i PROVERBI genovesi

(the Genoese proverbs, génoise proverbes, proverbios genoveses, genovês provérbios, пословицы генуэзской, ことわざのジェノバ, 谚语热那亚, الأمثال جنوة)


Sosteneva Aristotele che "Il proverbio è un avanzo dell'antica filosofia, conservatosi fra molte rovine per la sua brevità ed opportunità".
Che sia davvero così non ci è dato a sapere, certo è che il proverbio - definito dalla Treccani come "una frase breve di forma lapidaria o sentenziosa, codificata  nella memoria collettiva o tramandata in forma scritta, che enuncia una verità ricavata dall'esperienza e presentata come conferma di un'argomentazione, consolidamento di una previsione, ovvero come regola o ammonimento ricavabili da un fatto" - è frutto della saggezza popolare e non può essere tralasciato nello studio di una civiltà.
Per queste ragioni ho deciso di dedicare ai proverbi genovesi una pagina di questo sito, certo del fatto che anche voi, come me, leggendoli, rimarrete affascinati da questi modi di dire che ci rimandano a tempi lontani e così diversi da quelli in cui oggi viviamo ma che, con le loro metafore ed iperbole,  possono ancora oggi essere validamente utilizzati per descrivere situazioni del nostro vivere quotidiano e fungere da monito al nostro comportamento.   
Eccovi dunque di seguito un po' di saggezza popolare genovese sotto forma di proverbio.


Antica immagine di Piazza Banchi


1) per iniziare eccovi un proverbio che inquadra perfettamente il modo in cui i genovesi vedono i forestieri (e forse anche il loro modo di trattarli): 
vâ ciù un zeneise inte un dio che un foestê cäsou e vestio
(vale più un genovese in un dito che un forestiero calzato e vestito)

2) un pò di sano ottimismo ligure, o, come direbbero i liguri, un po' di sano realismo perché ricordate che "un pessimista è uno che, quando sente profumo di fiori, si guarda in giro per vedere dov’è la bara."(Henry Louis Mencken): 
o meise de çioule o ven pe tutti 
(il mese delle cipolle (delle lacrime) viene per tutti)

3) le disgrazie infatti sono sempre alla porta:
e disgracie son de longo pronte, comme e toe de ostaie
(le disgrazie sono sempre pronte, come le tavole delle osterie)

4) i genovesi, si sa, non amano mostrare opulenza e ricchezza in pubblico. Forse è per questo che i più bei palazzi della Superba nascondono i loro tesori all'interno, invisibili a colui che è fuori dal portone. Questo proverbio riflette tutto ciò: 
o cû e i dinnæ no se mostran à nisciun 
(il sedere e i soldi non si mostrano a nessuno)

5) se qualcuno pensasse che noi genovesi siamo troppo attaccati al denaro, non si ricreda: 
a salute sensa dinæ a l’é unna meza mouttia 
(la salute senza i soldi è una mezza malattia)

6) detto in altra modo:
chi l’é sensa dinæ spussa ciù che a mòrte 
(chi è senza soldi puzza di più della morte)
detta in altre parole: l'essere senza soldi è una disgrazia peggiore che essere morti

7) bisogna stare attenti al denaro perché scivola via dalle mani facilmente:
i dinae son riondi e s'arigoelan 
(i soldi sono rotondi e rotolano via)

8) vivere e mangiare costa denaro ovvero:
no ghe bocca che un franco a no coste
(non c'è bocca che non costi un franco)

9) bisogna spendere il giusto, secondo le proprie entrate, anche se si è ricchi di famiglia (e si vuol rimanerlo!):
scio marcheize, segondo e intrae bezeugna fa e speize
(signor marchese, secondo le entrate bisogna fare le spese)

10) e quando la miseria è di casa: 
avei unna misëia ch’a se vedde passeggiâ pe-a casa 
(avere una miseria che si vede passeggiare per casa o detto altrimenti: essere così poveri che sembra di vedere la povertà che passeggia per casa)

11) non sempre però il denaro è tutto: 
unna boña reputaçion a vâ ciù de un milion 
(una buona reputazione vale piu' di un milione)

12) o detto in altri termini
chi ha bon nomme, ha roba
(chi ha una buona nomea, ha roba)
chi ha una buona reputazione, ha più possibilità di avere credito dagli altri

13) meglio un dolore nel portafoglio che una delusione sentimentale (così almeno dice questo proverbio):
l'é megio un do de stacca che un do de cheu
(è meglio un dolore di tasca che un dolore di cuore)

14) non bisogna poi essere troppo attaccati al denaro perché prima o poi 
a so ua a ven pe tutti
(la sua ora viene per tutti)
prima o poi tutti lasciamo questo mondo. Dobbiamo prepararci a ciò e ricordarci anche che non si fanno casse da morto con le tasche e quindi è inutile diventare i più ricchi del cimitero!

