all'espansione della città: una lapide, oggi non più esistente, fu posizionata lungo le mura sotto Corso Aurelio Saffi per ricordare che qui sorgeva questo Oratorio e il vicino cimitero.
 


21. N.S. del Rosario a S.M. di Castello

L'interno dell'Oratorio di N.S. del Rosario a S.M. di Castello
(foto di Antonio Figari)


La prima sede di questa confraternita, nata nel XVI secolo, fu nella Chiesa di Santa Maria di Castello dove avevano sepoltura i confratelli nella cappella dedicata a San Domenico.
Nei secoli ad essa si unirono altre confraternite tra le quali quella di N.S del Rosario che aveva sede presso San Domenico.
La confraternita all'inizio del XIX Secolo acquistò,  nelle vicinanze della Chiesa di Santa Maria di Castello, un piccolo locale di proprietà del Convento di Santa Maria delle Grazie dove ancora oggi ha sede (al civico 12 di Salita alla Torre degli Embriaci).
All'esterno una piccola lapide marmorea ovale sulla porta d'ingresso reca lo stemma mariano e il nome della confraternita.
Varcata la soglia si entra in un ambiente con un altare dal lato opposto all'ingresso dove troneggia una statua della Madonna opera di Anton Maria Maragliano. 
La grande cassa processionale, che ancora oggi si può ammirare nell'Oratorio, raffigurante N.S. del Rosario, è opera di Giovanni Maragliano, nipote di Anton Maria.

La cassa processionale dell'Oratorio di N.S. del Rosario a S.M. di Castello
(foto di Antonio Figari)


Particolare della volta dell'Oratorio di N.S. del Rosario a S.M. di Castello
(foto di Antonio Figari)

Gli affreschi della volta sono opera di Michele Canzio.
Nel piccolo locale a sinistra dell'Oratorio sono conservate le lunghe aste che sorreggevano il baldacchino che sormontava la cassa processionale durante le processioni.
Nella stanza a destra dell'Oratorio una piccola porticina conduceva, attraverso un passaggio sotterraneo, alla Chiesa di Santa Maria di Castello.    
L'oratorio, rimasto chiuso per lungo tempo, riaprirà alle visite, come mi è stato riferito dal Priore, ogni ultimo sabato del mese.



22. San Francesco

L'Oratorio di San Francesco sorgeva in un vicolo che portava il nome del Santo e che era conosciuto antecedentemente con il nome di Vico o Crosa della Pulce. Siamo nei pressi del Piano di Piccapietra, dietro il convento di San Domenico, luogo poi occupato dal Teatro Carlo Felice, e questo vicolo collega Piccapiera con Via Giulia.
L'oratorio nasce nel XV Secolo e assume il titolo di San Francesco della crosa nel 1528 quando ne prendono possesso i Cappuccini che prestavano assistenza nel vicino Ospedale dei Cronici.
Soppresso nel 1811 fu profanato e infine distrutto.
L'oratorio possedeva un grandioso gruppo scultoreo opera di Anton Maria Maragliano raffigurante "San Francesco d'Assisi in atto di ricevere le stimmate", ora conservato in una cappella laterale della Chiesa della Santissima Concezione (recentemente restaurato è ora tornato al suo antico splendore).
Un curiosità: la collocazione sull'altare ha modificato gli elementi della cassa che, per essere visti meglio dal fedele, sono inclinati verso il basso e ravvicinati tra loro. Si è dunque persa la reale collocazione delle statue come era stata pensata  per la cassa processionale e la composizione risulta ora meno articolata e movimentata rispetto ad un tempo.


(foto di Antonio Figari)


Vi era anche un quadro raffigurante San Francesco, opera di Bernardo Castello, trasferito in Santa Maria delle Vigne e un Crocifisso del Bissoni di cui si sono perse le tracce.


23. San Pietro Martire

Il viaggiatore anonimo del 1818 ci racconta che "fuor della porta del vastissimo convento (riferendosi al complesso monastico di San Domenico) è l'Oratorio di S. Pietro martire, in cui era la tavola del Crocefisso assai bella e di maniera dell'Ansaldo".
Questo oratorio, così come i resti di San Domenico (di cui trovate la storia nella pagina dedicata a le CHIESE di GENOVA), scomparve quando venne edificata l'Accademia Ligustica delle Belle Arti.