15) quando arriva la morte, beati coloro che hanno fatto del bene:
o tempo o passa e a mòrte a ven, biati quelli ch'han faeto do ben
(il tempo passa e la morte arriva, beati quelli che hanno fatto del bene)

16) a proposito del trapasso:
scinn-a a-a morte se gh'ariva vivi
(sino alla morte si arriva vivi)
un proverbio genovese che corrisponde all'italico "finché c'è vita c'è speranza!"

17) come si arriva più velocemente alla morte?
dezandio, cichetti e poca cua, porta l'ommo a-a sepoltua
(disordine, bicchierini e poca cura, portano l'uomo alla sepoltura)

18) quando si avvicina la morte, la Fede in Dio si ravviva:
quando o cheu o l'é frusto, o Segno o vegne giusto
(quando il cuore è consumato, il Signore viene giusto)

19) e se la morte si allontana vale sempre il detto:
a moi e paga gh'é de longo tenpo
(a morire e pagare c'è sempre tempo)

20) l'avanzare dell'età porta molti a più miti consigli:
quando o diao o ven vegio o se mette a fâ o ferâ
(quando il diavolo viene vecchio si mette a fare il fabbro)

21) nel dubbio comunque meglio maritarsi bene:
a unn-a donna ben maiâ sciuga presto a so bugâ
(a una donna ben maritata asciuga presto il bucato)
A chi fa un bel matrimonio tutto sembra andare bene: anche i panni asciugano prima! Il proverbio vale anche per gli uomini

22) maritarsi significa però avere a che fare non solo con la moglie:
e sêuxoe son comme e radicce: un pò ciù ò un po mêno, amâe o son tutte
(le suocere sono come le radici: un pò più o un pò meno, amare lo sono tutte)

23) chi trova un amico trova un tesoro o detto in genovese:
vâ ciù 'n amigo che cento parenti
(vale più un amico che cento parenti)

24) attenzione però ad imprestare denaro ad un amico: 
a prestâ e palanche à un amigo, ti perdi e palanche e ti perdi l’amigo 
(se presti soldi ad un amico, perdi i soldi e perdi l'amico)

25) essere troppo buoni, a volte, fa rischiare di rimanere fregati:
chi l'é troppo bon o l'é un mincion
(chi è troppo buono è uno sciocco)

26) attenti a farsi abbindolare dai tanti, tantissimi disonesti intorno a noi:
se i disonesti foissan nuvie, ghe saieiva de longo o diluvio
(se i disonesti fossero nuvole, ci sarebbe sempre in diluvio)

27) a proposito di denaro, per niente nessuno fa niente o detto in genovese:
pe ninte l'orbo no canta 
(per niente il cieco non canta)

28) o anche
senza dinnæ l'orbo no canta
(senza quattrini il cieco non canta)

29) soldi o non soldi, chi non lavora non mangia:
chi no sappa no lappa
(chi non zappa non mangia la minestra)

30) se siamo tutti a tavola insieme:
mangia ti che mangio anch'io e mangemmo tutti in nome de Dio
(mangia tua che mangio anch'io e mangiamo tutti in nome di Dio)

31) a proposito di cibo:
se a-a sèia ti mangi comme 'n treuggio, a-a neutte no ti strenzi l'euggio
(se la sera mangi come un trogolo, di notte non chiudi occhio)

32) nessuno è perfetto: 
sbaglia fiña o præve into dî messa  
(sbaglia anche il prete nel dire la messa)

33) rimanendo in ambito religioso meglio guardarsi dai bigotti: 
Dio m’avvarde da-i beghin e da chi va in gexa tutte-e mattin 
(Dio mi guardi dai bigotti e da chi va in chiesa tutte le mattine)

34) il Signore ci tenga lontani da coloro che limitano il proprio sapere e non accettano di allargare le proprie vedute:
Dio t'avvarde da chi leze un libro solo
(Dio ti guardi da chi legge un libro solo)

35) colui che si crogiola nel dolce far nulla non combina niente: 
se o can o se gratta e balle, a levre a scappa inta valle 
(se il cane si gratta le palle, la lepre scappa nella valle) 

36) ed anche: 
pestâ l’ægua into mortâ 
(pestare l'acqua nel mortaio)

37) non bisogna scoraggiarsi se il primo tentativo è andato a vuoto. Chi la dura la vince, o detto in genovese:
pe un curpo no caza l'erboo
(per un colpo non cade l'albero)

38) se in giro per l'Italia il bue dà del cornuto all'asino, a Genova: 
o crövo o dixe a-o merlo: “comme t’ê neigro!” 
(il corvo dice al merlo "Come sei nero!")

39) a proposito di cornuti, mariti, mogli o fidanzati traditi:
avéi ciù còrne de 'n cavagnin de lumasse
(avere più corna d'un cesto di lumache)

40) la mamma dei cretini, si sa, è  sempre in dolce attesa: 
a moæ di belinoin a l'é de longo gräia 
(la mamma degli imbecilli è sempre incinta)

41) e se la mamma dei cretini ha partorito: 
scinché e prie anian a-o fondo, d’abbelinæ ghe ne saià delongo 
(finché le pietre affonderanno, gli sciocchi non mancheranno)

42) detto in altro modo, sempre riferito agli abbelinæ: 
manco boin à trovâ l’ægua in mâ
(non essere neppure capaci di trovare l'acqua in mare)

43) sbagliando si impara o detto in modi spicci alla genovese: 
ògni cäso into cû o fa anâ un passo avanti 
(ogni calcio nel sedere fa fare un passo avanti)

44) tutti possono sbagliare, solo alcuni possono porvi rimedio: 
i sbagli di meghi l’asconde a tæra, quelli di ricchi i dinæ 
(gli errori dei medici li nasconde la terra, quelli dei ricchi il denaro)

45) ci sono invece cose a cui non si può rimediare:
no se poeu addrissâ e gambe a-i storti 
(non si può raddrizzare le gambe agli storpi) 
n.b.: proverbio non valido per Nostro Signore!

46) esiste anche una variante "bestiale":
no se poeu addrissâ e gambe a-i chen
(non si può raddrizzare le gambe ai cani) 

47) c'è poi chi ha solo la bellezza: 
a l’à a belessa de l’ase 
(ha la bellezza dell'asino, in altre parole: è semplicemente bella, senza possedere nessuna altra dote. È una traduzione a orecchio del francese "la beauté de l’âge": la bellezza dell’età)

48) la bellezza, si sa, non dura per sempre:
no ghe bella roeusa chi no divente un grattacu
(non c'è bella rosa che non diventi un grattaculo)
Anche la rosa più bella è destinata a sfiorire e lasciar spazio a quella sorta di frutto tondeggiante detto grattaculo. La bellezza prima o poi insomma sfiorisce.

49) detta in altre parole:
no ghe bella scarpa chi no divente una brutta savatta
(non c'è bella scarpa che non diventi una brutta ciabatta)

50) a proposito di bellezza, non possiamo non citare il proverbio sulla bella di Torriglia:
a bella de Torriggia che tutti voean e nisciun a piggia
(la bella di Torriglia che tutti vogliono e nessuno se la prende)
o anche
a bella de Torriggia con cento galanti a l'è morta figlia
(la bella di Torriglia con cento fidanzati è morta zitella)

51) rimanendo in tema "gentil sesso",  le donne hanno una grande responsabilità in famiglia:
'na donna a l'é a rovinn-a o l'é a fortuna-a de 'na caza
(una donna è la rovina o la fortuna di una casa)

52) vi sono cose che vanno per le lunghe, a Genova si dice: 
a l’é comme a Fabrica de Caignan
(è come la fabbrica di Carignano (intesa come la costruzione della Basilica di Carignano) 

53) oppure 
a pâ a Fabrica de Caignan 
(sembra la fabbrica di Carignano)
I due modi di dire nascano dalla lentezza con la quale venne innalzata e completata la basilica di Carignano. L'architetto Galeazzo Alessi, che progettò l'opera, morì nel 1572 senza vederne la fine. Dovrà passare ancora più di un secolo perché i lavori vengano portati a termine