24. SS. Antonio e Paolo

Questo oratorio sorgeva in cima a Via Giulia, all'incirca dove oggi vi è l'Accademia Ligustica: per accedervi si saliva per un vicolo che conduceva al Piano di Piccapietra (dovrebbe trattarsi del vicolo detto "della Pulce" dove vi era anche l'Oratorio di San Francesco, descritto al precedente paragrafo 21).
L'oratorio nasce a cavallo del XV e XVI secolo.
Alla casaccia apparteneva una delle casse processionali che più amo: quella raffigurante "Sant'Antonio abate che contempla  la morte di San Paolo eremita", opera di Anton Maria Maragliano eseguita tra il 1709 ed il 1710, costata, si dice, 1.000 lire, e definita da Carlo Maria Ratti come "la miglior opera uscita dagli scalpelli del Maraggiano" (venduta dalla confraternita nel XIX secolo all'Oratoro di Sant'Antonio abate di Mele, è ancora oggi lì conservata).


(foto di Antonio Figari)


La confraternita, dopo la distruzione dell'oratorio avvenuta nel 1898, si trasferisce prima a Santa Marta ed infine in Santa Maria in Via Lata, dove tuttora ha sede e dove, ogni anno, il 17 gennaio (giorno in cui la Chiesa festeggia Sant'Antonio Abate) si celebra la messa (un'ottima occasione per visitare questo luogo normalmente non aperto al pubblico).
Una curiosità: questo oratorio era detto anche "dei birri" perché molti dei confratelli erano appartenenti alle forze dell'ordine e lavoravano presso Palazzo Ducale e la Torre Grimaldina.


25. San Germano

Presso l'omonima chiesa (che prenderà il nome di Santa Marta, che ancora oggi mantiene, quando verranno qui a stabilirsi le monache di Santa Marta del Vastato nel XV secolo) vi era una casaccia senza un proprio oratorio che teneva le sue riunioni in un locale attiguo al monastero.
Nel 1728 i confratelli, lasciata l'antica sede della confraternita, fondarono un nuovo oratorio in Borgo Lanaiuoli, intitolandolo a Santa Maria della Pietà.
Dopo la soppressione napoleonica del 1810, i locali dell'oratorio vennero occupati dagli Operai Evangelici per congregazioni di fanciulli ed in seguito venduto a privati.


26. San Giorgio

L'Oratorio di San Giorgio era ubicato lungo la Via Giulia (quella che diverrà la parte alta di Via XX Settembre). Fu qui edificato nel XVIII secolo. Precedentemente i confratelli si riunivano presso la chiesa di santa Margherita della Rocchetta. 
Dopo che l'Oratorio venne soppresso nel 1811, i locali passano in proprietà alla vicina Chiesa di Santo Stefano e nel 1869 vengono distrutti per venir incorporati in un caseggiato.
Di proprietà di questa casaccia era la cassa processionale con San Giorgio in atto di combattere il drago, opera di Pietro Galleano, oggi conservata a Moneglia nella Chiesa di San Giorgio. 
Particolarità di questa cassa processionale, a parte la grandezza inusuale, è la presenza anche di un terzo protagonista, la principessa, in atto di scappare mentre il Santo uccide il drago: una vera scena teatrale che coinvolge lo spettatore.
Vi era in questo oratorio anche un crocifisso opera del Maragliano. 


27. San Giovanni Battista 

Sito in Vico della Rosa, questo oratorio fu edificato nel XVII secolo.
Pochissime le fonti che ce ne parlano e pressoché dimenticata la sua storia.
Oggi i suoi spazi sono occupati dal laboratorio di un negozio di miele.
I volumi del laboratorio corrispondono a quelli dell'antico oratorio ma nulla più rimane a ricordare questa antica casaccia.


28. delle Anime e della Cintura (già  "di San Vincenzo")



La tradizione vuole che qui vi fosse la casa dove, nel I Secolo d.C., alloggiarono i Santi Nazario e Celso. L'abitazione dei Santi fu trasformata in cappella e più tardi ampliata e trasformata in Oratorio nel XVII Secolo sotto il titolo di N. S. del Rosario e ufficiato dall'omonima confraternita fino al 1811.
La proprietà passò poi alla fabbriceria parrocchiale di San Vincenzo divenendo sede della Confraternita delle Anime Purganti alla quale si unì la confraternita della Cintura quando l'oratorio in cui quest'ultima aveva la sede fu demolito per fare posto a Via XX Settembre (per questo motivo oggi il nome ufficiale della confraternita è "Confraternita delle Anime del Purgatorio e della Madonna della Cintura").
Una curiosità: il culto agostiniano della Madonna della Cintura fece nascere in città molti oratori con questo nome: oltre a quello presso la Chiesa della Consolazione, abbattuto quando nasce Via XX, vi era un altro oratorio della cintura in Artoria (attuale Corso Montegrappa), dove gli agostiniani avevano la loro chiesa prima di trasferirsi in San Vincenzo e costruire la Chiesa della Consolazione) e uno presso la chiesa di Sant'Agostino in Sarzano.
L'interno dell'Oratorio è composta da un solo ambiente di modesta grandezza con un altare e un dipinto raffigurante N. S. del Rosario di ignoto autore.
In controfacciata una lapide reca la data 25 settembre 1737 e con tutta probabilità indica il momento in cui si conclusero i lavori di ristoro degli interni (le tele e i decori infatti risalgono a quel periodo).
L'opera più importante qui conservata è la statua lignea della Madonna della Cintura, opera seicentesca di Giambattista Bissoni,  precedentemente conservata nella Chiesa di Sant'Agostino in Sarzano, opera acquistata dalla Confraternita nel 1834.



Sono conservate in sagrestia ed alcune anche esposte sull'altare dell'oratorio le antiche cappe e mantelline della Confraternita, così come ancora presenti sono i bastoni processionali.
Mio bisnonno era un confratello della Confraternita che aveva sede in questo oratorio e mia nonna qui fece la prima Comunione. Quando nei primi anni del Duemila riuscii ad andare a visitarlo decisi di andarci con mia nonna che qui entrava per la prima volta dopo più di settant'anni: come immaginate, grande fu l'emozione. 


29. Santa Consolata

Questo oratorio, fondato dall'omonima casaccia all'inizio del XV secolo, sorgeva nei pressi della Commenda di Prè, nel vicolo che ancora oggi ne porta il nome e accanto ad una chiesa che portava lo stesso nome (vi rimando alla pagina de le CHIESE di GENOVA per approfondire la sua storia).
Soppresso nel 1811, divenne prima macello poi stalla per cavalli.
In questo oratorio era conservata la reliquia del braccio di Santa Consolata. Altre reliquie della Santa, conservate nella vicina chiesa di Santa Consolata, adiacente all'oratorio, quando questa venne distrutta nel 1534 per erigere le nuove mura della città, furono trasportate in Cattedrale. Dopo la soppressione di questo oratorio nel 1811 anche la reliquia del braccio fu portata in Duomo.
A questa casaccia apparteneva anche una splendida cassa processionale, opera di Anton Maria Maragliano, raffigurante Santa Consolata comunicata da Gesù, oggi conservata nella chiesa dei SS. Remigio e Carlo a Cadepiaggio (Parodi Ligure), una piccola località nel basso Piemonte dove aveva casa la famiglia dei Carlone, dinastia di pittori attivi a Genova .