54) uno dei più famosi proverbi genovesi sull'impossibilità di fare due cose contemporaneamente così recita: 
no se poeu sciusciâ e sciorbî 
(non si può soffiare e sorbire)

55) o detto in altro modo 
no se poeu beive e scigoâ 
(non si può bere e fischiare)

56) o ancora 
chi doe levre caccia, uña a fuzze e l’atra a scappa 
(chi caccia due lepri, una fugge e l'altra scappa)

57) simile al precedente per significato è il seguente:
non se poeu canta e porta a croxe
(non si può cantare e portare la croce)
chi canta lo fa perché sereno e felice, chi porta la croce invece sta soffrendo: due situazioni in antitesi che non possono conciliarsi.

58) quando le cose sono facili tutti siamo capaci di farle: 
co-o bon tempo semmo tutti mainæ 
(con il buon tempo siamo tutti marinai)
o, detto al contrario
bon maina o se conosce a-o cattivo tempo
(il buon marinaio si riconosce con il cattivo tempo)

59) quando si dice, sprigionare allegria da tutti i pori: 
ghe rie fiña o beuggio do cû 
(gli ride perfino il buco del sedere)

60) se in giro per lo stivale si dice "ha scoperto l'acqua calda" a Genova il proverbio recita: 
o l’à scoverto l’umiditæ into posso 
(ha scoperto l'umidità nel pozzo)

61) non mancano le citazioni dei santi nei proverbi genovesi legate alle stagioni. Iniziamo con San Pietro:
San Pe, ne voeu un pe lé
(San Pietro ne vuole uno per sé)
Il proverbio deriva da un'antica credenza che voleva che i bagni in mare non si dovessero fare prima della festa di San Pietro che cade il 29 giugno. Dire che "San Pietro ne vuole una per sé" significava che chi avesse fatto il bagno prima del 29 giugno sarebbe morto annegato (e sarebbe stato preso San Pietro che lo avrebbe portato con sé in Cielo)

62) il giorno della Candelora, 2 febbraio, segna tradizionalmente la fine del freddo e del brutto tempo invernale, ma non sempre ciò accade e la cosa va per le lunghe se è vero che devono passare ancora quaranta giorni: 
a-a Madonna da Candelora, de l'inverno ne semmo fora: ma a cioeve e a nevâ quaranta giorni han ancon da passâ
(alla Madonna della Candelora siamo fuori dall'inverno, ma spesso piove e nevica ancora per quaranta giorni)

63) anche Sant'Antonio Abate e San Lorenzo sono citati in un proverbio: 
Sant'Antonio, gran freidua, San Lorenzo, gran cadua, l'unn-a e l'atra poco a dua 
(Sant'Antonio, gran freddo, San Lorenzo, gran caldo, l'uno e l'altro durano poco)
Sant'Antonio Abate si festeggia il 17 gennaio, San Lorenzo il 10 agosto: se nel primo caso siamo in pieno inverno ed il freddo si fa sentire, nel secondo caso siamo nel pieno dell'estate e del caldo. In entrambi i casi, gli estremi picchi di temperatura durano poco (o così si spera!)

64) il 29 settembre si festeggia San Michele ed inizia il periodo delle piogge autunnali, o detto in genovese:
i ciuvazzi de San Micchê se no vêgnan avanti vêgnan inderrê
(i piovaschi di San Michele se non vengono prima vengono dopo)

65) San Martino donò il suo mantello, in un freddo giorno, ad un povero e proprio allora uscì il sole e la giornata si fece calda. Nei giorni in cui si festeggia la ricorrenza del santo (11 novembre) il clima è generalmente meno freddo rispetto al periodo. Tradizionalmente questi giorni sono detti "estate di San Martino". A Genova si dice:
a stae de San Martin a due trei giorni
(l'estate di San Martino dura tre giorni)


La cassa processionale di San Martino conservata nell'omonimo Oratorio a Pegli
(foto di Antonio Figari)


66) a proposito di San Martino: 
ai Santi se veste i fanti. A San Martin grandi e piccin
(ai Santi si vestono i bambini; a San Martino i grandi e piccini)

67) a proposito di San Martino e vino, se Carducci nella sua "San Martino" ci racconta che "dal ribollir de' tini / va l'aspro odor de i vini / l'anime a rallegrar", a Genova diciamo:
San Martin tuttu u mustu u diventa vin 
(A San Martino tutto il mosto diventa vino)

68) o in alternativa:
San Martin se insa o caratelin
(a San Martino si inizia ad usare il caratello ossia una piccola botte per il vino)

69) rimanendo in periodo Santi / San Martino:
a stae di Santi, se a no ven doppo a ven avanti
(l'estate dei Santi, se non viene dopo viene prima)
l'estate dei Santi (o estate di San Martino) quel periodo mite dell'autunno di inizio novembre, può anticipare o tardare ma prima o poi arriva

70) Sant'Andrea si festeggia il 30 novembre, giornata generalmente molto fredda, così tanto da spaccare le pietre:
A Sant’Andria, o freido sciappa a pria 
(a Sant’Andrea il freddo spacca la pietra)

71) sempre in tema metereologico:
se cioeuve de Marzo, no che ne fen e ne atro
(se piove a marzo, non c'è né fieno né altro)
Le piogge di marzo, ci insegna il mondo contadino, posso essere dannose e pregiudicare i raccolti.

72) se le piogge di marzo fanno male ai raccolti, diversamente ad aprile meglio che piova in abbondanza:
arvi o l'ha trenta, se ciuvesse trentun, no ghe saieva ma niscun
(aprile ha trenta giorni, se piovesse per trentuno non ci sarebbe male alcuno)

73) se giugno è poco ventoso, è salvo il raccolto:
se l'e Zugno senza vento, l'annâ va a sarvamento
(se giugno è senza vento, l'annata è salva)

74) se in Italia si dice "rosso di sera bel tempo si spera, rosso di mattina, la pioggia si avvicina", a Genova diciamo:
tempo rosso, o che cioeuve o che buffa
(cielo rosso, o che piove o che tira vento)

75) cielo a pecorelle, acqua a catinelle, oppure in genovese:
ce faeto a pagnotte, se non cieuve o dì, cerve a-a neutte
(cielo con nuvole a pagnotte, se non piove di giorno, piove di notte)

76) i Santi compaiono anche in un proverbio legato al cibo:
chi fa i santi senza becco o fa Natale secco secco 
(in alternativa a "secco secco" si dice anche "poveretto")
(chi festeggia i Santi senza mangiare pollo o altri animali con il becco farà un Natale povero. Una volta, soprattutto le classi meno agiate, consumavano molto poco la carne rispetto a quanto siamo abituati a fare oggi. Si conservavano le carni bovine, ovine e suine per il Natale (anche se era usanza anche consumare il tacchino come vedrete nel prossimo proverbio), mentre alla festa dei Santi era usanza consumare carni bianche come galline, faraone o fagiani, considerate meno pregiate. Non mancava poi la verdura di stagione come condimento).

77) a proposito di Natale e cibo:
a Natale, grosso o piccin, tutti portan in toa o so bibbin
(a Natale, grosso o piccin, tutti portano in tavola il tacchino)

78) e a Pasqua?
van tanti agnelli a Pasqua quanti beu a Dena
(vanno (vengono consumati) tanti agnelli a Pasqua quanti buoi a Natale

79) se mancano i soldi, le festività si vivono male:
chi non n'ha e no ne raspa, fa cattivo Natale e pezo Pasqua
(chi non ne ha e non ne raspa (il verbo "raspare" si riferisce ai polli che grattano il terreno in cerca di cibo), fa cattivo Natale e peggiore Pasqua)

80) Natale al caldo:
Natale a-o barcon e Pasqua a-o tisson
(Natale al balcone e Pasqua a-o tisson)
Se a Natale fa caldo, verrà freddo a Pasqua e il tizzone, ossia il pezzo di legno o di carbone, brucerà nel caminetto di casa.

81) Natale al freddo con un pizzico di sano pessimismo e fastidio:
freido avanti Denâ no ch'è dinae da poelio pagâ
(il freddo prima di Natale non lo paga alcun quattrino)

82) il Natale è poi utilizzato per la variante genovese de "le bugie hanno le gambe corte":
no pâ cosa vêa, ma e boxiê duan da Dênâ a San Steva 
(non pare cosa vera, ma le bugie durano da Natale a Santo Stefano)

83) detto in altri termini:
"a veitae e l'êuio vegnan sempre a galla
(la verità e l'olio vengono sempre a galla)

84) il Natale è protagonista anche di un detto sul saper cogliere le opportunità al volo:
Natale o ven unn-a votta all'anno, chi no ne approfitta, tutto a so danno
(Natale viene una volta l'anno, chi non ne approfitta, è tutto a suo danno)