30. SS. Giacomo e Leonardo

Nei pressi della Darsena, nella località che ancora oggi è chiamata Santa Limbania (così denominata perché secondo la tradizione in questo punto della costa sbarcò la Santa le cui reliquie oggi sono conservate nella chiesa di San Tommaso in Via Almeria), sorgeva uno dei più antichi oratori della città, dedicato a San Giacomo. 
La confraternita che qui aveva sede si dedicava "al pietoso servizio dei lebbrosi dello Spedale di S. Lazzaro, risultando ciò da documenti del 1243" (Paolo Tavella, "Gli oratori di Genova").
Nel XVI Secolo all'originario titolo di San Giacomo si aggiunse quello di San Leonardo quando l'omonima casaccia, che aveva sede presso il Monastero di San Leonardo in Carignano, si trasferisce qui.
L'oratorio viene soppresso nel 1811 e riaperto qualche anno dopo. Nel 1839 l'edificio viene demolito a seguito del tracciamento della Carrettiera Carlo Alberto (l'attuale Via Gramsci). La Confraternita si trasferisce nella chiesa di San Bartolomeo dell'Olivella e lì rimarrà fino a circa il 1860 quando si estinguerà.
Tra le tante opere che avreste potuto ammirare nell'oratorio dei  SS. Giacomo e Leonardo ricordiamo in particolare la cassa processionale opera di Honorè Pelle risalente al 1677 e raffigurante "Cristo risorto che appare a San Giacomo e San Leonardo suo discepolo", oggi conservata nell'Oratorio di San Giacomo della Marina (di cui trovate la storia al paragrafo 7 di questa pagina). 
Una curiosità: fino alla sua demolizione vi era una lapide affissa nell'oratorio che così recitava 

LE SACRE CENERI DEL PRECURSORE
DALL'ORIENTE A GENOVA TRASPORTATE
A QUESTA SPIAGGIA DI CAPO D'ARENA
ACCORSA L'INTERA POPOLAZIONE DELLA CITTA'
SI VIDE L'ANNO DI GESU' 1098

Le ceneri di San Giovanni Battista arrivarono proprio qui, in quella spiaggia che si trovava davanti alla Commenda di Prè, protetta dal promontorio del Capo d'Arena, dove un tempo sorgeva la chiesa di San Tommaso. La lapide marmorea sopra ricordata, una volta demolito l'oratorio, seguì i confratelli nella nuova sede di San Bartolomeo dell'Olivella.

La cassa processionale opera di Honorè Pellè
(foto di Antonio Figari)



 
31. San Francesco da Paola

All'angolo tra Vico Indoratori e Vico degli Scudai, ancora oggi vi è una antica loggia parte di un palazzo risalente al XII-XIII secolo appartenente ai Camilla e condivisa tra questa famiglia ed i Lercari ad inizio Quattrocento, come ci ricorda una iscrizione  in pietra ancora in loco datata 1 maggio 1411.
La loggia venne successivamente tamponata e trasformata nel XVIII secolo in un oratorio dedicato a San Francesco da Paola. Le fonti ci raccontano che la confraternita che qui aveva sede era nata dall'arte dei musici, formata in gran parte da insegnanti con scarse disponibilità economiche.
Soppresso nel 1810,  i suoi locali vennero ridotti a magazzino. La loggia ritrovò il suo splendore nel XX secolo quando venne restaurata ad opera degli architetti Fera e Grossi-Bianchi.


Il viaggio alla scoperta degli Oratori di Genova non è finito!

(continua...)

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15 commenti:

  1. Esattamente l'oratorio di Sant'Antonio Abate!
    Grazie per la cortese (e prontissima) informazione.
    Francesco M.

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    1. Un piacere aiutare chi vuole scoprir Genova. Ha visto che bella la cassa processionale del Navone e l'interno dell'Oratorio?
      Se Le capita di passar di lì la seconda domenica del mese Le consiglio anche una visita all'Oratorio di San Giacomo della Marina che si trova non lontano da quello di Sant'Antonio Abate lungo le Mura delle Grazie: un'altra meraviglia poco conosciuta dei vicoli della Superba (trova la sua storia al paragrafo 4 di questa pagina).

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  2. Sono un ultraottantenne.amante di Genova che ha molto apprezzato il Suo lavoro. Vorrei comunic. re con Le i prima che la mia memoria cominci a scemare. le mie conoscenze del computer sono molto limitate ma uso normalmente le e-mail. Il mio indirizzoè: pietromerelloòlibero.it Grazie















    vorrei comunicare con Lei prima che

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    1. Caro Pietro,
      sono felice che il mio blog sia di Suo gradimento, le Sue parole mi hanno davvero commosso! Le scrivo subito una mail, ansioso di conoscerLa e di farmi raccontare ciò che Lei sa dei nostri amati vicoli.

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  3. Sabato ho fatto una scappata a Genova per motivi non turistici, ma tornando di corsa verso la stazione di Principe, passando in via Lomellini, sono stata attratta da un portone aperto su un altare magnifico. Ho scoperto così l'oratorio di San Filippo Neri. Purtroppo essendo di corsa mi sono limitata a chiedere orari di apertura alle due gentilissime signore che erano all'ingresso. Una sbirciata frettolosa verso l'interno mi ha già evocato un'atmosfera particolare e un'emozione che solo la visita dal vivo può scatenare. Sarà sicuramente una tappa obbligata la prossima volta che verrò. Continuo a scoprire in Genova una magnificenza unica che penso i più tanti ignorino.

    AMDC

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  4. Una piccola precisazione: casse e crocifissi "processionali", non "professionali";-) Per il resto, ottimo lavoro...
    un caro saluto da un cristezzante

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    1. Caro "cristezzante",
      Ti ringrazio per la precisazione: a volte il correttore automatico decide al posto mio quali parole usare!?!

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  5. Sono una sua ammiratrice settantenne, molto amante di Genova, apprezzo molto il Suo lavoro; mi piacerebbe comunicare con Lei per chiederLe qualche delucidazione ma non sono molto brava nell'uso del computer, riesco solo a comunicare via mail, Le sarei molto grata se mi rispondesse sulla mia mail: cristina.salvatore@alice.it Grazie
    P.S. ho letto che tra qualche giorno sarà il Suo compleanno, mi permetto di farLe tanti auguri.

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    1. Cara Cristina,
      La ringrazio per le Sue parole: sono felice che il mio sito sia di Suo gradimento.
      Ho ricevuto una Sua mail alla quale risponderò al più presto.
      Da ultimo, La ringrazio per gli auguri per il mio compleaano.
      Un caro saluto
      Antonio

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  6. Il tuo blog è molto interessante e ,nonostante mi ritenessi una discreta osservatrice dei vicoli di Genova h scoperto tante cose nuove... Li hai notati i due leoni in marmo sul tetto di un palazzo in Piazza Fossatello? Si vedono andando verso via fossatello. Saluti e continua così Raffaella Figari

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  7. GRAZIE PER TUTTE LE NOTIZIE DETTAGLIATE ANCHE IO GRAZIE A TE HO SAPUTO COSE DEI VICOLI MOLTO INTERESSANTI MI PIACE TANTISSIMO ANDARE A VEDERE SUL TUO BLOG GRAZIE E CHISSA SE CI INCONTREREMO MAI PER I CARUGGI TRA UNA MERAVIGLIA E L'ALTRA CIAO LETI GAGGE

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  8. Blog veramente interessante e ricco di informazioni sui ns vicoli.
    Su una cartina della parrocchia di S.Siro non datata, ma che non riporta l'attuale Via Cairoli, è indicato un "Oratorio dei 4 Incoronati" situato in prossimità della chiesa di S. Francesco di Castelletto(non piùesistente) . Lei dispone di qualche informazione su questo oratorio e sull'adiacente Oratorio SSma Concett(così recita la mappa)? grazie Andrea Biondi

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  9. Buonasera Antonio,
    scopro solo ora il suo blog (meglio tardi che mai) che mi sembra molto interessante. Per quanto riguarda gli oratori di Genova, Le è mai capitato di imbattersi in quello di Sant'Ambrogio. Il mio bisnonno nel 1896 era residente nel centro storico in Vico all'Oratorio di Sant'Ambrogio. Il vicolo non esiste più e non riesco a trovare notizie al riguardo. Confido in Lei. Grazie Patrizia Palla

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  10. Buonasera Antonio, sono una studentessa universitaria della scuola di restauro di Brescia. Le scrivo perchè sarei interessata ad informazioni riguardanti l'Oratorio della Morte e Misericordia della chiesa di San Donato. Cordiali saluti, Marta.

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    1. Cara Marta,
      ho apportato alcuni miglioramenti al paragrafo dedicato all'Oratorio di San Donato aggiungendo molti particolari legati alla storia dello stesso. Spero ti siano sufficienti per le tue ricerche, altrimenti non esitare a scrivermi qui o al mio indirizzo mail.
      Un caro saluto
      Antonio

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