85) la favola della formichina che accumula e si prepara all'inverno in genovese viene così spiegata:
d'estae chi alleuga 'na biscia, d'inverno à 'na sasìssa
(chi d'estate mette da parte una biscia, d'inverno ha una salsiccia)

86) non possono mancare i proverbi a tema marinaro. Iniziamo con le grandi cose che portano grandi preoccupazioni, o detto con una nave:
gran nave, gran pensiero
(grande nave, grande preoccupazione)

87) la rovina spesso viene dall'interno:
chi rovinn-a o porto o l'é o maina
(chi rovina il porto è il marinaio)

88) troppe teste pensanti che vogliono comandare e succede il peggio:
dui capitànii, barco in ti scheuggi
(due capitani, nave sugli scogli)

89) quando la situazione si fa dura, meglio cogliere l'opportunità che ci si presenta davanti anche se non ottimale:
in ta tempesta ogni scheuggio o l'é un porto
(nella tempesta ogni scoglio è un porto) 

90) se vogliamo qualcosa, dobbiamo cercare di attirarla:
no core o pescio se o n'ha d'esca a-o lammo
(non accorre il pesce se l'amo è senza esca)

91) il meteo ci parla, basta saperlo ascoltare:
carma ciatta d'inverno, stanni a l'euggio maina che o tempo o veu cangia
(calma piatta d'inverno, stai attento marinaio, che il tempo vuol cambiare)

92) chi è rimasto scottato una volta, avrà paura la successiva volta anche se il pericolo non ci sarà:
chi l'é staeto bruxou da-a menestra cada o sciuscia in ta freida
(chi si è bruciato con la minestra calda, soffia sulla fredda)
o detto con un altro proverbio
chi l'é staeto bruxòu da l'aegua cada, à puia da freida ascì
(chi è stato bruciato dall'acqua calda, ha paura anche della fredda)

93) certe constatazioni si possono fare solo a tempo debito: 
se n'accorziemo a-o frizze, se saiàn pèsci o anghille
(ce ne accorgeremo nel friggere, se saranno pesci o anguille)


(continua...)


© RIPRODUZIONE RISERVATA




10 commenti:

  1. Esilaranti e ruvidi al punto giusto come solo il genovese sa essere!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh sì, questi proverbi riflettono appieno lo spirito di noi genovesi nel bene e nel male!

      Elimina
  2. Oltre ai proverbi veri e propri esistevano espressioni imprecative fisse...te ne suggerisco una, estremamente ruvida e popolare, che scappava di bocca ai padri nei momenti di massima incazzatura verso i figli.."..cumme t'ho faetu.. te disfu..", ed una ,imprecativa e di maledizione: "che te vegnisse a rogna e che te cassessan e ungie e nu te pouessi grattaa..".. ma poi ne esistevano tante altre,spesso sconcie e non riportabili in questo sito ( per es.."in b.. che te anneghe" ecc)..

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "cumme t'ho fætu te disfu" è una delle espressioni genovesi che preferisco!
      Belle anche le altre due... anche se forse l'ultima che mi hai scritto, come dici te, è meglio non inserirla tra i proverbi in questa pagina!

      Elimina
  3. Buona sera..scusate se disturbo..purtroppo sono una mezzosangue italiana e non una pura Genovese...ma ho a che fare con un genovese e vorrei sapere come di dice volgarmente guarda che bel figo inteso come bellissimo ragazzo...il mio amico mi dice che esiste solo la versione al femminile..ma è possibile? Grazie Alex

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Buonasera Alex, ho ricevuto la Sua mail riguardante la domanda posta nel Suo commento qui sopra e ho risposto al Suo interrogativo. Spero che la mia risposta sia stata esauriente. Se invece non lo è stata non esiti a scrivermi.
      Antonio

      Elimina
    2. Sei una mezzosangue u non una italiana pura, OK, non capisco il "purtroppo"...
      Perchè purtorppo?

      Elimina
  4. Esistono proverbi o frasi in genovese collegate al Genoa? grazie

    RispondiElimina
  5. Si....belin,te ô zeu,te ô zeu....in sciu u Zena...

    RispondiElimina
  6. Ma cime belin parlai a Zena, nui de Ventemija nun capi u in belu beli!! 😁

    RispondiElimina